La strategia del “dopo Riina”, che è anche del “dopo Provenzano” (la cosiddetta “strategia della sommersione”), in realtà è un ritorno ad antiche pratiche: la rinuncia a delitti eclatanti, anzi il ricorso alla violenza come extrema ratio; la trattativa preferita allo scontro aperto con lo Stato; la ricerca di un “consenso coatto”, nella società, anziché la brutale imposizione di pizzo e tangenti (riduzione dell’ ammontare delle somme richieste ed ampliamento del numero di “contribuenti”, in base al principio del “pagare meno, pagare tutti”); il ridimensionamento di scala nei disegni politici, che guardano più alle relazioni con la politica locale, anziché a disegni strategici a più ampio respiro a livello nazionale. Tutto ciò è l’ evidente ripercussione sulle strategie della mafia dell’ efficace repressione della fase post-stragista, ma anche il risultato di una lucida – seppur necessitata – scelta strategica di ripiegamento entro ambiti più consoni all’essenza del potere mafioso. Insomma, il delirio di onnipotenza dei corleonesi sembra definitivamente abbandonato perché sconfitto e con esso sembra definitivamente chiusa la parentesi corleonese nella storia della mafia. Ma le strategie di potere della mafia tuttavia continuano, non meno criminali di prima, non meno pericolose di prima: anzi, per certi versi, più insidiose di prima perché anche la mafia è più invisibile, più inafferrabile, più smaterializzata. Perché la mafia, nel frattempo, per reagire alla stretta repressiva degli anni del post-stragismo ha adattato anche la propria struttura organizzativa, divenuta più fluida, meno “ingessata” nelle forme: niente più commissioni o “cupole”, ma soltanto un direttorio di autorevoli consiglieri, così assicurandosi un più alto livello di segretezza interna.
La mafia di oggi è soprattutto la mafia degli affari, una mafia finanziaria entrata nei circuiti del grande riciclaggio transnazionale e che perciò più facilmente reinveste le enormi ricchezze acquisite negli anni dell’ accumulazione e dei traffici internazionali illeciti. La mafia, perciò, oggi ha ancor più capacità di ieri di inquinare e condizionare i più disparati settori dell’ economia legale, e ha più bisogno di ieri di un esercito di consulenti, finanziari e politici, per gestire nel migliore dei modi questa enorme mole di risorse, indirizzate non più verso il mercato immobiliare, i “beni al sole” più facilmente individuabili e confiscabili dallo Stato, bensì verso il grande mercato finanziario che offre mille possibilità di mimetizzare tali ricchezze e di utilizzarle nel modo più proficuo. La tradizionale linea della mediazione e del controllo della violenza sembra dare buoni frutti, ma ogni medaglia ha il suo rovescio . Oggi la mafia è meno autonoma, il suo presente, ma soprattutto il suo futuro dipendono sempre di più da quel ceto costituito da professionisti, consulenti, uomini politici, imprenditori, che costituiscono l’ èlite della “borghesia mafiosa”.
Tratto dal libro
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