“Ancora senza esito le indagini del Nucleo Investigativo di Cosa Nostra per dare un volto al misterioso Imprenditore Onesto, l’unico in tutta Catania che non è mafioso, non è amico di mafiosi e con la mafia non ha mai avuto a che fare nemmeno di striscio. L’esistenza dell’uomo è stata rivelata da un politico pentito, ma nessuno fino a oggi è riuscito a identificarlo. Alcuni degli investigatori sospettano che si tratti di una leggenda metropolitana”.
Confesso che quando ho letto queste righe sul “Corriere del mafioso” (l’unico giornale mafioso che ha il coraggio di ostentare la propria fede fin dalla testata) mi sono sentito umiliato proprio come giornalista. Possibile che fra tanti colleghi non ce ne sia uno capace di scoprire questo nome?
“Adesso ti scoopo io”, ho detto fra me e me. Avevo un vecchio contatto con un boss mafioso, di cui non dico il nome ma tanto mi crederete lo stesso: ben vestito, occhiali da brillante penalista, capzioso conoscitore del codice, uno sguardo aspro, o dolce o doloroso, un parlare a mitraglia. L’incontro a un tavolo dei mille pub “alternativi” che negli ultimi sono esplosi nel centro storico di Catania, tra il tempio delle musiche belliniane e il pantheon della intellighenzia indigena.
Attingo a tutte le mie risorse spitzeriane, freudiane, morelliane, ginzburghiane o abywarburghiane e gli propongo di raccontarmi la mafia dall’interno. È una sfida che non può non accettare. Con qualche impaccio, diradando il sospetto che possa il suo racconto configurarsi – sia pure minimamente – come delazione, a patto di distruggere i nastri di registrazione e di non chiedere o fare nomi se non per cose note. Lo chiameremo don Fofò, ma non è il suo nome.
Mi presento con un borsalino nero, un paio d’occhiali scuri, un completo nero, una copia del (benemerito) giornale locale e un certificato di mafiosità rilasciatomi dall’ufficio del sindaco: “Il signor Orioles Riccardo, nato a…, residente a…, ecc. ecc., organizza per conto di Cosa Nostra cortei contro i sindaci onesti, fra cui quello di Catania. Si garantisce pertanto la sua mafiosità a tutti gli amici”. E via con l’intervista.
– Allora, cos’è questa storia dell’imprenditore onesto? Proprio a Catania?
“Mah, sicunnu mia uno onesto c’avi a essiri, sennò comu fanno tutti l’autri a esseri disonesti? Virlinzi, Costanzo…”.
– Sì, ma anche…
“Fermo! Il nome di quello là – si fa il segno della croce – n’u’ pozzu fari. Nuddu ‘u po’fari. Nenti dissi. Nenti ascoltai”.
– Va bene, lasciamo perdere quello. Ma gli altri?
“Che c’haiu a ‘ddiri. Tradizzione civica è. Comu i candelore. Nuddu merita e nuddu ha colpa. Eppoi, che c’avemu scritto in faccia giocondo? I giornali ti liccano i… scarpi – veramente ha usato un’altra parola – ‘u statu ti regala i soldi, i tassi nun te le cercanu, i sindaci ti inaugurano i locali… E onestamente, lei se fusse ‘mprinnituri non lo facisse u’ mafiosu?”.
– Eh… Dice che è meglio di cercare il pizzo?
“Ma certo! U’ pizzu tu l’ha a cercari, t’ha moviri, furriari, parrari… ‘Mprinnituri invece ti portano i picciuli fin’a casa, e poi macari ti fannu cavaleri…”
– Sì, ma la giustizia…
“A’ giustizzia, a’ giustizzia… Parramuni chiaru: sbirri sbirruna ce n’è, e macari giudici, che non vardano ‘n faccia a nissuno. N’haiu conosciutu macari iu. A Paliermu, a chisti i me’ colleghi i stutano senza diri ai nè bai. Nuiautri ccà invece semu cchiù… chhiù raffinati”.
– E cioè?
“ Ciavemu i nostri metodi… Scusasse, ma si ce li contu a vossìa… Insomma, secretu prufessionali è”.
– Va bene, va bene… Ma insomma, certe volte anche il giudice più… meno fanatico non può fare a meno di… Dico, se uno magari ne ha fatte venti di fila…
“E che probblema c’è? In questo caso, si scrive pulito pulito “Nun c’è reatu”. Si stira a leggi, si cancedda chiddu ca scrissiru l’autri giudici, chiddi cchiù scrianzati…”.
– Capito.
“Vossia capisci tuttu, e ancora nun capìu ‘sta cosa che mi vinni a spiari? U’ mprinnituri onestu?” (sorride).
– Mi spieghi lei.
“Tuttu makketing è! Ma che ci pari, che ccà semu tutti siracusani? Onestu, onestu… Si dici per non fari cridiri che cca u ‘prinnituri avi a essiri mafiusu per forza. Che poi ci dannu la colpa a noi, s’a pigghianu con nuiautri di Cosa Nostra… Cridissi a mia, la verità è che noi di certi ‘mprinnituri nni scantamu, altro che fari scantari a iddi… Però non si ppo’ diri, sennò che figura ci facemu nuiautri mafiusazzi? Accussì misimo in giro sta chiacchiera dell’imprinnituri onestu, unu su centu macari, per chi ci credi”.
– Secondo me state rischiando però. Un giorno o l’altro il popolo si sveglia, i compagni…
“Sì, chistu è possibili. Ma uora come uora u piriculu non è tantu. Chiddi passano i jorni a studiari con somma attenzione le carti e i ducumenti, e poi a discutiri ancora, macari a sciarriarisi ‘n fra iddi… Raru chi chiamanu ‘a genti in piazza, e quannu macari u fannu sunnu tantu scorati che non ci credunu iddi stissi”.
– Grazie, don Fofò, ha nient’altro da aggiungere?
“Un saluto all’amici… macari all’amici comuni mei e di vussia, i giunnalisti… E grazie per l’attenziuni, ppi nuiautri ‘a pubblicrilescion è ‘nna cosa ‘mportanti…”.
Ecco, questa è l’intervista esclusiva col famoso mafioso, precisa da cima a fondo, parola di professore emerito dell’università di Roccapapera. Dici che me la sono inventata? E io ti querelo!
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