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Caro Felice… questa volta non sei stato felice

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Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo a firma di Felice Cavallaro, partendo con il piede sbagliato sin dal titolo: “Il reportage della CNN incorona Pino Maniaci come eroe antimafia”.

Il tempo degli eroi è finito da un pezzo. Esistono solo uomini con il loro lavoro, le loro idee, la loro vita piena di drammi, di errori, riconoscimenti,  di coraggio quando c’è, di paure che si sentono dentro quando si sa di giocare una partita difficile e soprattutto quando si sa che potrebbero farne le spese anche i propri familiari.

Caro Cavallaro, non so se tu queste cose le vivi e se ci sei pure passato. Probabilmente no, altrimenti non ti sogneresti neppure di scrivere quello che hai scritto, senza neanche preoccuparti di sentire, oltre che il reportage della CNN, anche la voce di colui del quale stai parlando, limitandoti a credere che tutto quello che ti ha passato la magistratura è giusto, indiscutibile e sacrosanto. Di giornalisti portavoce delle istanze delle procure ne abbiamo conosciuto tanti, ma pensavamo che, per la tua serietà nel trattare i temi di mafia e di antimafia, avresti potuto anche guardare se, oltre le registrazioni, le intercettazioni e i video preconfezionati per distruggere l’immagine di un tuo collega, potessero esserci altre voci in difesa di colui nei confronti del quale hai emesso già una sentenza di condanna, senza accertarti di come stanno i fatti e senza aspettare la fine giudiziaria della storia.

Il tuo articolo inizia dicendo che “il primo a sorprendersi per il servizio della Cnn è stato Pino Maniaci”, poiché il servizio è fatto “dando conto dei sospetti solo a margine e ignorando fatti eclatanti”. Ebbene, mi spiace non essere d’accordo: non mi sono per nulla sorpreso poiché i giornalisti della CNN, che sono molto più seri di quelli italiani, per giorni e giorni hanno visitato Telejato, fatto interviste, filmato ogni secondo della vita dell’emittente, e si sono resi conto di persona, diversamente da te, di quello che succede dentro questa piccola televisione, del suo modo di fare antimafia, che non è quello dei professionisti, dei quali mi corre il sospetto che sei tu a farne parte. Quindi nessuna sorpresa. Le domande sono state fatte, e non mi sembra corretto che tu scambi un servizio condotto con professionalità e scrupolo come una “soap opera che ripropone la difficoltà d’interpretazione delle vicende italiane, a volte rilanciate con superficialità e con un approccio elementare destinato a rimbalzare dalle metropoli americane a lontani villaggi del Texas o dell’Arizona secondo il canovaccio di una mafia romanzata stile Padrino, stile Puzo”. Per dirla in siciliano, questa volta “l’hai scafazzata”. Nel servizio dei tuoi colleghi americani non c’è nulla di tutto questo. Se  fossi stato un po’ più attento a quello che abbiamo scritto su questa vicenda, ti saresti certamente accorto che la soap opera l’hanno scritta giudici e carabinieri che, in questa vicenda avevano l’obiettivo di fondo di arrivare a chiudere questa emittente che ha rotto i coglioni a troppa gente intoccabile, anche entrando nella vita privata delle persone e in fatti che non avevano nulla di penalmente perseguibile. Saguto e suoi amici docet. E se conoscessi un po’ meglio la vita di questa televisione, sapresti che ci lavorano ragazzi che credono seriamente nella possibilità di vivere in una società libera dalla mafia, compresa quella che si annida nei tribunali, così come “ci buttano sangue” mature persone con una lunga storia di lotte e di esperienza, nella loro capacità di fare giornalismo libero, riportando testimonianze dirette, accettando i rischi e tenendo sempre presente che l’obiettivo di fondo è la liberazione degli uomini dai pregiudizi e dalle prepotenze.

Sul resto, comprese le mie vicende e le “gravi colpe” di cui sono accusato, potremmo parlarne faccia a faccia se ti prendessi la briga di interpellarmi prima di giudicarmi.  

E comunque, a parte l’articolo di oggi, che considero una caduta di stile, ti riservo sempre la mia stima per quello che hai scritto sul tuo giornale e ti rimando ai commenti che, sul sito del Corriere hanno scritto coloro che hanno letto l’articolo, e al comunicato di un ex P.M. mio avvocato che scrive: “Ci voleva l’azione di una grande emittente fuori dall’Italia che denunciasse la difficile situazione in cui si trova la stampa italiana quando si distacca dall’obbedienza ai padroni, dall’obbligo di rispettare le regole del gioco e dal modo spesso perverso di far passare le notizie, certe notizie, impostate in un certo modo già orientato dall’alto. Pino Maniaci era già stato condannato all’apparire di quanto la Procura di Palermo ha dato in pasto ai suoi colleghi giornalisti, i quali non si sono nemmeno sognati di ipotizzare che sotto poteva esserci qualcosa di diverso da quanto appariva”.

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Pino Maniaci

Volto e voce di Telejato, dal 1999 è impegnato quotidianamente nella lotta alla mafia e contro ogni forma di illegalità.

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