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Beni sequestrati e confiscati: si chiude

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Beni sequestrati: sembrava finita e invece continua: chiesta la confisca dell’Abbazia Sant’Anastasia. Confisca per Lena e Di Giovanni, crisi e cassa integrazione per gli operai delle cave Meditur, Belice, Virga

Dopo il danno la beffa. Qualche giorno fa avevamo ricevuto a Telejato l’ing. Lena e i suoi figli, certi che, nell’ultima imminente udienza sarebbe stato restituito tutto, viste le assoluzioni ricevute nei tre gradi di giudizio, dai quali si evinceva, senza ombra di dubbio che il creatore e costruttore dell’Abbazia Sant’Anastasia di Castelbuono era estraneo alle accuse fatte nei suoi riguardi dalla Procura, nonostante i ripetuti ricorsi, compreso anche uno del giudice Di Matteo, nei confronti delle sentenze di assoluzione. Ma tutto ciò non basta e non è bastato alla Procura di Palermo, diretta dal dott. Lo Voi, e al suo pm Geri Ferrara, che ha chiesto addirittura la confisca del bene e due anni di sorveglianza speciale per il proprietario Francesco Lena. Il tutto dopo che è stato sostituito l’amministratore giudiziario Alessandro Scimeca, quello che andava a pagare, egli afferma “di tasca sua”, i debiti contratti dalla Saguto al supermercato sotto casa di lei, con un nuovo amministratore che, questa volta è il prof. Torcivia, docente di scienze economiche all’università di Palermo ed esperto commercialista, oltre che autore di numerose pubblicazioni, qualcuna riguardante anche i vini siciliani, come quelli prodotti dai vigneti dell’Abbazia.

È di oggi la notizia di una sentenza che definisce “ingiusta detenzione” quella dei sette mesi di carcere che ha dovuto subire l’ing. Lena. E siamo sempre là, ovvero nell’esistenza di due giustizie, quella penale, che assolve, e quella delle misure di prevenzione, alle quali non basta l’assoluzione. Una vicenda simile sta subendo l’imprenditore Calcedonio Di Giovanni, il costruttore del villaggio Kartibubbo di Campobello di Mazara, al quale, assieme alla confisca in primo grado di tutti i beni è stato dato l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, cioè a Monreale, per tre anni, anche qua dopo alcune intervenute assoluzioni penali. La confisca è stata fatta anche per i beni dei Cavallotti, nei confronti dei quali sono stati chiesti recentemente dalla procura di Termini Imerese due anni di arresto per avere “indotto” i propri figli a continuare a “delinquere” nel momento in cui costoro hanno cercato di crearsi un nuovo lavoro.

Che qualcosa non funzioni lo abbiamo detto e scritto da anni, ma sembra di capire che la nuova linea dell’ufficio misure di prevenzione diretto dal giudice Montalbano, non si discosti molto dalla linea Saguto, nel senso che, essendo tanti e tali i danni procurati dalle cattive amministrazioni, lo stato non può permettersi di dire a se stesso che ha sbagliato e che, quindi, come dovrebbe esser fatto dai tribunali di un qualsiasi paese fondato sullo stato di diritto, alle vittime di tali “errori” dovrebbe essere restituito quanto “sequestrato” e quindi quanto posseduto al momento del sequestro. Valutando quanto è stato “dilapidato” dalla cattiva amministrazione e quanto finito nelle tasche degli amministratori giudiziari e dei loro collaboratori, lo stato dovrebbe procedere a risarcimenti  difficilmente calcolabili, per cui, l’atto finale della confisca si presenta come la soluzione che mette fine a qualsiasi controversia, con la conclusione che la vittima, diventato imputato sulla base di indizi e sospetti da cui è stato assolto, è quello che la prende in quel posto, con tanti saluti alla sua richiesta di giustizia.

Ma sul settore di sequestri e confische oggi abbiamo altre tristi notizie legate alla sorte dei lavoratori che speravano di conservare il posto di lavoro e che invece si trovano in mezzo alla strada, costretti a ricorrere alla cassa integrazione. È il caso dei 14 dipendenti della Meditur, cioè della cava Impastato, 11 operari e tre impiegati, ai quali è stato annunziato, dall’amministratore giudiziario Salvatore Benanti il licenziamento, con la chiusura dell’attività della cava. La motivazione ufficiale è quella della sospensione della principale commessa, ovvero quella della fornitura di materiale alla Sis, che sta costruendo il passaggio ferroviario palermitano. La cava avrebbe esaurito i volumi di estrazione concessi ed è in attesa, dal 2012. Cioè da cinque anni, di una risposta a un’istanza di richiesta di ulteriori attività estrattive, che non arriva, per i soliti iter burocratici e le solite mancanze di autorizzazioni. Dopo la cava Pellegrino e la cava Belice questa è la terza cava che chiude dall’inizio del nuovo anno.

Non meno preoccupanti le notizie che arrivano dalle cave dei Virga di Marineo. Dopo l’amministrazione di Giuseppe Rizzo, che, per esserci permessi di definirla “disastrosa” ha deferito Pino Maniaci all’ordine dei giornalisti per mancanza di deontologia professionale, il nuovo amministratore giudiziario Giuseppe Privitera e il suo stretto collaboratore ing. Marco Greco non sanno che pesci prendere, nel senso che, in un incontro con i sindacati è stato rilevato che operai e impiegati non ricevono le dovute spettanze, dal mese di giugno, tredicesime comprese. L’amministratore prevede di incassare, entro il mese di febbraio alcuni crediti, per la verità spettanti ai titolari della cava, che avevano avviato una serie di procedimenti giudiziari, e di provvedere, con questi ipotetici soldi che difficilmente arriveranno, al pagamento di anticipi e acconti. Naturalmente parliamo dei 25 operai oggi in cassa integrazione, ma non dei sei o sette collaboratori dell’amministratore giudiziario, che incassano regolarmente il loro “stipendio” mensile, anche se, a dire di qualche lavoratore, del loro superficiale e spesso inutile lavoro, non ci sarebbe alcun bisogno.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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