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Napolitano, è la classe dirigente istituzionale e politica che (spesso) non fa il suo dovere!

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Nel suo ultimo discorso di fine anno Napolitano torna a lanciare appelli ai cittadini, chiedendo impegno civile e anche di contribuire a “bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società”. Parole simili le aveva pronunciate già nel 2006. Ma oggi come ieri la risposta può essere sempre la stessa: i cittadini vanno anche oltre il loro dovere, altri no.

Il discorso di fine anno di Napolitano sta monopolizzando (insieme alla Norman Atlantic e poco altro) le cronache di queste ore. E, tranne rare eccezioni (e non tutte, sempre autorevoli e condivisibili tra l’altro) è un diluvio di applausi, condivisioni, commozioni, sbatter di mani. Come ampiamente previsto, la maggior parte di queste attenzioni si stanno concentrando sulle imminenti dimissioni. Ma non solo. Alcune attenzioni son state catturate dal suo appello ai cittadini, alla nazione, alla (sempre immancabile) società civile. Parole che sembrano risuonare un analogo discorso pronunciato dall’ormai quasi ex Presidente della Repubblica nel 2006. In tale occasione scrissi un articolo su PeaceLink dal titolo “Sveglia Napolitano, è la politica che non fa il suo dovere!”. Sono passati 8 anni ma possono essere ancora sottoscritte. In quelle settimane l’Associazione Antimafie Rita Atria scrisse una lettera aperta proprio a Napolitano e all’allora Ministro di Grazia e Giustizia Mastella. Per “negligenza di stato” era stato appena scarcerato colui che era stato condannato in primo grado per l’assassinio di Graziella Campagna. La storia di Graziella è una delle tante vicende che dimostrano che spesso non sono i cittadini a non fare il loro dovere civile. Graziella Campagna era una ragazza di 17 anni, lavorava come aiutante in una lavanderia di Villafranca Tirrena. Casualmente scoprì che un cliente della lavanderia era un boss mafioso. Quest’informazione le costerà la vita. Nei giorni della sua scomparsa, prima che venisse ritrovata assassinata, nelle istituzioni ci fu chi si convinse (nonostante le evidenze contrarie) che la sua fosse una “fuitina” e, addirittura, si prese un giorno di vacanza (così riporta Wikipedia). Scrisse nella sua lettera aperta l’Associazione Antimafie Rita Atria “quante volte abbiamo sentito esponenti della politica dire che noi della società civile dobbiamo ribellarci alle mafie. Noi siamo d’accordo ma per ribellarci alle mafie abbiamo bisogno di affidarci a uomini di stato in cui crediamo e soprattutto abbiamo bisogno di sentirli dalla parte giusta”.

Non si può non partire da Telejato, un vero e proprio miracolo vivente intorno a quello straordinario vulcano che è Pino Maniaci. Inchieste, denunce, sberleffi ad ogni mafia. Un’esperienza di resistenza civile odiata e contrastata dai mafiosi…ma non solo. Perché questa televisione ha rischiato anche di chiudere per legge con il passaggio al digitale terrestre. Solo all’ultimo si riuscì ad andare avanti ma per mesi nessuno risposte ai numerosi appelli alle istituzioni.

Sto scrivendo, in quest’assolata mattina di inizio gennaio ormai senza più neve, da un paese della Provincia d’Abruzzo. Qui, nella terra di Silone, le ultime settimane dell’anno alle spalle sono state a dir poco imprevedibili e turbolente. In pochissime settimane sono stati assolti prima i componenti della Commissione “Grandi Rischi”, accusati per quanto avvenuto (e non) prima del terremoto del 6 Aprile 2009, poi i 19 imputati nel processo per la mega discarica di Bussi sul Tirino, discarica che secondo l’Istituto Superiore della Sanità ha contaminato anche l’acqua bevuta da almeno 700.000 persone in tutta la Val Pescara (compresi i capoluoghi Chieti e, appunto, Pescara). Due vicende esemplari (senza dimenticare le sentenze Eternit e Marlane) di chi ha compiuto il proprio dovere, andando anche oltre, e chi ha suscitato rabbia e amarezza. La mega discarica di Bussi è stata scoperta solo grazie a cittadini, associazioni, movimenti che dal 2007 hanno denunciato, indagato, scovato documenti, resa pubblica la vicenda. E, nel suo svelarsi, si son scoperti anche clamorosi e inquietanti silenzi istituzionali. Bussi è uno dei luoghi più inquinati d’Italia, ha resistito anche al decreto (poi bocciato dal TAR del Lazio) che ha eliminato dall’apposito elenco ministeriale dei SIN (Siti d’Interesse Nazionale, così considerati appunto per il loro elevatissimo inquinamento) molti luoghi, che attende una bonifica. In questi anni si sono succeduti progetti di impianti rifiuti (più o meno pericolosi, più o meno speciali), cementifici, cave, “solettoni” di cemento, ma la bonifica integrale e totale sembra ancora lontana. E le bonifiche sono un tema caldissimo degli ultimi governi, che vi hanno dedicato vari decreti tra cui quello ribattezzato ironicamente dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua Pubblica “Inquinatore Protetto” e lo “Sblocca Italia” (su cui tantissimo ci sarebbe da scrivere e indignarsi). Decreti accusati di voler favorire gli inquinatori facendo pagare alla collettività le bonifiche (dove avverranno, visto che tra i vari provvedimenti sono state alzate soglie di contaminazione e addirittura è stata introdotta l’autocertificazione quindi chi ha inquinato – o dovrebbe bonificare a spese sue – dovrà individuare e accertare le contaminazioni). E, quando si fa riferimento a inquinamenti e bonifiche, non si può non citare la “Terra dei Fuochi”. Una strage silenziosa e quotidiana di morti per tumore mentre camorra e parti delle istituzioni sversavano rifiuti provenienti da varie parti d’Italia. Comitati e cittadini da anni denunciano quel che accade. Nei mesi scorsi, hanno dovuto subire un vero e proprio “negazionismo di Stato”, la Terra dei fuochi era improvvisamente scomparsa…così come per tantissimi anni non sono state rese note le dichiarazioni di Schiavone, il pentito che già nel 1998 aveva svelato cosa accadeva. Sulle sue dichiarazioni fu apposto il “segreto di Stato”. Erano gli anni in cui Presidente del Consiglio era Romano Prodi e Ministro dell’Interno Giorgio Napolitano.

Fino a non molti anni fa la situazione di Taranto era totalmente sconosciuta all’opinione pubblica nazionale e le foto, ormai (anche grazie ai social network) diffusissime, della città inquinata erano inimmaginabili. C’è voluto l’impegno di ambientalisti e cittadini perché si svelasse la drammatica situazione di avvelenamento e morte. Mentre il presidente di PeaceLink Alessandro Marescotti (professore di lettere in un Istituto Tecnico Industriale) faceva analizzare del formaggio, che le analisi hanno poi rivelato essere contaminato da diossina, dalle istituzioni si levavano voci che minimizzavano e negavano la situazione della città. In questi anni sono emerse vicinanze e appoggi all’ILVA di tanti a livello politico e istituzionali, mentre le voci di denuncia e d’inchiesta (spesso isolate, contestate, che si son tentate di far tacere) son sempre rimaste pochissime.

Nei giorni successivi alle assoluzioni nel processo per la mega discarica il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica e Zona Ventidue hanno realizzato lo “sciopero della denuncia” chiedendo “i cittadini cosa devono fare per difendere la loro salute?”, “Se in una situazione del genere lo Stato non riesce a dare giustizia ai cittadini, cosa potrà accadere per le migliaia di siti interessati da inquinamento industriale? Che senso ha per il cittadino denunciare alle cosiddette “autorità”?” e “a chi denunciare la situazione (NB: lo sciopero della denuncia è avvenuto con un horror tour in un altro posto inquinatissimo “privo di visibili sistemi di messa in sicurezza” e “addirittura, accessibile a tutti, quindi anche a bambini”) , vista l’ormai conclamata impunità sui reati ambientali?”. La storia di Zona Ventidue, a sua volta, è un’altra dimostrazione di come son solo cittadini volontari, associazioni, movimenti, spesso a “fare il proprio dovere civico”. Zona22 è sorta in una ex stazione ferroviaria a San Vito Marina che le attiviste e gli attivisti lavorando duramente hanno fatto rifiorire. Attualmente è l’unico luogo rinato di tutto l’ex tracciato che, in altri tratti (anche non molto distanti dalla stessa Zona22), è ormai solo terra di conquista del dissesto idrogeologico, nonostante i progetti proposti da anni. Siamo sulla costa teatina, l’unico luogo al mondo dove da ormai 13 anni la classe dirigente istituzionale e politica non riesce a concludere l’iter istitutivo di un Parco Nazionale e, anzi, spesso ha dato sfoggio del peggio possibile. Il Parco Nazionale della Costa Teatina sarà il primo al mondo che nascerà grazie ad un commissario. Cittadini, ambientalisti, associazioni, operatori turistici, donne e uomini di scienza da anni hanno ben presente il futuro di questo territorio, ne conoscono le ricchezze e le valorizzano mentre “lassù in alto” avveniva tutto questo.

L’Aquila, son passati ormai quasi 6 anni ma è una città che attende ancora un “soffio di liberazione”. In questi anni comitati, associazioni, cittadini non si sono mai fermati nel chiedere giustizia e ricostruzione. Sono arrivati addirittura ad essere brutalmente manganellati (con il free press diretto da un noto esponente politico e istituzionale abruzzese che attaccò e insultò i manifestanti) a Roma nel luglio 2010 mentre, per settimane, L’Aquila fu letteralmente militarizzata e agli abitanti fu impedita ogni socialità . Mentre da anni assistiamo ad un vero e proprio buskashì tra esponenti istituzionali di opposto “colore”. In questi anni abbiamo assistitito a lauree ad honorem, cerimonie, commozioni di Stato e tanto altro sfoggio retorico. Ma, in quei drammatici giorni, “dopo il terremoto ci siamo ritrovati a L’Aquila, uniti nel dolore e nel cercare di capire. E anche su questo abbiamo visto l’inadeguatezza dello Stato e delle sue strutture di cui parlavo all’inizio. Ci siam chiesti varie volte in quelle settimane “dov’è lo Stato?”. Siamo stati completamente abbandonati per 72 ore dall’incapacità ad ogni cosa. Solo dopo le nostre vibranti proteste ci hanno portato del cibo. In sacchi della spazzatura…” ha raccontato Lilli Centofanti, la sorella di Davide (uno dei ragazzi a cui il crollo della Casa dello Studente strappò la vita), al mensile Casablanca. E, ora, quest’assoluzione che ha indignato e scosso le coscienze. “Il Potere ordina, la scienza obbedisce, la giustizia assolve” l’accusa del comitato 3e32 “lo Stato si autoassolve e se la ride. Da anni. La sentenza rappresenta l’ennesimo schiaffo dello Stato alla popolazione aquilana. Una commissione di esperti che non avrebbe, naturalmente, dovuto prevedere il terremoto – come è stato strumentalmente scritto dai media – ma che ha avuto la colpa di aver rassicurato i cittadini. Una commissione che, come è stato evidenziato anche dalle intercettazioni telefoniche, era stata inviata all’Aquila solo per compiere un’operazione mediatica, trasformando inoltre le legittime preoccupazioni della popolazione in un problema di ordine pubblico da reprimere”.

Napolitano ha invitato ad impegnarsi per “bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società”. Ma quel sottosuolo c’è chi lo combatte e chi lo alimenta, c’è chi lo denuncia e chi tace (o cerca di far tacere chi alza la voce). Quanto oggi sta diventando di dominio pubblico con l’inchiesta sulla “Terra di Mezzo” di “Mafia Capitale” ci sono persone che lo denunciano da moltissimo tempo. Arrivando a rischiare la vita. Le inchieste di Lirio Abbate hanno analizzato, descritto, con dovizia di particolari, nomi, dinamiche, la fascio mafia e il dominio dei “quattro Re di Roma”. Varie volte è stato minacciato di morte, nei mesi scorsi la sua auto fu speronata sul lungotevere. Sono settimane che leggiamo, invece, di connivenze e intrecci istituzionali e politiche. Eversione nera, Banda della Magliana, mafie, c’è chi è accusato di essersi accordato e seduto con loro. Sono passati quasi 23 anni da una delle estati più drammatiche della Repubblica Italiana. C’è chi dice che la cosiddetta “Seconda Repubblica” è nata su e in quei drammatici momenti, quando furono assassinati Falcone e Borsellino, un’epoca politica stava crollando (anche sotto il peso della corruzione) e un’altra già stava nascendo. Erano i giorni in cui partì Presidente della Repubblica Andreotti e vi arrivò Scalfaro, erano i mesi in cui Cossiga (coluì che nel 2008 consigliò Maroni di fare come fece lui e di infiltrare con provocatori violenti i cortei di protesta e così poi essere forte del consenso popolare quando “il suono delle sirene e delle ambulanze dovra’ sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri” senza “avere pietà” “picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Non dico i docenti anziani, ma le maestre ragazzine si”) realizzò il discorso di fine anno più breve della Repubblica Italiana affermando “il dovere sommo, e direi quasi disperato, della prudenza sembra consigliare di non dire, in questa solenne e serena circostanza, tutto quello che in spirito e dovere di sincerità si dovrebbe dire; tuttavia, parlare non dicendo, tacendo anzi quello che tacere non si dovrebbe”. Agnese Borsellino disse in un’intervista che un mese prima di morire Cossiga le disse “la storia di via D’Amelio è da colpo di Stato”. 23 anni dopo non si svelano ancora dalle nebbie di depistaggi, intrecci, servizi segreti, ostacoli vari, le “menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi” com’ebbe a dire Giovanni Falcone dopo il fallito attentato dell’Addaura. C’è chi vive nel timore quotidiano di attentati, chi con vere e proprie “scorte civiche” sta sopperendo alle mancate scelte di Stato, c’è chi quotidianamente denuncia, s’indigna, alza la voce. E c’è chi dovrebbe dar risposte e non le dà. Perché la storia di questi 23 anni è principalmente quella di cittadini che aprono gli occhi e di uno Stato spesso assente, se non connivente, che non dà la risposte che dovrebbe. Una vicenda che, ma potremmo raccontarne altre, ci porta per esempio a Ilaria Alpi. Ad una commissione d’inchiesta parlamentare che giunse solo a parlare di rapina finita male e poco più mentre era in vacanza, e di denunce di traffici di rifiuti internazionali, servizi segreti e tanto altro. Ilaria Alpi fu assassinata quasi 21 anni fa e giustizia “di Stato” non l’ha mai avuta.

L’elenco potrebbe proseguire ancora (basti pensare ad Expo o Mose) ma questo testo diverrebbe veramente troppo sterminato. Ma in chiusura, un’ultima annotazione non può non essere riportata: continuamente (anche, se non soprattutto, facendo riferimento alle “giovani generazioni”) si levano appelli alla solidarietà, alla giustizia, agli ideali più alti e nobili, all’impegno per costruire un avvenire migliore et similia. Un’intera generazione si è impegnata per questo, scendendo nelle piazze e denunciando ingiustizie, oppressioni, un sistema economico malato, per “un altro mondo possibile” perché questo, francamente, è impossibile. E’ stata criminalizzata, manganellata, brutalmente repressa, ha subito le violenze più incredibili. E ne ha pagato le conseguenze vedendo, al contrario, chi di quella repressione violenta è stato individuato (anche in aule di tribunale) come responsabile fare carriera e premiato. L’abbiamo visto anche dopo “Mafia Capitale” … Una precisazione, in conclusione, è doverosa: non si è voluta riportare l’artefatta contrapposizione tra “buona società civile” e “cattiva politica”, la cosiddetta “società civile” non è un corpo estraneo dalle istituzioni, dalla politica e da tutto quanto sopra scritto (e tanto altro). Le cooperative sono state importante ingranaggio di Mafia Capitale secondo la procura romana così come son lobby, gruppi di interessi e di affari ad essere conniventi, complici, a lucrare con e su mafie, pezzi delle istituzioni e così via. Son membri della società civile coloro che alimentano i traffici di droga o la tratta dello sfruttamento della prostituzione, sono imprenditori, eminenti professionisti, società civile d’altissimo lignaggio coloro che impongono a “politici” di realizzare “Piani Regolatori”, leggi, provvedimenti vari ad uso e consumo della speculazione (edilizia e non solo). E la divisione è così labile da essere, in realtà, inesistente. L’unica divisione possibile può essere solo tra chi è silente, connivente e complice, e chi non si arrende. Mai. Denunciando, indignandosi, svelando le trame delle cricche d’ogni risma e dei Poteri Forti.

 

Alessio Di Florio

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Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, collaboratore di Wordnews.it e referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora con Pressenza, Giustizia.info, QcodeMagazine, Comune-Info e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e "rotta adriatica" del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di "marcare" la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.

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