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L’AST è all’abbandono in attesa di un compratore. Due furti in un mese, ma nessuno ne parla

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L’AST spa, una volta  dichiarata azienda regionale di rilevanza strategica è diventata una palla al piede del Governo Regionale, che non sa come disfarsene.

Il 29 ottobre 2015 il Presidente dell’AST SpA il Prof. Dario Lo Bosco è stato arrestato, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emesso dal Gip Dott. Petralia, per presunte tangenti che lo stesso Lo Bosco avrebbe intascato, secondo l’accusa, dall’imprenditore Campione. Il suo primo gesto è stato quello di dimettersi non dalle cariche rivestite nelle aziende dove era inquisito, ma dall’AST. Il governatore Crocetta aveva annunciato immediati interventi, ma sinora tutto sembra essere stato “appositamente” congelato. Da allora l’Azienda Siciliana Trasporti versa in una situazione di totale abbandono. La carica è ancora vacante mentre gli organi sociali il Consiglio di Gestione ed il Consiglio di Sorveglianza sono anch’essi decaduti. Il fatto che la Giunta Regionale di governo non abbia ad oggi nominato un successore alla carica di Presidente lascia spazio alla formulazione di parecchi interrogativi. Ed infatti la prolungata vacatio potrebbe essere sintomo di due diverse cose, da un lato di quanto poco alla Regione Sicilia abbiano le idee chiare su cosa fare dell’Azienda del trasporto pubblico regionale, dall’altro del fatto che il posto potrebbe essere ambito da più di un pretendente e che quindi la nomina del successore si stia combattendo una battaglia all’interno dei palazzi del potere siciliano.

Nell’uno e nell’altro caso i circa 900 dipendenti dell’Azienda Siciliana Trasporti non potranno dormire sonni tranquilli visto che il ritardo nella nomina sta causando all’azienda un grave danno economico. Ed infatti l’attuale Direttore Generale, unica carica rimasta, a seguito della decadenza delle altre,  rimane depotenziato e potrà gestire solo l’ordinaria amministrazione, mentre all’Azienda servirebbe, per la propria sopravvivenza, l’adozione di un nuovo  piano industriale nel quale siano ricompresi importanti  investimenti che possano rinnovare  l’obsoleto parco macchine ed i locali aziendali, e consentire alla società di sopravvivere nel mercato del trasporto pubblico accanto alle ditte private. Ma in Sicilia soprattutto quando i governi sono deboli, ed è proprio il caso dell’attuale governo Crocetta giunto al terzo o quarto rimpasto, i poteri forti possono determinare le sorti della politica in cambio di favori, e sembra che  proprio questo destino sia riservato all’Azienda Siciliana Trasporti. Infatti, in vista della liberalizzazione del mercato del trasporto pubblico che dopo rinvii dovrebbe vedere la luce, salvo ulteriori problemi nel 2017, un’Azienda Siciliana Trasporti che si presentasse all’appuntamento con un rinnovato e potenziato parco automezzi e con un personale motivato, potrebbe suscitare i timori degli altri operatori del settore che si ritroverebbero in sede di gara per l’aggiudicazione delle concessioni di linea con un concorrente abbastanza competitivo. Per contro continuando così la situazione sino al 2017, difficilmente l’AST potrà ancora sopravvivere e costituire un problema per gli altri operatori del settore. Infatti, i problemi insorti nell’attuale bilancio potrebbero costituire il pretesto per la liquidazione dell’Azienda secondo quanto prevedono le recenti normative. Nel frattempo sembra che questi poteri che lavorano allo smantellamento dell’Azienda abbiano infilato, all’interno delle mura dell’AST il loro cavallo di troia, nella cui pancia c’è una razza  di individui ben peggiore di quella degli achei di omerica memoria. Recentemente si sono verificati, all’interno dell’azienda, strani furti di cui nulla è stato comunicato o reso noto: si tratta dei proventi delle vendite delle autolinee di Palermo e Catania.

Nei mesi di settembre e ottobre sono state forzate le casseforti di Palermo e Catania e addirittura quest’ultima è stata forzata per ben due volte e pare che il contante prelevato ammontasse a ben duecentomila euro. Ciò dimostra almeno due cose, e cioè che, l’Azienda, seppure in questo stato di abbandono, garantisce ancora notevoli entrate, e che i ladri avranno avuto all’interno le loro talpe come da sempre avviene nel caso di furti che hanno ad oggetto casseforti. Infatti, chi poteva essere a conoscenza della presenza di tali somme di denaro nella cassaforte se non qualcuno all’interno della stessa Azienda? Di tutto ciò non si è saputo niente, pur trattandosi di denaro di un’azienda regionale, e quindi pubblico. Il silenzio che alberga attorno all’AST, per usare un appropriato ossimoro è assordante, ed il fatto che a seguito di questi gravissimi episodi non siano state adottate appropriate misure dimostra che il piano di affossare l’Azienda Siciliana Trasporti non è più solo una congettura, ma un progetto ben definito con i suoi abili registi. Infatti accanto alle responsabilità politiche, per non avere in questi anni mai disposto i dovuti controlli, occorre citarne altre ugualmente gravi, e ci si riferisce alle responsabilità di coloro che, dovendosene curare per mandato conferito dai lavoratori, continuano invece ad infischiarsene per proprio tornaconto personale. E difatti, dall’arresto del prof. Lo Bosco agli episodi delittuosi sopra citati, i sindacati hanno smesso di occuparsi dell’AST e della salvaguardia del lavoro dei dipendenti dell’Azienda.

I dirigenti sindacali, dunque, ormai latitanti all’interno dell’Azienda, hanno acquisito maggiore confidenza con le stanze del potere della Regione Siciliana consapevoli che in quei luoghi verrà deciso il futuro dell’AST e che la partita potrà più fruttuosamente essere giocata a porte chiuse senza gli sguardi degli stessi dipendenti dell’Azienda e dalla società civile Siciliana. Sembra che il fine ultimo sia lo smantellamento dell’Azienda Siciliana Trasporti e la cessione delle spoglie a qualche avventuriero dell’imprenditoria siciliana amico della politica.

A questo proposito sarebbe necessario, per impedire una simile conclusione della vicenda, che il successore alla carica di Presidente fosse designato nel minore tempo possibile e non sulla base delle solite logiche di potere, per le capacità e la competenza professionale richiesta per lo svolgimento di una simile carica.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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