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I falsi democratici e i trucchi della falsa democrazia

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Quello che succede in questi giorni in Parlamento, per l’approvazione del decreto sulle unioni civili è la conferma di quanto la deriva autoritaria che si sta vivendo sia diventata una caratteristica, quasi logica e giudicata inevitabile.

Intanto il problema, che riguarda una maggioranza di gente di sesso diverso, che ha scelto di vivere senza benedizioni religiose e cerimonie civili, è stato focalizzato  sulle  coppie omosessuali che, rispetto alle prime, sono una minoranza, così come una ancor minore minoranza è quella delle coppie gay con un figlio che dovrebbe essere adottato dal partner. Proprio sulla tutela di questi “figli” è nata la spaccatura con buona parte del mondo cattolico. L’indicazione di Grillo della “libertà di  coscienza”, che, in una legge di questo tipo, dovrebbe essere l’indicazione data da ogni partito ad ogni gruppo parlamentare, è diventata un attentato alla legge, uno sgambetto, così come un tradimento è stata giudicata la scelta di non votare per il canguro, cioè per un maxiemendamento che, forzatamente toglie la possibilità di lasciare una libera discussione ai parlamentari, se introdurre nella legge norme condivise dalla maggioranza reale, ma non da quella politica. Per non parlare del voto segreto, che dovrebbe essere quello della libera scelta del legislatore, che invece viene ritenuto uno strumento con cui si può deviare dall’ordine di votare in un certo modo e si impone  di farlo apertamente per controllare l’eventuale dissenso…

Il termine “democrazia” è stato usato e abusato. Quello che avrebbe dovuto essere “governo del popolo”, per garantire a tutti le stesse condizioni di libertà, di giustizia e di azione, è rimasto, come sempre un vantaggio di pochi, cioè dei più ricchi o di coloro che occupano i gradini più alti della  scala sociale. Nelle democrazie borghesi sono state spacciate per governo di tutti le oligarchie che hanno mantenuto saldamente in mano il potere: sono loro a decidere chi deve essere candidato, chi deve essere eletto, quali sono i limiti entro i quali si può spostare un’apertura o una chiusura delle regole democratiche. Sono loro che decidono come orientare il voto, attraverso un sapiente controllo di tutto ciò che produce consenso elettorale, dai mezzi d’informazione, all’economia, all’assistenza pubblica, al clientelismo. Una delle più elementari regole della democrazia è, o dovrebbe essere, il sistema proporzionale: ogni forza politica e ogni gruppo di cittadini dovrebbe avere il diritto ad essere rappresentato: in tal senso dovrebbero essere studiate tutte le garanzie possibili per dare rappresentanza e voce alle minoranze. E invece si è creato il sistema maggioritario, che consente la rappresentanza solo a chi vince ed esclude i perdenti, anche per un solo voto di differenza.

Il 61 a zero in Sicilia è stata la conferma più abnorme di questa assurdità, sostenuta anche dalle forze di sinistra, che hanno dovuto ricorrere al “mattarellum”, cioè alla quota proporzionale di un quarto degli eletti, per essere ancora presenti. Invece si è pensato allo sbarramento del 3, del 5 per cento, adesso si dice, addirittura del 7%. onde consentire l’ingresso in parlamento solo alla Lega ed escludere Vendola, i Verdi, e altre formazioni minori L’’abolizione della preferenza, e soprattutto il premio di maggioranza alla lista o alla coalizione che riceve più voti, sono tutti trucchi meschini per falsare le regole della democrazia e consentire la cosiddetta “governabilità” anche con un 30% di voti, riducendo le minoranze a semplice rappresentanza, tuttavia ben foraggiata da stipendi, prebende, gettoni di presenza, sconti, scorte, esenzioni e privilegi vari. È chiaro che, in questi termini, parlare di democrazia diventa uno specchietto per le allodole. Secondo un trucco ormai collaudato, ci si preoccupa dei limiti delle democrazie in altri paesi e si tende ad offuscare i propri limiti. Cinquanta che protestano a Cuba o in Cina fanno più notizia di cinquecentomila che scioperano a Roma. Gli attuali partiti politici presenti in parlamento sono perfettamente d’accordo sullo studio di norme che consentano loro di sopravvivere e sbarrare l’accesso alle nuove forze, soprattutto dopo l’inaspettata valanga dei Cinque Stelle. L’abolizione delle preferenze, voluta dal “Porcellum” sta bene a tutti, anche nell’Italicum, così nessuno si preoccuperà se il tale amico o il tale notabile di partito non possa essere rieletto: sarà eletto d’ufficio, alla faccia della volontà popolare.

La mistificazione arriva al punto di dire che i tipi come Fiorito o Cuffaro, o Dell’Utri sono possibili perché ci sono le preferenze, che quindi diverrebbero sinonimo di clientelismo. E perché? Forse che tutto il popolo sceglie solo coloro che lo corrompono o lo allettano con false promesse? Sono tutti imbecilli gli elettori, mentre intelligenti sarebbero solo i segretari di partito? Queste strategie da furbetti, degni di essere processati per truffa alle norme della democrazia, sono sostenute all’unisono sia dal PD che dal PdL. Non si sono ancora resi conto che si scavano la fossa con le proprie mani e che le fresche e inesperte energie pentastellate continuano a macinare consensi e a mettere in crisi la sopravvivenza   della partitocrazia e la sua fame di denaro pubblico. Fra l’altro, all’origine della crisi che stiamo vivendo c’è un meccanismo che ormai sta caratterizzando il nostro nuovo secolo, ovvero un ritorno al medioevo e alla scala gerarchizzata degli uomini in vassalli, valvassori, valvassini, militi. I ricchi hanno allargato, e continuano a farlo, i loro margini di profitto, e possono consentirsi di guazzare nel loro mondo dorato fatto di alberghi a 5 stelle, crociere, vacanze mitiche, negozi specializzati, griffe, gioielli ecc. I lavoratori, che hanno sempre meno soldi da spendere, non potendo comprare, bloccano il piccolo profitto, l’unico loro accessibile, e sono risucchiati da un cerchio di miseria e disoccupazione. Metti poi che non esiste più un partito cui fare riferimento per organizzare le lotte sociali e progettare una società nuova, basata su parametri ben diversi dagli attuali, ed hai un’idea di quanto ben poco sia cambiato da quel dieci per cento di “cittadini” che,ai tempi di Pericle, rappresentava e gestiva il governo della polis.

Viene il sospetto che anche la generalizzazione, sono tutti ladri, sia a destra che a sinistra, sono tutti uguali, ecc. sia alimentata ad arte per favorire il distacco dalla politica di masse di elettori e indurli alla mancata partecipazione elettorale o all’astensione: tutto alimenta il dominio dei pochi. Quindi, niente democrazia, e neanche “aristocrazia”, perché “aristoi”, in greco significa “i migliori”:  figurarsi se i migliori erano i passati “berluscones” o “i tecnici” e i “professori”, o il renziano”partito della nazione”, interamente al servizio dei “poteri forti”. Non c’è un governo dei migliori, ma di pochi, “oligoi”, e cioè un’oligarchia”, una “timocrazia”: se  vogliamo addirittura usare un termine caro al fascismo,  una “plutocrazia”, il governo dei più ricchi, in cui “plutos” è il dio denaro.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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