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E le stelle stanno a guardare. L’Istituto Sperimentale Zootecnico per la Sicilia

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L’Istituto Sperimentale Zootecnico per la Sicilia: una struttura che muore. Muore anche il polo pediatrico.

È uno dei più antichi Istituti di ricerca d’Italia. Venne fondato nel 1884, con il compito di curare progresso delle attività agricole e zootecniche del territorio siciliano. Ha sede in via Roccazzo n°85 e dipende dall’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari. È dotato di 65 ettari di terreno, il cosiddetto “Fondo Luparello”, con stalle e altri locali una volta adibiti alla sperimentazione e attualmente abbandonate e in decomposizione. Nei tempi in cui ha funzionato, la struttura si occupava, com’è previsto dalle sue finalità, della conservazione e il miglioramento genetico delle razze autoctone siciliane di interesse zootecnico, della tutela del patrimonio faunistico selvatico, del miglioramento delle tecniche di coltivazione di foraggi idonei o tipici dell’ambiente siciliano, della conservazione delle tecniche di lavorazione di latticini e formaggi siciliani, di ricerca scientifica e la sperimentazione nel settore della zootecnia, di formazione professionale nel settore agro-zootecnico e di assistenza tecnica alle aziende zootecniche.

Attualmente vi sono presenti 54 dipendenti, ai quali sono stati aggiunti una quarantina di PIP, ora ridotti a venti. Dire che ci lavorano forse è troppo azzardato, dal momento che dentro l’istituto sono ormai presenti una quarantina di asini siciliani, ciò che resta di un progetto iniziato nel 2001, sporchi, mal ridotti, in gran parte con la rogna, ma vivacchiano anche galline, ogni tanto ne scompare qualcuna, ci sono pecore e persino alcuni cavalli. Le erbacce arrivano sulla strada e, in qualche parte si notano ancora i postumi di un misterioso incendio scoppiato nel giugno 2014, giorni dopo che qualcuno aveva segnalato al presidente della Regione lo stato di abbandono. Peraltro, allo scarso impegno dei dipendenti corrisponde lo scarso impegno della Regione nel pagamento degli stipendi. L’ultimo assessore arrivato, Cracolici, ha fatto in modo che venissero liquidate le mensilità arretrate, ma tutti hanno pensato che stesse preparando il terreno per le prossime elezioni regionali, dal momento che si fa il suo nome come candidato alla Presidenza.

Il mantenimento della struttura richiede 2,4 milioni l’anno, ma i fondi sono costantemente tagliati, vista la sua sostanziale improduttività. Direttore dell’Istituto è ormai da più di venti anni il partinicese Antonio Console, il  quale ha altri interessi, dal momento che è titolare, anzi, non lui, ma sua moglie, del Centro Ippico Chirone, in contrada Cardillo, dotato di una cinquantina di cavalli di razza, piscina semi-olimpionica, solarium, ristorante e location per eventi, con corsi di nuoto, pilates, potenziamento muscolare e stretching, corsi di equitazione su cavalli e su pony, possibilità di ospitare aperitivi, grigliate, feste, oltre che laboratori di cucina, riciclo, costruzioni e giochi. In un certo momento, intorno al marzo 2013 la Regione, visto l’andazzo, decide, non di licenziare Console, ma di affiancargli un commissario straordinario: in prima battuta è nominato uno agronomo siracusano, Giuseppe Russo, amico di Crocetta, che dura in carica sei mesi. Con lui l’assessore regionale Caltabellotta che, dopo la sua poco felice partecipazione all’EXPO Milano 2015 scompare, mentre è nominato commissario Pippo Cipriani, l’ex sindaco di Corleone, che mostra la sua attenzione a un progetto di onoterapia, già presentato da un giovane, che si ripropone di creare laboratori, effettuare corsi e potenziare l’allevamento di asini. Cipriani suggerisce di creare una cooperativa e di appoggiarsi alla LegaCoop. Del progetto si fa carico la onlus Alba, che si occupa anche di formazione. Dopo alcuni mesi torna Russo, per due mesi diventa assessore Reale, poi Caleca, poi Barresi e adesso Cracolici e il progetto del giovane sparisce sul fondo di qualche cassetto, mentre arrivano circa dieci milioni di fondi europei del PON Ricerca e Programmazione destinati alla creazione di un impianto di stabulazione per l’effettuazione di ricerche nel campo dela medicina veterinaria.

I fondi sono divisi dal MIUR alle, tre strutture che hanno insieme partecipato al bando per la realizzazione di un progetto di ricerca denominato ISPEMI, l’Istituto Zootecnico, al quale toccano 4,45 milioni, il centro di ricerca RIMED (collegato con l’ISMETT), con tre milioni e l’Istituto Zooprofilattico, con due milioni. I tre enti dovrebbero occuparsi di rimettere in funzione una vecchia porcilaia, per l’allevamento di maiali sui quali fare sperimentazione, ma sono capaci di spendere l’80% del finanziamento senza far niente: si affidano consulenze, incarichi legali senza che nella delibera ci sia il nome dell’incaricato, incarico per la progettazione della realizzazione dell’impianto, ben oltre la soglia prevista di 70 mila euro, per non parlare di un pignoramento dei fondi a seguito di un decreto ingiuntivo presentato dai dipendenti senza stipendio. Pesa anche il costo di attrezzature per la ricerca molecolare: una sola macchina per la risonanza magnetica costa un milione di euro. Gli ispettori inviati dal MIUR sono rimasti spiazzati e stancati dalla capacità tutta siciliana di bruciare i finanziamenti senza realizzare niente. Con il nuovo assessore Cracolici sembra che si intraveda qualche spiraglio, ma permane una situazione di crisi totale dell’agricoltura e della zootecnia, aggravata dalla siccità di quest’anno e dalla concorrenza dei prodotti stranieri: aumentano le campagne abbandonate, aumentano le richieste inevase di fondi di chi vorrebbe dedicarsi all’agricoltura, aumentano i carichi fiscali da pagare per i dipendenti di un’azienda, aumenta il costo del carburante, quello delle macchine agricole, delle riparazioni, delle sementi, dei concimi, degli anticrittogamici, aumentano le carni di provenienza ignota, aumentano i lavoratori che perdono il lavoro e quelli che non lavorando sono pagati lo stesso.

Ultima decisione, ratificata dalla maggioranza governativa presso la Comunità Europea è stata l’introduzione, sul mercato europeo, senza il pagamento di particolari dogane e oneri di altro tipo, dell’olio tunisino, che finirà col fare concorrenza all’olio siciliano e a renderne svantaggiosa la coltivazione, oltre che la vendita. Ma via Roccazzo e, in generale tutta la zona di Baida, non versa in buone condizioni, malgrado il fiume di denaro investito da quelle parti. È stata chiusa la “Casa del sole”, un’ottima struttura, specie per l’assistenza pediatrica, con la prospettiva della costruzione, nel vicino fondo Malatacca, di un centro di eccellenza materno-infantile che avrebbe dovuto centralizzare tutte le strutture cittadine dello stesso tipo. Perché in Sicilia si usa così: per risparmiare, in attesa del nuovo ospedale chiudiamo il vecchio, anziché chiudere il vecchio quando si apre il nuovo.

La gara venne bandita nel 2007, se l’aggiudicò la Cir Costruzioni per 25 milioni e mezzo, con un ribasso d’asta del 37,50% cui si aggiunsero altri 10 milioni per le nuove norme antisismiche: i lavori iniziarono finalmente nel maggio 2010, con tanto di strombazzamento mediatico, ma, come ormai sanno fare benissimo alcuni imprenditori, dopo quattro mesi la Cir dichiara bancarotta, affida, non si sa per quale scelta, l’appalto alla ditta Lugarini di Fano, che comincia ad aspettare i fondi della Regione, la quale ha versato solo sette milioni e aspetta a sua volta i fondi dalla Comunità Europea che non li concede se non vede risultati: lavori fermi per un anno e mezzo, tribunali, commissari  e nuove richieste di modifica del progetto, con la costruzione di una piattaforma per elicotteri sul tetto e l’installazione di finiture e infissi che, chissà per quale dimenticanza, non erano stati previsti nel primo progetto. La Lugarini, stando a quanto dichiarato da qualche sindacalista, si stufa, abbandona i lavori, licenzia i consulenti, comunica alle aziende fornitrici la rescissione degli accordi e sparisce abbandonando il cantiere, privo anche di vigilanza notturna. Insomma 37 milioni di euro gettati al vento.

Non può continuare, così come non ci si può prendersela sempre e solo con Crocetta o con Orlando. E non è che non ci siano soluzioni: basterebbe far pagare i responsabili che invece, in Italia spesso sono premiati e fanno carriera.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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