14 gennaio 2015, ore 10,38. Tenete bene a mente questa data, è storica. Giorgio Napolitano non è più presidente della Repubblica. Le dimissioni, per altro preventivate, sono ufficiali. Le lettere vergate a mano, controfirmate, sono già stata consegnate alle altre cariche dello stato. Il Presidente del Senato Grasso, diventa il Supplente in attesa della nuova elezione, e presidente del Consiglio e della Camera prendono atto delle dimissioni, predisponendo gli atti che, molto probabilmente, tra una quindicina di giorni, porteranno alla seduta comune in cui si eleggerà il successore di Giorgio Napolitano, alla massima Carica dello Stato. Napolitano dunque non è più il Presidente.
Al di la delle notizie, delle smentite, e di tutte le voci di corridoio, la tabella di marcia è stata rispettata. Lo stesso Napolitano aveva lasciato intendere che per non cedere alla politica più bieca la carica di Presidente della Repubblica, avrebbe mantenuto tale impegno per l’intero semestre di presidenza Europea, finito ieri, carica solo ufficialmente ricoperta da Matteo Renzi. Ora si aprirà il balletto dei nomi, della alleanze, dei franchi tiratori, dei giochetti politici insomma. Napolitano chiude un Novennato particolare, originale, i cui punti saranno oggetto di analisi approfondita, considerando la mole di eventi successi dalla sua prima elezione, quel 10 maggio 2006. Napolitano è e resterà il primo presidente rieletto della storia Repubblicana italiana. Una rottura con la prassi costituzionale, che seppure non sancita letteralmente, era stata rispettata praticamente dal 1948. Napolitano quindi presidente innovativo, che oltre ad essere stato il primo eletto due volte, ha anche dimissionato un presidente del Consiglio non sfiduciato, Berlusconi, usando poteri persuasori e non ufficiali, di cui in queste circostanze non è fornito; ha usato la Corte Costituzionale contro i giudici di Palermo, affinché distruggessero le intercettazioni che lo riguardavano nel Processo Trattativa Stato-Mafia, istruito a Palermo; ha firmato leggi marce come il lodo Alfano, poi dichiarato incostituzionale dalla Corte; ha avallato il pareggio di Bilancio in Costituzione, elemento distruttivo dello Stato Sociale; ha nominato presidenti del consiglio di sua fiducia; ha deciso che alcune minoranze non dovessero avere cittadinanza al Quirinale; è stato l’unico vessillo esportabile durante gli scandali Berlusconiani; l’unico riferimento durante gli attacchi della finanza speculativa del 2011; l’unico elemento istituzionale riconosciuto al momento delle risatine del Mondo sull’operato dell’allora presidente del Consiglio, sempre Berlusconi. Bene o Male, Giorgio Napolitano ha interpretato e modificato la politica italiana, talmente profondamente da prendersi i voti per la propria rielezione anche di quel Silvio Berlusconi apparentemente osteggiato.
Rieletto sulla farsa delle troppe votazioni già risultate inevase (nonostante in passato ci siano stati Presidenti eletti alla 23esima votazione, quindi poteva tranquillamente procedersi con il voto senza rompere la prassi costituzionale), e del nome condiviso (in realtà condiviso solo dalla maggioranza da lui stesso creata, quella che sorreggeva Monti, il primo presidente del Consiglio da lui nominato “motu proprio”, Letta e Renzi, tutti con eguale sorte), con le opposizioni a fare confusione anziché coalizzarsi. Parlarne solo negativamente sarebbe ingiusto.
Napolitano ha saputo alzare il telefono per non far fallire le banche italiane, e quindi l’intero Paese, attraverso l’intercessione della Banca Centrale Europea; Napolitano ha stabilizzato un mondo che non si vergognava più di avere vallette ed indagati come ministro; Napolitano ha alzato la bandiera della politica reale, si è sporcato le mani, e non ha fatto crollare le colonne del nostro paese, anche se per fare ciò ne ha cambiato colore e materiale. Ora parte la corsa al suo successore, da cui egli stesso non starà lontano, non fosse altro che quanto meno è Senatore a Vita, e quindi elettore. Alcuni, per non fare torto al Patto del Nazareno punterebbero su Casini o Veltroni, altri per disturbare Renzi propongono Prodi, altri ancora nomi di minore capacità mediatica come Sergio Mattarella, Castagnetti, ed altri di alto profilo istituzionale, ma di bassissimo impatto pubblico. C’è da scommettere che il prossimo Presidente della Repubblica sarà espressione di un potere già instaurato oggi a Palazzo Chigi, un nome che assicuri la legislatura fino almeno al 2016, anno in cui i più vorrebbero andare al voto. Di questo torneremo a parlare. Oggi è il giorno in cui Re Giorgio lascia lo scettro ed abbandona il trono.
Alla luce della storia le opinioni sono elementi spesso inutili. Giulio Cesare fu un grande carnefice peraltro liberticida, ma di lui si ricordano gesta, conquiste, riforme. Trarre delle opinioni sull’opera di Giorgio Napolitano potrebbe, in questa fase, produrre lo stesso risultato. Napolitano è stato un Presidente della Repubblica grande, imprescindibile, incisivo, come fu un comunista atipico, il “preferito di Kissinger”, per ammissione dello stesso politico americano. La storia potrebbe dirci se il suo mettere le mani nel torbido è stato necessario per non fare decadere l’intero paese, oppure esercizio del potere suo, e del suo entourage, che lo stesso Napolitano non ha mai nascosto di esercitare. Qualunque sia la vostra opinione su Napolitano, la vostra analisi, le sue ambiguità ne saranno sempre un tratto distintivo per i contemporanei, e un passaggio superfluo per le prossime generazioni, che agiranno così in virtù di un’informazione cantilenante che assevera il potente di turno. Napolitano lascia un paese diverso da quello che ha trovato, un po anche per la sua opera, essendo egli stesso creatore di nuove categorie politiche, o comunque fautore principale, come quello di “tecnico”, quello di “ragion di Stato applicata alla Mafia”, “Presidente che dimissiona i governi senza che questi abbiano la sfiducia parlamentare”.
Il 14 gennaio, in un modo o nell’altro passa alla storia, ed in quanto storia le nostre opinioni sono spesso elementi inutili.
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