Catania è nostra. È ora di svegliarsi!

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L’assemblea dei Siciliani giovani del 5 gennaio 2015
LA VERITÀ, SOLO LA VERITÀ

Molti dicono che le sentenze dei giudici non si discutono ma si accettano. Noi, vogliamo disubbidire a questo concetto per rispetto alla verità. Vogliamo criticare la sentenza che ha visto il non luogo a procedere dell’editore-direttore del quotidiano catanese, accusato, fino a ieri, di concorso esterno in associazione mafiosa. Infatti, vogliamo sapere la verità sulle intercettazioni tra il sindaco Enzo Bianco e l’editore Mario Ciancio, che al telefono discutono sugli appalti del mega progetto PUA. Intercettazioni che risalgono a qualche mese prima dell’elezione del sindaco Bianco e che hanno il sapore del “voto di scambio”. Vogliamo sapere la verità su gli oltre cinquanta milioni di euro trasferiti in Svizzera, in modo illegale, dallo stesso Mario Ciancio.

Con questa introduzione abbiamo aperto l’assemblea annuale de I SICILIANI giovani per ricordare Giuseppe Fava lavorando. Il lavoro di questo 5 gennaio è stato quello di cercare di riunire i movimenti sociali che lavorano nel territorio della nostra città. Lo scopo? Cercare di capire se gli uomini e le donne di questi movimenti sono capaci di fare fronte comune, di mettersi insieme e dal basso formare “un governo ombra” che, in modo critico e propositivo, ridiscuta le decisioni di chi, dall’alto e senza nessuna partecipazione democratica, impone progetti fatti per promuovere i “comitati d’affari”, gli “amici degli amici” e tanto altro, che serve solo per favorire la loro mala politica.
Magari non siamo ancora pronti, forse non siamo ancora maturi per capire che la diversità è una ricchezza e che insieme si vince, se si fa un percorso comune e continuato nel tempo. Tutto questo sarà pure utopico, ma senza utopia l’aria è irrespirabile.

Non vogliamo desistere da questo obiettivo, crediamo nei movimenti sociali che si riuniscono rispettandosi per un nuovo CLN, per battere questa politica che non vuole interrompere una “continuità” lunga trentadue anni. Sta a noi spezzare, nel rispetto della nostra Costituzione, tale continuità che produce ingiustizia sociale e favorisce mafie e mafiosità. Ma sono gli uomini e le donne che con la loro volontà concreta cambiano le cose dal male al bene per la collettività.

* * *

A Catania in queste condizioni non si può più stare: gente abbandonata a sé stessa, senza lavoro né speranza. Corruzione. Miseria. Ai giovani viene detto che la scuola è importante per il futuro. Ma perché? Non è ora il futuro?
Catania è nostra. È ora di svegliarsi!

Tutte chiacchiere? È mai nato qualcosa in terra senza che prima fosse nato nella testa di qualche uomo? L’assemblea de I siciliani del 5 gennaio è stata una sfida a immaginare quello che non c’è ma potrebbe esserci.
Dobbiamo ancora cercare il dialogo con i governanti anche quando non ci ascoltano? Anche se sono corrotti? Tanto vale provare noi stessi a governarci! Non basta più farsi il sangue amaro per tutte le cose ingiuste che ci circondano. È il momento di fare qualcosa. E solo insieme possiamo.

“Cosa potrebbe offrire un collettivo di comitati, sindacati, associazioni che attivamente agiscono nel territorio?” – Ci stiamo sempre e ancora confrontando con gente che ha soldi: segreterie politiche che regalano buste della spesa, buoni benzina, posti di lavoro a progetto, accaparrandosi, così, la maggior parte dei consensi cittadini. Un sistema che funziona perché non si è mai pensato di formare una coscienza politica e sociale, e continua a non essercene traccia.

Basta guardarsi intorno e viverla questa città! Degradata nei servizi essenziali ai cittadini, peggiorata nell’illegalità. Nessun controllo, nessun amore. Nessuno sforzo concreto delle istituzioni per facilitare e risolvere la questione dell’integrazione e dell’inserimento legale delle persone che arrivano in Italia alla ricerca di una vita migliore, e che invece rimangono imbrigliati in una burocrazia lenta che gli impedisce di vivere a pieno diritto nel territorio.
È emblematico come la maggior parte di noi li ignori, i propri diritti: alla casa, alla salute, al lavoro. Pensa che si possano ottenere solo grazie all’aiuto giusto. Così facendo, ignora i propri doveri e cede il proprio favore al benefattore di turno – “Perché, per caso è lo Stato che ci protegge e ci aiuta?”.

In pratica, si chiede di fare fronte unito contro un avversario che ha risorse umane ed economiche, che ha un’esperienza quantomeno trentennale, che è molto preparato.

E il fronte unito sarebbe formato da chi, per coscienza, si organizza, dibatte, si sbatte.

Come farlo dunque questo fronte unito? Come tirare su le barriere per parare i colpi dell’avversario? Ci fosse un barlume di coscienza civica il gioco sarebbe facile, ma il problema è proprio quello: non è un’emergenza, quanto il risultato di un lavoro sistemico che, nel tempo, ha portato a questa realtà. Creare una coscienza richiede tempo, per la semina, la crescita, la raccolta. Per questo motivo il primo e principale obiettivo di una buona amministrazione dovrebbe essere quello di promuovere l’educazione civica a tutti i cittadini, cominciando dalle scuole e finendo nelle case di riposo, per tutti i 5 anni del mandato.

Non avendo a disposizione mezzi e tempo, come aiutare la cittadinanza con i problemi pressanti e nel contempo “seminare” coscienza?

Ci sono cose che si possono realizzare. In assenza di altri mezzi economici, è legalmente possibile, se l’amministrazione decide in tal senso, pagare le tasse comunali con del lavoro socialmente utile: ripulire le strade dove si abita, giardinaggio, ecc. Ci sarebbero enormi spazi che potrebbero essere convertiti in orti sociali, ci sono i FabLab, delle officine 2.0 diciamo, dove puoi andare con un progetto e vederlo realizzato da stampanti 3D, o da frese computerizzate. Nel nostro caso un progetto che miri a recuperare le maestranze a rischio estinzione come fabbri e falegnami, trattenere e rivalutare i cervelli nostrani in fuga e offrire uno sbocco professionale con formazione ed inserimento ai ragazzi dei quartieri.

Gli intervenuti all’assemblea de “I Siciliani giovani” 2016

Per sapere cosa serve a Catania basterebbe chiederlo a un bambino: spazi dove poter stare insieme, una casa, qualcosa di buono da mangiare. Questo ci ha raccontato chi si occupa di tematiche infantili. E chi ancor giovane si preoccupa di dar cibo ai bisognosi ha fatto la stessa considerazione: “basterebbe farci avere un furgoncino, non chiediamo altro, una soluzione che verrebbe in mente a un bambino”.

Le associazioni, i comitati e i liberi cittadini intervenuti il 5 gennaio sono stati tutti capaci in questi ultimi anni di trovare soluzioni pratiche ai problemi della nostra città, hanno già perseguito obiettivi comuni.

Per fare fronte comune basterebbe fare come i bambini quando vogliono giocare a palla con chi non conoscono: li salutano e iniziano a correre con loro.

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