Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo intitolato “Kore, Kore, core mio” sull’università privata Kore di Enna, nel quale parlavamo di questa istituzione, della sua storia, del mito di Kore, e di qualche falla che si è aperta allorché si è scoperto che uno dei suoi tanti professori, il chiarissimo Carmelo Provenzano, era strettissimo amico della signora Saguto, organizzava con lei convegni e festicciole e sperava in un forte calcio in culo, raccomandazione, per dirla più pulita, per avere un incarico al Cara di Mineo.

Fin qua tutto all’italiana, che c’è di male? Ma quello che ci sembrava opinabile era la storia che in questo rapporto c’era un allievo dell’università, il sig. Emanuele Caramma, figlio della Saguto, al quale il chiarissimo prof. avrebbe dato tutto il suo appoggio per fargli conseguire la laurea, malgrado, a dire di sua madre, fosse uno che di studiare ne voleva poco. Apriti cielo, lettere, minacce, ingiurie, contro chi aveva osato mettere in dubbio la sacralità di Proserpina-Kore e il suo istituzionale compito di far passare dall’ignoranza alla sapienza. Probabilmente alcuni non avevano fatto questo passaggio e, come succede per gli ignoranti, hanno preso un particolare per farlo diventare un discorso universale. Ovvero se uno dice che c’è qualcosa che non funziona, è come se dicesse che tutto non funziona, se uno dice che la laurea di Caramma Emanuele è farlocca, è come se dicesse che tutte le lauree rilasciate dall’università di Enna sono farlocche, se uno dice che l’università è stata voluta da Mirello Crisafulli, “quello che prendeva i mafiosi a pesci in faccia”, è come se dicesse che l’università di Enna è mafiosa.

Bene, si può discutere con tutti ma non con le persone in malafede o con quelle che hanno, come si dice in siciliano “u cravuni vagnatu”, cioè il carbone bagnato. Il ministro Giannini, al quale sono giunte alcune di queste voci, non ha rinnovato la convenzione all’università. Ma siamo stati accusati anche che non era vero. A conferma di quanto abbiamo scritto e non abbiamo scritto altro che notizie di stampa, oggi arriva la notizia che i membri della commissione di Scienze economiche e giuridiche che alla Kore valutarono Emanuele Caramma sono indagati per abuso d’ufficio. Come scrive “La Repubblica”, un componente della commissione avrebbe ricevuto il giorno dopo la laurea un bonifico di duemila euro da un’amministrazione giudiziaria con cui collaborava, un altro invece qualche tempo dopo avrebbe ricevuto un incarico per la gestione di un bene confiscato. Strane “coincidenze” per due componenti della commissione di laurea che il 22 luglio dell’anno scorso “premiò” con ben otto voti (il massimo) la tesi di Emanuele Caramma, uno dei figli dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo finita sotto inchiesta e sospesa dallo stipendio e dalle funzioni dal Csm.

Leggiamo su La Repubblica:

“Ora, nell’indagine che la Procura di Caltanissetta sta portando avanti in gran segreto, sono finiti anche i membri di quella commissione di laurea della facoltà di Scienze economiche e giuridiche dell’Università Kore di Enna presieduta da Roberto Di Maria. Il reato ipotizzato dai pm coordinati dal procuratore aggiunto Lia Sava è quello di abuso d’ufficio. I pm vogliono verificare se il figlio della Saguto, che discusse con più di una esitazione una tesi che gli era stata scritta dal professore Carmelo Provenzano, esponente di punta del “cerchio magico” del magistrato, si sia laureato con un punteggio sovradimensionato rispetto al previsto proprio grazie a quegli otto punti che gli vennero assegnati dalla commissione di laurea nonostante, in un primo momento, qualcuno dei componenti non avesse mostrato questa intenzione”.

“Beni sottoposti ad amministrazione giudiziaria: bilanciamento tra tutela del mercato e garanzia della legalità”, il titolo della tesi che — come si evince da diverse intercettazioni telefoniche e ambientali — sarebbe stata elaborata di sana pianta dal professore Provenzano, tanto che il giovane Emanuele Caramma avrebbe mostrato difficoltà persino nell’esposizione del titolo del lavoro. E d’altronde la stessa Saguto, intercettata, parlando con il marito della laurea del figlio, diceva: “Emanuele è disperato perché sa che questa laurea è una farsa. Gli altri sgobbano per prenderla e lui invece non ha faticato”. E sono proprio altre conversazioni che lasciano ipotizzare agli inquirenti che in quella laurea del figlio della Saguto, oltre allo zampino del fido Carmelo Provenzano, possa esserci la “collaborazione” di più di un componente della commissione. Dalle intercettazioni effettuate dalla Guardia di finanza, gli inquirenti rilevano un interessamento di Carmelo Provenzano all’immediata liquidazione ad una commissaria di quel compenso di 2000 euro dovuto ma fino a quel momento non pagato da un’amministrazione giudiziaria di cui la docente era coadiutrice. Ed è la stessa prof a rivelare a Provenzano l’atteggiamento di “resistenza” di uno dei prof. Caramma junior al telefono commenta: “Forse a lui non diamo niente”. Un incarico invece poi sarebbe arrivato. Sulla laurea di Emanuele Caramma, anche la Kore di Enna ha avviato un’indagine interna per verificarne la legittimità ma anche la correttezza dell’operato dei suoi docenti.”

Non sappiamo se l’Università Kore abbia querelato, dopo Salvo Vitale e Pino Maniaci anche il giornale “La Repubblica” e il magistrato Lia Sava che ha “osato” tirare fuori una storia che infanga il buon nome dell’Università. Per la verità anche noi abbiamo da tempo tirato fuori una storia, quella della cattiva gestione dell’ufficio misure di Prevenzione, ad opera di un magistrato, ma siamo stati accusati di delegittimare tutta la magistratura: è la vecchia solita strategia di coloro che, nella loro ignoranza o nella loro malignità, scambiano una parte per il tutto o il tutto per una parte, senza riuscire a capire che una parte è una parte. Forse è perché non vogliono che si parli di certe cose. E molti di questi sono laureati, non solo alla Kore di Enna.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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