Sanfilippo: una vicenda surreale

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Dal 1986 Salvatore Sanfilippo è presidente dell’Ufficio misure di prevenzione, dove, dal 1987, come giudice a latere c’è la dott.ssa Saguto.

I suoi guai cominciano quando viene arrestato Antonino Lo Giudice, di Partinico, per sofisticazione vinicola: costui si rivolge ad Antonino Blogna, addetto alla scorta del giudice, e a Francesco Paolo Sammarco, un poliziotto,  per avere un contatto con lui  ed avere segnalato il nome di un avvocato difensore. Il poliziotto chiede un compenso di 40 litri d’olio, che, dalle ricostruzioni giornalistiche  pare abbia chiesto per sé, mentre altri sostengono sia stato ricevuto dal giudice. Il giudice non sa di avere il telefono sotto controllo: scoppia un caso di abuso d’ufficio: Sanfilippo  si difende dicendo che Lo Giudice era già stato da lui condannato a due anni di sorveglianza speciale e cinque milioni di contravvenzione, con revoca della patente, ma il CSM non vuole saperne e dispone prima il trasferimento d’ufficio di Sanfilippo per incompatibilità ambientale  (aprile ’92) ad altra sede con motivazioni del tipo “ha perso di credibilità e prestigio, decoro e fiducia nell’attuale sede”, e poi malgrado la conclusione della vicenda con l’amnistia, si arriva addirittura destituzione  dall’ordine giudiziario. La persecuzione continua pochi anni dopo prima con una condanna  per concorso esterno in associazione mafiosa per fatti avvenuti durante la sua presidenza alle misure di prevenzione ancorchè nella sentenza si legga  che “il contributo realmente dato…dal Sanfilippo sia stato di poco conto” ma l’accusa “è confermata da testi di sicura attendibilità in primo luogo la dott.ssa SAGUTO”, conclusasi con una pena concordata; ancora con una richiesta da parte della procura di Palermo per sottoporre il Sanfilippo a misura di prevenzione patrimoniale ed infine con la richiesta di confisca del patrimonio ritenuta infondata per ben due volte dalla Corte d’Appello di Caltanissetta perché la Procura NON HA FORNITO “la prova della riconducibilità del patrimonio esaminato alle attività illecite dell’imputato” ed infine rigettato anche  dalla Corte di Cassazione (in quest’ultima fase difeso dalla figlia Valeria, avvocato).

Infine l’accusa di riciclaggio, mossa dal pool di Palermo, a firma Dario Scaletta, Calogero Ferrara e Ambrogio Cartosio, nei riguardi della moglie e della figlia che si risolve in un’assoluzione per non aver commesso il fatto nel marzo 2010: accusa sostenuta attraverso una consulenza tecnica a firma del dott. Salvatore Cincimino smentita punto per punto attraverso la consulenza tecnica di parte. La figlia, già titolare di uno studio legale, ha dedicato la sua vita a restituire onorabilità al nome del padre, da poco scomparso, anche se tutte le disavventure giudiziarie, legate a un bidone d’olio mai ricevuto, le hanno causato un danno di oltre 100 mila euro. La vicenda è da leggere nel clima di caccia alle streghe determinatosi nella Procura di Palermo dopo la morte di Falcone e Borsellino e nelle lotte all’interno della Procura, tra i vari magistrati. Particolare non indifferente: la Saguto, dopo il trasferimento di Sanfilippo, rimane nel collegio dell’Ufficio Misure di prevenzione, ma la sua testimonianza è determinante nel processo contro Sanfilippo sostenendo che non si interessava del suo ruolo e che riceveva nel suo ufficio strani individui…

(Il pentito Vincenzo Scarantino, smentito in vari processi per la sua inattendibilità)

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/04/09/le-amicizie-pericolose-mettono-nei-guai.html

http://www.csm.it/documenti%20pdf/incarichi-novembre2010-maggio2011.pdf(pag.274)

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