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Fallimenti? Dio nni scansi e liberi….!

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Vi parleremo oggi di alcuni dei principali scandali italiani legati alla disastrosa gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata o soggetti alla curatela di un amministratore nominato dai tribunali fallimentari.

2004 – viene arrestato il Giudice Pierluigi Baccarini assieme ad altri quattro consulenti del tribunale di Roma. Tutto passa nel dimenticatoio perché, secondo una procedura disciplinare in uso presso i magistrati, quando qualcuno di essi  lascia l’incarico, a seguito di qualche procedimento che lo ha portato sotto inchiesta, è consuetudine che, nei suoi confronti si attivi  la procedura di archiviazione automatica. E nessuno si stupisca. In parole povere significa: cambia posto, vattene in un altro posto o meglio in un altro tribunale e archiviamo tutto. Tranquilli, anche con la Saguto e i suoi giudici che le stavano dietro andrà a finire così.

2009 – L’ex giudice della sezione fallimentare del tribunale di Firenze Sebastiano Puliga ed altre 35 persone vengono inquisiti relativamente a varie ipotesi di corruzione, anche in atti giudiziari, di abusi di ufficio, di falsi, peculati e concussioni. Una bella associazione a delinquere che sapeva come spartirsi i beni messi in vendita causa fallimento.

2013 – Cinque consulenti del Tribunale di Rimini vengono raggiunti da una ordinanza di custodia cautelare. Si conoscono solo le iniziali, D.B. del curatore in procedure fallimentari che, attraverso vari artifici, ha perpetrato diverse condotte di peculato appropriandosi delle risorse finanziarie destinate alle procedure fallimentari per il soddisfacimento dei creditori danneggiandoli, macchiandosi di interesse privato nelle procedure di cui era curatore e del reato di corruzione in atti giudiziari, ricevendo somme di danaro dall’amministratore e legale rappresentante di una società in fallimento.”

2013 – L’ex giudice fallimentare del Tribunale di Roma, Chiara Schettini viene arrestata per corruzione e peculato. Nelle intercettazioni in mano agli inquirenti, di volta in volta, precisa i rapporti di forza e specifica ai suoi interlocutori che il giudice è lei e che nelle sue vene scorre “sangue calabrese” e che addirittura dice: “Io più mafiosa dei mafiosi”

2014 – Antonio Crippa ragioniere commercialista di Monza viene arrestato per peculato. rippa avuto l’incarico di curatore fallimentare, ha illecitamente distratto dai conti correnti intestati alle procedure fallimenti di cinque società denaro per oltre 1.072.317 euro. Il tutto senza autorizzazione dei giudici delegati.

2015 – Il Giudice fallimentare di Latina, Antonio Lollo, viene arrestato insieme ad altri sette (tra cui la moglie,un cancelliere, un sottufficiale della Guardia di Finanza in servizio presso la Polizia giudiziaria della Procura di Latina, due commercialisti e un imprenditore).

I reati contestati vanno dalla corruzione, alla corruzione in atti giudiziari, alla concussione, all’induzione indebita a dare o promettere denaro od altra utilità, alla turbativa d’asta, al falso ed alla rivelazione di segreto nonché all’accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico aggravato dalla circostanza di rivestire la qualità di pubblico ufficiale.In pratica aste truccate e torta da dividere con un bel gruppetto di mascalzoni. Come a Palermo? No, che c’entra!!!

Lollo avrebbe insomma ricevuto illecitamente da alcuni commercialisti, nominati consulenti per gestire fallimenti milionari nella zona di Latina: “Prima mi ero già comprato una casa, due, non lo posso fare, a chi cazzo le intesto … in qualche maniera ‘sti soldi li devo riciclà come cazzo faccio sennò?”, spiegava ad un consulente di sua fiducia. È una notizia letta su ilfattoquotidiano del 20 marzo 2015.

Ma non possiamo fare a meno di citare, almeno per adesso ci fermiamo qui, in questa retrospettiva, due giudici che hanno lavorato presso la fallimentare di Palermo: uno è Edoardo Corsini, che anche lui ha lavorato disinvoltamente con un gruppo di avvocati “del giro”, cioè di quelli che individuavano a tavolino il bene di cui impadronirsi, e che ha finito la sua carriera a Catania, in pensione dal 2010, e il giudice Michele Mezzatesta, che negli anni ’90 è stato presidente della sezione fallimentare di Palermo. Costui apparteneva a quel complesso di logge massoniche palermitane, contro cui invano Falcone si trovò a sbattere la testa. Parliamo della Diaz, della Garibaldi, della Palermo, della Concordia, tutte radunate nel “Centro sociologico Italiano” con sede  in via Roma 391. Nel suo libro F.A.Q. Mafia Attilio Bolzoni scrive che c’erano boss come Salvatore Greco, l’Ingegnere, cugino del Papa, l’esattore mafioso Nino Salvo, e magistrati come il sostituto Procuratore Generale Giovanni Nasca. In quelle logge c’erano anche il commercialista Buttafuoco, l’editore del Giornale di Sicilia Ardizzone e Pino Mandalari, commercialista di Totò Riina. Che fa ci fermiamo qui?

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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