Ai poliziotti un aumento di 10 euro, alla portavoce di Alfano due stipendi
C’è cu mancia e c’è cu talia, av’a finiri sta camurria.
La Polizia è sul piede di guerra, cosi come anche i Carabinieri e le altre forze dell’ordine. Da sei anni con gli stipendi bloccati, alla fine sono riusciti a conquistare un aumento di 10 euro al mese. Si dirà: ma non è stato dato un bonus di 80 euro? Ma non è inserito ai fini pensionistici. Quello che è sicuro e che neanche a chi avanza di grado, al momento è riconosciuto l’aumento salariale. Per il resto mancano auto, mancano i mezzi per indagare, manca la benzina per i mezzi, il rimborso spese arriva dopo qualche anno, insomma, quello che dovrebbe essere lo strumento per il rispetto della legalità, dimostra i segni di una crisi che ha già coinvolto altri settori del paese, ma non certamente i gruppi dirigenti e coloro che rivestono alte cariche nella pubblica amministrazione.
È il caso della signora o signorina Danila Subranni, figlia di Antonio Subranni. Chi è costui? È stato per anni alla guida dei Carabinieri di Palermo, artefice di alcuni delicati passaggi nella lotta contro la mafia e attualmente sotto indagine come uno dei principali responsabili della trattativa stato mafia. Paolo Borsellino ebbe a dire alla moglie che, secondo lui era “punciutu”. Uno dei capolavori dell’operato di Subranni, quando ancora era tenente, è stato il depistaggio delle indagini sulla morte di Peppino Impastato, che si tentò di far passare per terrorista o suicida. Ebbene, Subranni, che è stato anche capo dei ROS, cioè del servizio investigativo italiano, prima di andarsene in pensione ha avuto il tempo di sistemare sia il figlio Ennio, che lavora in un centro di reclutamento investigativo, sia la figlia Danila. Quest’ultima da qualche tempo è diventata la portavoce ufficiale del ministro Angelino Alfano e, come tale, ha un compenso di 120 mila euro, mentre, come segretaria-capo percepisce altri 30 mila euro, per un bel totale di 150 mila euro, cioè tanti quanti ne prendono in un anno 5 poliziotti.
Ecco dove finiscono i soldi che si negano al funzionamento efficiente dell’ordine pubblico: tra le tasche dei parlamentari che non vogliono sentirne di dimezzarsi lo stipendio, tra quelle dei vari funzionari che lavorano nel mondo della politica e della pubblica amministrazione e tra tutti quelli che, dal momento che tutto funziona male, ne approfittano per far ruotare il sistema ungendo le ruote con il vecchio sistema della corruzione, per la quale l’Italia occupa uno dei primi posti al mondo.