Il sequestro delle aziende dei Virga, eseguito nel 2014 durante la gestione Saguto, ha destato molta impressione per la cifra, trattandosi, secondo quanto comunicato dalla DIA, di un ammontare complessivo di oltre un miliardo e 600 milioni di euro, nei confronti di alcuni noti imprenditori della provincia di Palermo, i Virga di Marineo, accusati di essere legati al mandamento di Corleone.
In particolare sono stati posti sotto sequestro i beni di Gaetano Virga, imprenditore del settore calcestruzzi. Si citano 33 imprese di calcestruzzo, 700 tra case, ville, immobili, 89 rapporti bancari, 40 assicurativi e una quarantina di mezzi da trasporto. Quello che ha lasciato domande e perplessità è che da circa sei anni Virga collabora con la giustizia e ha presentato numerose denunce contro numerosi tentativi di estorsione. Le sue testimonianze hanno consentito di arrestare cinque persone ritenute i capimafia e gli esattori di Marineo. L’operazione dei Carabinieri – nel corso della quale finirono in manette Francesco Lo Gerfo ritenuto il capomafia di Misilmeri e Stefano Polizzi, presunto estorsore, portò anche allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Misilmeri
Nel processo contro Polizzi, che ne uscì assolto e in altri cinque processi è stato assistito da Addio Pizzo. Il maxisequestro di beni eseguito dalla Dia nei confronti di Virga e dei suoi familiari riguarda trust, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari e imprese intestate ai fratelli Carmelo, 66 anni, Vincenzo, 78 anni, Anna, 76 anni, Francesco, 71 anni e Rosa, 58 anni. Il sequestro, chiesto dal direttore della DIA, Nunzio Antonio La Ferla, è stato emesso dal Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, presieduto da Silvana Saguto. Le indagini patrimoniali sono state coordinate dal procuratore aggiunto Bernardo Petralia. Secondo gli inquirenti i Virga sarebbero stati organici alla famiglia mafiosa di Marineo, legata al mandamento di Corleone e sarebbero riusciti, nel tempo, a sviluppare e a imporre il loro gruppo di imprese, soprattutto nel campo dell’edilizia, anche attraverso il cosiddetto “metodo Siino”, consistente nell’organizzazione di “cartelli” di imprenditori, per l’aggiudicazione pilotata degli appalti pubblici. Il sequestro rappresenta uno dei più ingenti mai eseguiti sino ad oggi. E tuttavia la storia non poteva non incuriosire, proprio per questo: possibile che in uno scordato paese delle Madonie esista gente così ricca? Uno dei fratelli Virga, ci ha detto che al momento la sola azienda attiva si occupa di lavorazione di inerti e che di tutto il resto citato dalla DIA non c’è più niente, in gran parte si tratta di vecchie aziende aperte e chiuse in poco tempo, quello che poteva bastare a un cantiere per prendere e completare un appalto. Amministratore giudiziario è stato nominato uno dei tanti uomini di fiducia della dott.ssa Saguto, Giuseppe Rizzo. I Virga, dopo il sequestro si sono acconciati in una piccola azienda agricola di un cognato, ma al momento rischiano di non trovare nemmeno i soldi per la prossima semina, anche perché pure questa ditta è sotto sequestro.
La cosa ci è stata confermata da Enrico Colajanni, presidente di Libero Futuro, che da alcuni anni segue il percorso di riscatto di Gaetano Virga, al quale sono stati bruciati nel 2013 a ripetizione un centinaio di mezzi e che ha ottenuto anche un fondo di rimborso per le vittime danneggiate dalla mafia in un’inchiesta coordinata dai procuratori Vittorio Teresi e Leonardo Agueci. L’unica vecchia accusa nei suoi confronti è quella di turbativa d’asta, nel 1992. Naturalmente le trombe dei giornalisti, alimentate da chi ha progettato il sequestro, si sono messe a suonare dicendo che ci troviamo davanti a una nuova strategia della mafia, quella di fingere di collaborare, e insinuando che le denunce, la partecipazione a Libero Futuro, la scelta di collaborazione, erano tutti espedienti per salvare il patrimonio, ma che non sono serviti, vista l’acutezza mentale di magistrati e investigatori. La verità è che i Virga hanno creduto nell’aiuto dello Stato, a sostegno delle loro scelte, ma che si sono illusi, essendosi trovati davanti al protagonismo di Silvana Saguto e del suo cerchio magico, di cui faceva parte il generale della Guardia di Finanza Rosolino Nasca,in forza alla DIA e ora trasferito a Torino, il quale avrebbe sostenuto la nomina di Rizzo. Dopo averlo nominato la stessa Saguto diceva che aveva scelto “un ragazzetto che non so come farà, adesso io devo nominare un coadiutore giusto perché sennò…”. Questo collaboratore avrebbe dovuto essere Carmelo Provenzano perché “è un docente e non può dire niente nessuno”. Provenzano, professore alla Kore di Enna, è finito pure lui sotto inchiesta per la “laurea farsa” conferita a uno o dei figli della Saguto.
Qualche settimana fa una troupe della televisione svizzera di lingua tedesca ha registrato un servizio proprio davanti all’azienda dei Virga, anche con la collaborazione di Telejato.
Oggi è arrivata la notizia del ritiro dell’incarico all’amministratore giudiziario Giuseppe Rizzo che ha quasi prosciugato l’attività dell’azienda nominando. La decisione è stata presa dal nuovo pool di magistrati nominato all’Ufficio Misure di Prevenzione, dopo lo scandalo Saguto, sotto la guida di Giacomo Montalbano, giudice estensore Giovanni Francolini, e la motivazione è quella prevista “in caso di grave irregolarità o di incapacità” dell’amministratore. A Rizzo è stata contestata la nomina di ventotto collaboratori, una retribuzione da due mila e 200 a quattro mila e 200 euro ciascuno, pagati con i soldi dell’azienda, senza l’autorizzazione del tribunale misure di prevenzione. Secondo il legale del commercialista Rizzo si tratta di 3500 euro a collaboratore come compenso per sei mesi di lavoro che hanno consentito di portare avanti l’azienda che, comunque, secondo quanto riferito da uno dei Virga, prima del sequestro andava avanti benissimo senza bisogno di queste collaborazioni, il cui controllo era stato affidato, dallo stesso Rizzo, a sua moglie, naturalmente con un lauto stipendio. Nuovo amministratore giudiziario è stato nominato il catanese Giuseppe Privitera. Intanto va avanti l’iter processuale e, in attesa della sentenza, i legali dei Virga, gli avvocati Antonio Di Lorenzo, Andrea Dell’Aira, Franco e Luca Inzerillo, hanno chiesto che le imprese passino dall’amministrazione al controllo giudiziario attraverso l’istituzione di un organismo di vigilanza.
L’avv. Giuseppe Rizzo non è noto come alcuni suoi colleghi. È titolare dello studio legale Rizzo e partners in via Regione Siciliana n.246. Nel suo curriculum troviamo che ha ricoperto 45 cariche, che è presente in 38 di esse come rappresentante d’impresa, e che ha avuto altre 18 cariche recesse. Ha una buoni contatti professionali con la Spagna. Il suo nome è venuto recentemente fuori come coadiutore di Walter Virga, il figlio del magistrato cui la Saguto aveva affidato l’amministrazione dei beni sequestrati ai Rappa. Per quel che riferiscono i giornali pare che si sia dato da fare, assieme ad altri due suoi colleghi, Alessio Cordova e Dario Majuri a saccheggiare, cioè a incassare laute parcelle del patrimonio ad essi affidato. Ma il colpo più grosso è stato dato dall’incarico come amministratore giudiziario dei beni dei fratelli Virga, due imprenditori di Marineo ai quali si dice sia stato sequestrato un patrimonio di un miliardo e 600 milioni.
Ecco alcune delle numerose società, in gran parte appartenenti al sequestro Virga:
Rizzo risulta sindaco in numerose altre società.
A giudicare da questi incarichi, messi assieme a quelli dei vari Cappellano Seminara, Santangelo, Aiello, Dara ecc. sembra che la Saguto, che ne è stata artefice, abbia portato avanti una sua personale rielaborazione del detto evangelico che conclude la parabola dei talenti: “a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quel poco che ha”.
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