I “pizzini” di Santi Savarino
Questo episodio è raccontato dal prof. Giuseppe Cipolla, ottimo conoscitore della storia di Partinico. L’episodio si trova anche nel romanzo di Salvatore Bonnì “Onorevoli all’asta” (pag.173), dove si narra che l’on. Aleo (nel quale si può individuare Santi Savarino), una volta eletto senatore, nel riscontrare di avere ricevuto 2527 richieste di raccomandazione, conservate nella borsa, ma di avere avuto solo 1984 voti, ordina al segretario di strappare i pizzini e di buttarli dalle finestre del treno che lo stava portando a Roma: “Così quelle povere lettere, costate tante nottate d’insonnia e nelle quali erano state riposte tante speranze, a una, a due, a tre, separatamente e a gruppi furono stracciate con frenesia diabolica dal bistrattato segretario, cui dava manforte, di tanto in tanto, l’Aleo in persona” (pag.174)
“e un cercatore di funghi o un raccoglitore di asparagi si trovasse, per caso, nelle piccole vallate lungo la ferrovia vicino al ponte di ferro dello Zucco, si potrebbe imbattere, per assurdo e per caso in piccoli pezzetti di carta ormai di sicuro sbiaditi, ingialliti, tristemente sperduti o impigliati tra l’erba o gli sterpi del terreno . Il nostro appassionato raccoglitore mai si potrebbe spiegare la natura di quei resti di carta a meno che non avesse sentito un racconto che mi faceva mio padre negli anni della mia infanzia o fanciullezza che sia. Mi parlava, mio padre, di una persona importante, un onorevole sempre ben vestito, elegante, superbo, che abitava vicino casa nostra in una elegante abitazione con un lungo balcone cintato di colonnine di pietra tanto diversa dalle case sulla stessa via e simile alla mia col pavimento in cemento, raramente con un primo piano e con solo una porta e una piccola finestra. Questo personaggio si vedeva ogni tanto, il fine settimana, arrivare, si diceva, da Roma, abitare quella casa e ricevere file di persone che chissà cosa andavano a fare o a chiedere in quella abitazione. Quegli uomini, contadini, disoccupati, poveracci dicevano che lui, l’onorevole Savarino, scriveva elegante su ampi fogli di carta che poi piegava e conservava nelle tasche della giacca.(Ogni tanto, in verità, si vedeva arrivare pure qualche signore più distinto ,con vestito elegante e Coppola, ma si sa, le malelingue!!). La mattina del lunedì successivo o martedì che fosse, qualcuno lo accompagnava in macchina alla stazione ferroviaria di Partinico e da lì prendeva la littorina per Palermo in tempo per prendere il treno e tornare a Roma.. Arrivato verso il vecchio, fascista, ponte di ferro, tanti contadini che da quelle parti lavoravano i campi, vedevano ogni volta, tanti piccoli pezzettini di carta ,stracciati con cura da ampi fogli, volare come bianchi coriandoli dal finestrino, buttati da una mano che si sporgeva da una camicia bianca con polsino inamidato. E così tanti desideri, bisogni, speranze, suppliche, se li portava il vento e li depositava nella campagna secca o bagnata che costeggiava la strada ferrata.
Se fosse possibile, se mio padre fosse ancora qui con me, potrei io raccontargli una storia . Gli racconterei che nel nostro tempo uno stesso raccoglitore di funghi o asparagi o babbaluci spostandosi più in là lungo la ferrovia verso Cinisi, forse nel pietrisco dei binari avrebbe potuto scorgere pietre e legni macchiati di rosso sangue di un giovane uomo trucidato li proprio perché voleva difendere e realizzare gli stessi sogni, bisogni e speranze di quegli uomini che tanti anni prima li avevano affidati alla mano di un uomo che forse,in fondo in fondo,li odiava come odiava gli uomini, come diceva lui, di altre “razze”.
Questo è il tentativo di un racconto. Ma, come diceva Balzac, il racconto, i romanzi sono “la vita privata della storia” E qui la storia è molto semplicemente l’opposizione tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto, e tra chi tra gli uomini li rappresenta. E la storia distingue chi tra gli uomini onorare e chi disonorare. Al di là delle miserie di campanile, al di là della miopia o peggio complicità di amministratori che nascondono dietro il paravento del potere e della burocrazia l’insipienza e la miopia. Savarino vivrà nel ricordo sempre più lontano di qualche fanatico residuale e di qualche razzista. Peppino Impastato e sua madre saranno per sempre simbolo di sacrificio ,di onestà e di difesa del diritti e difficilmente saranno dimenticati. Uniquique suum, a ciascuno il suo.