Schiavitù sessuale: l’unico pericolo sono mafiosi, sfruttatori e violentatori
Non possiamo tacere di fronte a quanto abbiamo letto ed ascoltato in queste settimane: non è accettabile che, ancora una volta, ci si preoccupi di supposti decori, di moralismi a buon mercato pensando che colpendo le ragazze sfruttate, togliendole dalla vita della gente bene, si persegua vera legalità e migliori la realtà. Associazione Antimafie Rita Atria-PeaceLink Abruzzo.
L’emergenza che nell’ultimo anno e mezzo ha rapito e imprigionato tutto il mondo non ha fermato tutto e tutti. Lo abbiamo denunciato sin dall’inizio e continuiamo a farlo, atti, fatti e cronache di queste settimane lo confermano ancora una volta. I perenni virus delle bestie a cui non va riconosciuta nessuna dignità, perché non hanno nessuna dignità e nessuna umanità, dello sfruttamento, della delinquenza più immonda esistente, dei mafiosi di ogni risma, non hanno conosciuto nessun lockdown.
Lo sfruttamento della schiavitù sessuale, il mercato criminale delle depravazioni e delle perversioni sessuali più schifose e ripugnanti è tra i più vasti ed immensi. In questo anno e mezzo si è, anzi, espanso. Spostandosi dalle strade a case trasformate in carceri e lager per le ragazze sfruttate, in cui papponi, sfruttatori e clienti ancora più oppressori e carnefici hanno confermato la loro efferatezza, disumanità, criminalità. E sul web, nelle sterminate praterie online. Non solo sul cosiddetto dark web, portali non rintracciabili sui motori di ricerca e dove si nascondono trafficanti di droghe e persone, pedocriminali – è denuncia delle scorse settimane, per la seconda volta in meno di un anno, da parte di Meter e don Fortunato Di Noto di pedomamme, che espongono alla mercé di orchi schifosi e ripugnanti figlie e figli anche in tenerissima età – e sfruttatori della tratta. La nostra regione, città come Pescara, Francavilla e Montesilvano, non sono esenti da tutto questo. Sul più popolare sito di “escorting”, portali dove è possibile acquistare e dare voti (come fossimo ad un concorso) ragazze in vetrina sfruttate alla mercé delle più squallide perversioni e depravazioni, sono ampiamente presenti.
Leggere ed ascoltare, a meno di un mese dalla Giornata internazionale contro la tratta su cui in Abruzzo è sceso un totale silenzio che puzza di omertà e complicità, di «allarme prostitute e trans», commenti facebook in cui le vittime sono considerate appestate, vergogna dalla «gente bene» che le definisce «esseri» (testuale) da «schifare» è inqualificabile, fa male, offende, indigna, è semplicemente disumano. Ancora una volta si punta solo al «decoro», ad una falsa legalità perbenista ed ipocrita, ancora una volta si tace sul male e si colpevolizzano le vittime, gli ultimi, le più deboli, chi non ha voce. Vedremo mai titoli come “allarme continuo papponi, sfruttatori, carnefici, violentatori, mafiosi”? Le lacrime delle vittime, di chi non ha voce, di chi è sfruttata ed oppressa pesano più della terra intera. E rendono macigno il giaciglio, opprimono il cuore, non fanno trovare Pace. Quando vengono additate come “colpevoli”, trattate come «appestate» – ho letto in queste ore persino commenti come «che schifo questi esseri» – in nome del «occhio non vede cuore non duole» non si può, non si deve tacere …
Si può mai immaginare un dolore così forte, che non ti abbandona in nessun momento della giornata, che ti impedisce anche solo di respirare e trascinarti, un dolore che sconquassa le viscere e penetra dilaniante? C’è una ragazza che qui, a pochi passi da ognuno di noi, lo ha vissuto per mesi e mesi. Quella ragazza è Lilian Solomon, costretta finché non riuscì a fuggire straziata dal dolore e dalla sofferenza e venne accolta ed aiutata da On the Road. Quella sofferenza, quel dolore avevano un nome ben preciso: linfoma. Eppure i suoi sfruttatori, i suoi carcerieri, fino all’ultimo momento continuarono ad incatenarla sulla strada alla mercé di stupratori a pagamento. Ogni notte, ad ogni ora, senza tregua. Quando fu accolta da On The Road il male l’aveva distrutta e poco dopo morì. Dieci anni dopo, a poche settimane dall’anniversario dell’assassinio di Lilian e quando centinaia, migliaia di Lilian prima e durante la pandemia, anche durante il duro lockdown della scorsa primavera, sono state sempre sfruttate e violentate. Negli ultimi mesi la cronaca ha riportato varie notizie di arresti ed inchieste contro lo sfruttamento della prostituzione, presenza della tratta anche nel cuore di città come Chieti, una ragazza sfruttata rapita dai suoi carcerieri rapita a Pescara perché ha tentato di ribellarsi e salvata solo al confine nord orientale d’Italia. Per ogni ragazza salvata, per ogni traffico sventato dalle forze dell’ordine, sono migliaia le ragazze ancora oppresse, centinaia i traffici attivi.
Nel decennale dell’assassinio di Lilian Solomon le sue lacrime e la sua terribile morte impongono serio e vero impegno, di aprire gli occhi e schierarsi con le vittime. Non perseguitarle e condannarle mentre si è troppe volte silenti, complici, omertosi e si alimenta il turpe traffico. Città come Montesilvano negli anni scorsi hanno visto importanti mobilitazioni e momenti di sensibilizzazione, conoscenza e coscienza. Grazie alla campagna Questo è il mio Corpo, alla Comunità Papa Giovanni XXIII e a On The Road. “Sono venuta in Italia per fare la parrucchiera, invece mi hanno messa in strada. Ho cercato di scappare ma quando i miei sfruttatori hanno saputo hanno avvertito i loro amici in Nigeria, hanno preso una delle mie figlie gemelle, di 4 anni, e l’hanno uccisa davanti a mia mamma, a cui le avevo affidate. A questo punto cosa ho da perdere?” è la drammatica testimonianza della Papa Giovanni XXIII ad un convegno due anni fa, proprio a Montesilvano. Quando si gira la testa dall’altro lato, quando si accetta – in nome dell’omertà e di un becero maschilismo da battutacce triviali come le uniche “reazioni” mai avute nel vastese e su San Salvo Marina, Montenero e dintorni – quando si sfoga un moralismo borghese, perbenista, ipocrita e vigliacco si è complici delle lacrime di ragazze come questa, del loro sfruttamento, del femminicidio in vita di migliaia di Lilian Solomon.
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