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Rinviato il processo a carico di Alfonso Bommarito

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Mentre a Borgetto iniziano i preparativi per il presepe vivente, in vista del prossimo Natale, il Sindaco Gioacchino De Luca cerca di risolvere confuso comè, la questione dell’ATO Palermo 1 al fine di far quadrare i conti, alcuni boss scarcerati di recente, iniziano a farsi vedere indisturbati per le vie del paese

Tra questi boss ci sono Ciccio Rappa “detto Baffiteddu” tornato libero da qualche mese a cui rinnoviamo in nostri auguri, «Auguri Ron Cicciu, ora c’è lu digitali, i pizzini nun ci sunnu cchiù» Nicola Salto detto “U Tammurinaru o Lazzaro con la stampella” sempre presente a guardare chi sale o chi scende difronte al solito Tabacchi di “Cicciamuni” o accanto al solito venditore ambulante di frutta, suo braccio destro e fedele autista, sempre in sosta vicino dal “Gelataru” nel corso Roma a Borgetto e un po’ meno anche Giuseppe Giambrone detto “U Stagnatesi”, che da qualche tempo e diventato “Vaccaro” e comanda anche gli animali in pascolo «Fammi u latti o ti scannu». Apriamo una parentesi, chissà chi comanderà dei tre galli nel granaio di Borgetto, specialmente in questo periodo che c’è da raccogliere il pizzo , (i cinque mila euro previsti ogni anno per le feste) pagati dai commercianti di Borgetto che negano e continuano a pagarlo “zittu eu, zittu tu” o regalano senza farsi pagare i soliti sacchetti pieni di carne di vitello, salsiccia, frutta e pesce.

Si è svolta questa mattina, presso il Tribunale di Palermo, Sezione II penale, alle ore 9:30 l’udienza relativa al processo denominato “Vitale Giovanni + Altri” che vede imputato Alfonso Bommarito di Borgetto già condannato in appello a 9 anni con l’accusa di associazione mafiosa nel processo “The End”, che ha scelto di essere giudicato con il rito ordinario. Nelle scorse udienze era stato ascoltato Antonino Di Trapani, che aveva negato fermamente di aver pagato il pizzo, era stato sentito il pubblico ministero, Dario Scaletta, che aveva richiesto per Alfonso Bommarito, la condanna a anni 9 di carcere, infine il giudice, la Dott.ssa Seminara Pasqua, aveva rinviato il processo a oggi per sentire i legali della difesa e gli avvocati delle parti civili. Stamani per impossibilità sopravvenute del giudice il processo è stata rinviato a data destinarsi.

Riepilogando le fasi calienti delle passate udienze, evidenziamo che anche questo processo come l’ultimo a carico di Benny Valenza, denominato Benny3, è nato per il monopolio dell’oro prezioso rappresentato dal cemento, e naturalmente per la richiesta di pizzo fatta dallo stesso Alfonso Bommarito all’impresa edile degli Amato per conto dei Fardazza. Tutto infatti inizia nel 2009 quando l’impresa Amato inizia i lavori di costruzione di un fabbricato in via Pascoli per conto della ditta committente appartenente al Dott. Antonino Di Trapani acquistando il cemento presso la ditta Edil Village di Alessandro Arcabascio, condannato a 15 anni nel processo the end, in cui lavorava Alfonso Bommarito, intermediaria della ditta di calcestruzzi Cesat.

Ricordiamo che Alfonso Bommarito in passato prima di iniziare ad “Annacarsi” è stato anche dipendente dello stesso Benny Valenza e gestiva di fatto gli affari per lo stesso Valenza quando quest’ultimo era rinchiuso nelle patrie galere e dimagriva giorno dopo giorno, come qualcuno diceva in giro, per farsi scarcerare e farsi dare gli arresti domiciliari per anoressia , ma questa è un’altra storia. Una mattina Amato viene contattato in un bar dal Bommarito il quale precisando di essere mandato da amici (riferito alla famiglia dei Vitale) e puntualizzando che Di Trapani Antonino (la ditta Committente) avrebbe pagato la sua parte, chiede di pagare una somma di denaro destinata alle tasche dei Vitale.

Constatando il rifiuto del pagamento da parte di Amato che aveva deciso di chiudere con il suo passato, il Bommarito va via senza nessuna insistenza, senza nessuna cosa.

Dopo quella vicenda gli Amato subiscono dei danneggiamenti presso la loro abitazione l’11 novembre 2010, vedendosi dare alla fiamme verso le 3:00 del mattino, due autovetture e il portone d’ingresso della propria abitazione.

Dopo 10-15 giorni dai danneggiamenti, Amato viene contattato nuovamente da Bommarito il quale si giustifica dicendo: «Guarda non pensare che ti hanno dato le macchine fuoco i Vitale dice, stiamo attenti perché non sono stati loro» riferendosi espressamente a Giovanni Vitale.

Quando invece le intercettazioni in corso delle indagini svolte dai Carabinieri dimostravano il contrario.

Successivamente Alfonso Bommarito ed altri esponenti locali vengono arrestati nel procedimento “The End”

Amato nel frattempo decide di denunciare l’estorsione subita e contatta la nascente Associazione antiracket LiberJato costola di Libero futuro, e con il sostegno della stessa, della nostra emittente Telejato e di Libero Futuro nella persona di Enrico Colajanni denuncia la vicenda ai Carabinieri di Partinico.

La Procura apre un fascicolo giudiziario “Vitale + Altri“ e vengono rinviati a giudizio per effetto della denuncia,   Vitale Giovanni, figlio del Boss Vito Vitale detto Fardazza, i fratelli Pietro e Giovanni Serra di Partinico e Lo Biundo Santino di Partinico ed Alfonso Bommarito di Borgetto. Tutti tranne Alfonso Bommarito (che sceglierà di essere giudicato con il rito ordinario) scelgono di essere giudicati con il rito abbreviato. Inizia il processo a carico di “Alfonso Bommarito” che sceglie di essere giudicato con il rito ordinario. Le Associazioni Antiracket LiberJato e Libero Futuro partecipano all’udienza sostenendo i due imprenditori mentre testimoniano al processo. I due imprenditori di Partinico, Giuseppe e Giovanni Amato, puntano il dito contro Alfonso Bommarito accusato di essere come si evince dalle indagini il presunto estortore per conto della famiglia mafiosa dei Vitale detta “Fardazza”. Enrico Colajanni, costituitasi anche lui parte civile al processo, ricostruirà la vicenda degli amato sin dalla loro denuncia presentata presso il comando dei carabinieri di Partinico, mentre Antonino Di trapani accompagnato dalle forze dell’ordine per non essersi presentato in varie occasioni al processo, interrogato dal giudice negherà di aver pagato il pizzo.

Noi di Telejato naturalmente saremo sempre presenti a fianco delle associazioni antiracket e delle imprese che hanno denunciato, e denunceremo sempre ogni forma di estorsione.

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Pino Maniaci

Volto e voce di Telejato, dal 1999 è impegnato quotidianamente nella lotta alla mafia e contro ogni forma di illegalità.

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