Proroga di sei mesi per le indagini sulla signora Saguto e i suoi amici
Sono state prorogate di sei mesi le indagini sulla signora Silvana Saguto, attualmente sospesa dalle sue funzioni di magistrato e da un terzo dello stipendio. Per ora se ne sta tranquilla ed è pure pagata.
Tra gli iscritti nel libro degli indagati per corruzione e concussione c’è anche l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, che si scambiava con la Saguto piccoli e grandi favori, quali quello di mettere a sua disposizione una sede istituzionale, villa Pajno, per festeggiare i sessant’anni dell’amica: adesso è stata trasferita a Roma, dove non si sa cosa faccia, probabilmente, anche lei non fa niente. Indagato anche Cappellano Seminara, che regalò alla signora, per il compleanno, una collana d’oro, per ringraziarla dei numerosi incarichi ricevuti nella gestione dei beni sequestrati alla mafia: Cappellano si è di-messo dai suoi otto incarichi palermitani, ma è sempre messo nei vari consigli di amministrazione di molte di queste aziende: rispetto a chi non fa niente, lui lavora sempre.
Erano già state prorogate le indagini sull’ex presidente di una sezione penale del tribunale di Palermo ed ex componente del C.S.M. Tommaso Virga, stretto amico della Saguto, che le aveva sistemato il figlio presso le imprese dei Rappa, per ringraziarlo di un favore reso, ma a condizione che in queste imprese facesse lavorare la nuora, Vanna Pantò, quella che si faceva portare a mare dalla scorta della suocera. Scorta che alla signora serviva anche per comprare le compresse struccanti o per andare a prendere in lavanderia il vestito da portare alla signora Prefetta. Anche le indagini sul caso Virga-Saguto sono state prorogate. Indagato anche il marito della signora, Lorenzo Caramma, che dal 2004 al 2015 ha incassato 750.000 euro di consulenze, in gran parte da Cappellano Seminara, l’amico di sua moglie. Indagato anche il chiarissimo prof. Carmelo Provenzano, che omaggiava la Prefetta con melloni e canestri di frutta fresca, oltre che adoperarsi per una laurea farlocca al figlio della Saguto, presso l’università Kore, dove insegna, aspettando una buona raccomandazione per andare a dirigere il Cara di Mineo. Per non parlare della ventresca mandata da Torre Artale sul tavolo della Signora Saguto. Torre Artale, dove è stato amministratore giudiziario Alessandro Scimeca, che era ed è anche amministratore dell’Abbazia Sant’Anastasia, il luogo che, come detto dalla prefetta Cannizzo, era una sorta di resort privato della Saguto e dove si organizzavano corsi per amministratori giudiziari e abbuffate tra amici: malgrado il suo ex-proprietario Francesco Lena sia stato assolto da qualsiasi imputazione, l’Abbazia è ancora sotto sequestro.
Ma per aggiungere un altro tassello a questa ingarbugliata storia l’amministratore Scimeca è suocero di Daniele Marannano, uno dei più influenti responsabili di Addio Pizzo. Qualcuno dirà: che c’entra? No, niente. Come non c’entra niente che Gianluca Faraone, fratello dell’on. sottosegretario alla Pubblica Istruzione, sia stato per anni presidente della cooperativa Placido Rizzotto di Corleone, sotto l’ala di Libera. Ma che vuoi dire? No, niente, volgari insinuazioni. Sotto l’occhio dei magistrati di Caltanissetta, Sava e Paci, anche i colleghi Fabio Licata e Dario Scaletta, collaboratori della Saguto, che invece sono stati spostati d’ufficio e di sede, ma che continuano a fare il loro lavoro.
Insomma, al momento è stata buttata una secchiata d’acqua per arrivare, nello spazio di sei mesi a qualche risultato che ci auguriamo non serva a lavare e a levare tutte le porcherie che sono emerse, ma a garantire la dignità e la serietà della giustizia. Per quanto riguarda la vicenda di Telejato, il Procuratore capo Lo Voi, che aveva chiesto un’altra audizione per parlarne, si è limitato a dire che non c’è stata alcuna pressione per farla chiudere. C’erano dubbi? E intanto ieri sera un furgone del ministero delle telecomunicazioni ha sostato a lungo sotto la sede di Telejato per accertamenti.
Ci viene in mente quello che disse la Saguto alla Cannizzo sulla chiusura dell’emittente: “È questione di ore?”