La recente vomitevole intervista a Salvuccio Riina, figlio del più grande criminale dei nostri tempi, il quale, diventato scrittore, racconta e descrive un idilliaco quadro delle sue vicende familiari, si scaglia, come già suo padre, contro i collaboratori di giustizia, affida solo alla magistratura il compito di giudicare i mafiosi, ignorando o fingendo di ignorare il dovere morale che ogni cittadino deve avvertire nella condanna della mafia e dei suoi crimini, ha riproposto l’importanza dell’uso dei mass media, specialmente davanti a tipi come Bruno Vespa, autentico “sciacallo” dell’informazione, pagato con circa un milione e mezzo di euro dalla RAI per propinare minchiate in tarda serata.
Vale la pena citare una delle ultime considerazioni di Umberto Eco, scomparso da poco, nel suo libro “Apocalittici e integrati”: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.
Se vogliamo dare un volto a quanto dice Eco l’imbecille è chi pretende di parlare per tutti, lo scemo del villaggio è chi si sottopone alle domande. In una parola Vespa e Riina.
Nel rapporto genitori-figli, specie quando si tratta di genitori mafiosi, l’unico, vero, lacerante momento di rottura familiare rimane quello di Peppino Impastato. Le sue parole sono chiare e drammatiche: «Arrivai alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a partire cioé da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare divenuta ormai insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una società tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. È riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e a compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività”.
A conferma di tutto ciò c’è il suo essere cacciato di casa, poco meno che ventenne, il suo adattarsi in un magazzino che è capace di trasformare nel “Circolo Che Guevara”, la sua negazione totale della cultura familiare e dei suoi micidiali principi fatti di violenza, assuefazione, prepotenza, mancanza di rispetto dell’altrui persona, complicità, omertà. La conseguenza è la solitudine, l’arroccamento in se stesso, da cui Peppino tenta disperatamente di uscire attraverso l’impegno politico e la costruzione di un nucleo di compagni nel segno del comunismo.
Altro che “essere orgogliosi del proprio padre e dei valori che è riuscito a trasmettergli”, come afferma il rampollo di Fracchia-Riina, “la belva umana”.
A che serve mandare in onda queste sciatte interviste? Solo a cercare di fare audience e di pubblicizzare un libro i cui proventi andranno nelle tasche di un editore senza scrupoli e di un autore che, per il solo fatto di avere scontato otto anni di carcere per associazione mafiosa, è un mafioso a tutti gli effetti e non ha dimostrato alcuna volontà di fare un passo indietro. Un consiglio: Non sprecate i vostri soldi.
Ecco il servizio andato in onda stasera su Striscia la notizia. Qui trovate, in pochi…
Non sono bei tempi per la democrazia. Non per questo o quel partito (e ce…
Il Comune apre il nuovo anno con una comunicazione alla cooperativa Noe che somiglia a…
L’anno si chiude con un aggiornamento sulla questione del terreno confiscato alla mafia di Borgo…
C’è una sorta di tendenza di tipo ottimistico che, per noi moderni, risale all’Illuminismo, a…
Abbiamo deciso da tempo da che parte stare. Non ci servono le sentenze per appurare…
View Comments
Intervento davvero commovente e ben argomentato. Faccio i miei più sentiti complimenti all'autore e condiviso ogni singola sillaba del suo pensiero