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Niente più soldi ai professionisti dell’antimafia

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Il 2015 è stato l’annus horribilis dell’antimafia. La cronaca ha svelato che in questo mondo operano troppi affaristi che per fare carriera e per fare soldi usano il vessillo della legalità. E allora basta risorse pubbliche a questo mondo opaco…

di Pippo Giordano

2015, l’anno di un’antimafia smarrita. Anche se non mi faccio mai coinvolgere emotivamente da  tutto quello che accade nel mondo dell’antimafia e anche se guardo con distacco alle polemiche scaturite da alcuni eclatanti fatti  emersi nel corso di quest’anno che hanno visto coinvolti personaggi di spicco dell’antimafia siciliana, ribadisco che non amo e mai amerò la parola “antimafia”. Perché?

Perché coagula attorno a sé interessi personali. In buona sostanza, talvolta far parte di un certo “giro” di antimafia diventa un trampolino di lancio per far carriera e finanche arricchirsi. Non a caso, l’anno in corso è stato funestato da episodi a dir poco umilianti per una Sicilia che merita ben altro. La nostra Terra, la Nostra Isola, merita più rispetto. Da decenni il suo Popolo urla con dolore la sacrosanta aspirazione di vivere senza la sudditanza mafiosa. Ma questo imbelle Stato, si è guardato bene dal compiere atti idonei ad esaudire le aspettative dei Siciliani.

Anzi, le ‘carte’ dimostrano il contrario. L’arresto per estorsione di Roberto Helg, presidente della Camera di commercio di Palermo, l’indagine per mafia condotta sul presidente di Confindustria siciliana, Antonello Montante, la vicenda dell’ex presidente delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto, dimostrano, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che il compianto Sciascia aveva visto bene definendo certa antimafia di “professione”.

Oltre agli episodi in epigrafe un altro episodio opinabile ha oscurato la trasparenza soprattutto nei rapporti interpersonali tra personaggi di spicco del mondo della Legalità. Mi riferisco all’amara vicenda di Franco La Torre, figlio di Pio assassinato a Palermo dalla mafia, che a quanto pare sarebbe stato “cacciato” via dal’associazione Libera di don Ciotti con un semplice sms: nemmeno una telefonata del fondatore.

IL 2015 verrà ricordato per la traslazione della salma del magistrato dottor Giovanni Falcone, con conseguente trasferimento della moglie dottoressa Francesca Morvillo, anch’essa magistrato, dalla cappella di Sant’Orsola ove riposava col marito, al cimitero dei Rotoli. E, a tal proposito non ho lesinato contrarietà, peraltro pubblicamente espressa. Anche se non sono più uniti, non farò loro mancare la mia amorevole visita quando calpesterò il suolo della mia terra natia.

E che dire, sempre quest’anno, di un ex presidente della Repubblica, che chiamato a testimoniare nel propcesso sulla strage di via D’Amelio, scrive alla Corte di Caltanissetta dicendo niente sacciu (niente so)?  La mafia, meglio nota come Cosa nostra, sono certo, che se la ride di quest’anno nero dell’antimafia.

Tuttavia, non sarei onesto se non dicessi, che sin dalla genesi, l’antimafia nata come figura sociale, capace di raccogliere l’accorato urlo dei magistrati Falcone e Borsellino, ha perso in questi ultimi anni la linfa che alimentava quel bel fresco profumo di libertà. Oggi, i sentieri dell’antimafia, sono irti di ostacoli rappresentati da individui il cui unico scopo era ed è arraffare quanto possibile, dimenticandosi che esiste il percorso della legalità. Già legalita: parola svuotata di significato.

Per questi motivi contesto e ho ben donde di farlo, l’antimafia di professionisti, l’antimafia di facciata e fermo restando che chiunque è libero di esprimere il proprio pensiero, sarebbe equo compiere una revisione dell’intera antimafia. In poche parole niente più contributi di denari pubblici. I fatti di un’antimafia smarrita hanno dato luogo a una sorta di scoramento in chi per passione e ideali, aveva regalato il proprio tempo libero. Una sconfitta, una mortificazione posta in essere da sgradevoli personaggi, verso i quali nutro il mio totale disprezzo.

Non vi è dubbio alcuno, che chi è chiamato a gestire la Cosa pubblica o amministrare la Giustizia, dovrebbe essere la punta di diamante del sistema antimafia. Ahimè così non è! Parimenti, anche alcuni politici sedenti negli ambulacri di potere appaiono come pupari in grado di muovere i fili dei pupi in una lotta alla mafia che di cristallino non ha proprio nulla.

Per favore, nel rispetto dei propri ruoli e nel rispetto del dolore che attanaglia i tanti familiari delle vittime di Cosa nostra, operate con trasparenza e onestà. Fatelo per i nostri morti, ma anche per noi vivi. Abbiamo bisogno di un’antimafia coesa, pulita, trasparente, per ottenere Giustizia e Verità.

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Redazione

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