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Memoria e impegno, la Chiesa faccia di più per i suoi preti dimenticati

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Di Salvo Ognibene

www.eucaristiamafiosa.it

 

Non sono solo don Pino Puglisi e don Giuseppe Diana i preti uccisi dalle mafie. L’elenco, purtroppo, é molto più lungo: da Costantino Stella e don Filippo Di Forti alle straordinarie figure di don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara portate alla luce grazie a Antonio Nicaso e Nicola Gratteri nel loro libro “Acqua santissima. Storia di rapporti tra Chiesa e ’ndrangheta”.

Storie di preti e uomini “dimenticati”. Alcuni di questi sono ricordati nella  rassegna di Umberto Santino intitolata “Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia per la democrazia dal 1893 al 1994”. Alcuni di questi ebbero la “sola colpa” di ascoltare l’invito di Leone XIII ad uscire fuori dalla sagrestia. Erano i cosiddetti preti “sociali”, da cui la Chiesa, ancora oggi, dovrebbe prenderne esempio.

Ricordare per conoscere e per fare della memoria impegno, con la speranza che la Chiesa di Roma stia sempre un po’ più vicina a quei preti come don Giacomo Panizza, don Maurizio Patriciello, come Papa Francesco. Così che il vescovo di Roma da questi incoraggiamenti possa trarre la forza necessaria per trasformare parole e buoni intenti in fatti concreti per dare vita a un vero e auspicato cambiamento.

La beatificazione di don Pino Puglisi e la recente proposta per istituire il processo di beatificazione per don Giuseppe Diana, entrambi per odium fidei (uccisi in odio alla fede) vanno in questa direzione ma ciò non basta. Anzi, la creazione di una martirologia mafiosa, non fa altro che aumentare la responsabilità e l’attenzione nei confronti della Chiesa di Roma, perché di “santini” e “figurine” di certo non abbiamo bisogno. Quello di cui necessita, il popolo dei fedeli e non solo, è una testimonianza forte e credibile di questi uomini di Dio. Accanto ai due preti uccisi negli anni ‘90, non vanno quindi dimenticati coloro che hanno perso la vita contro le mafie, facendo del Cristianesimo e del Cattolicesimo in particolar modo, una ragione di vita talmente aulica e giusta che non può finire nel dimenticatoio e rimanere in un passato senza memoria.

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