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Mafia, confiscato l’impero dell’imprenditore Sandro Monaco, beni per 22 milioni di euro

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CATANIA – Confiscati beni per 22 mln di euro all’imprenditore Giuseppe Sandro Maria Monaco, arrestato dai militari del Ros nell’ambito dell’operazione Iblis il 3 novembre 2010 e condannato a 12 anni di reclusione in primo grado, il 9 maggio 2014, dalla quarta sezione penale del Tribunale di Catania, per i suoi rapporti con il clan Santapaola-Ercolano.

Il provvedimento di confisca riguarda, nello specifico, 26 immobili, nove imprese e sei disponibilità finanziarie.   Secondo quanto emerso dalle indagini del Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri, Monaco   avrebbe collaborato con Cosa Nostra catanese, mettendo a disposizione la sua attività imprenditoriale, congiuntamente con l’allora rappresentante provinciale Vincenzo Aiello e altri affiliati mafiosi di rango e permettendo a imprese di mafiosi di partecipare ad attività economiche. Lo stesso Aiello – stando alle ricostruzioni del Ros – definiva Monaco come un amico di vecchia data, assolutamente onesto, affidabile e alquanto generoso, poiché in momenti di particolare crisi economica, avrebbe reso disponibili delle notevoli somme di denaro. Il medesimo, avrebbe inoltre partecipato, negli anni ’90, a una divisione di appalti pubblici in Sicilia, come ha dichiarato il collaboratore di giustizia, Angelo Siino, ovvero quello che fu “il ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra. Siino, ha raccontato anche che Giuseppe Madonia gli aveva segnalato, alcuni imprenditori di Enna per i lavori di forestazione e piantumazione messi al bando dall’ispettorato forestale di Enna. Secondo il Ros, sarebbe stato lo stesso Siino a favorire l’aggiudicazione di alcune gare all’imprenditore Cappuccinello Iraci e ad altri due imprenditori, Sandro Monaco compreso.

Le successive constatazioni della magistratura hanno provato che Monaco, con licitazione privata, si era aggiudicato proprio gli appalti della forestale, investendo diversi miliardi di vecchie lire.

Gaetano La Rocca, esponente dell’omonimo clan, assieme ad un suo affiliato, Carmelo Sardo, definì Sandro Monaco un “amico” che doveva “farsi sentire”, ne possiamo ricevere conferma dalle intercettazioni condotte dalla Procura.

Secondo il pentito Salvatore Chiavetta, sempre in quell’epoca, l’imprenditore consegnò, ai Santapaola, soltanto 5 milioni di lire anziché dieci, per un presunto regolamento di conti.

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Danilo Daquino

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