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L’Italia è un re…gime fondato su trame, ricatti, depistaggi, omertà e malaffare. Cos’è questo re…gime? Tutti lo sanno. Ma troppi amano tacere ed esser complici.

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L’Italia è un re…gime fondato su trame, ricatti, depistaggi, omertà e malaffare.

 “Lo stato delle stragi, lo stato delle trame … c’è un silenzio di tomba nessuno sa niente”. I versi della canzone dei 99 Posse tornano spesso alla mente in queste settimane. Colonna sonora perfetta per la cronaca recente. O meglio, per una cronaca mancata. Una cronaca quasi senza riflettori, avvolta da un manto di silenzio che sa di omertà, di paura complice e connivente, di silente conformismo. Una cappa che sa di regime. Perché l’Italia non è mai stata, fino in fondo, una repubblica democratica. Il “potere del popolo” è sempre stato ingabbiato, ferito, impedito da un’oligarchia (autoctona e d’oltre frontiera) che manovra almeno da settant’anni le leve del Potere, reprimendo a furia di bombe e massacri di piazza ogni dissenso civile e politico. Cos’è questo regime? Si sa benissimo, si conoscono benissimo i nomi di coloro che manovrano, occultano, reprimono, dominano, corrompono, devastano. Si conoscono benissimo nomi, cognomi e indirizzi dei potenti dell’oligarchia e dei loro servi, immersi nelle putride acque del clientelismo e del malaffare, dell’occultamento della verità di stragi e attentati, di chi avvelena e uccide e di chi lo consente. Non servono paranoici complottismi (spesso, troppo spesso, funzionali alla stessa narrazione del Potere) o chissà quali dietrologie. Basta scorrere la cronaca, avere la voglia di lasciar perdere le prime pagine e i rotocalchi patinati per esercitare il coraggio della verità, della schiena dritta, della ricerca della libertà. “I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione”* ma non sono soli, non ci sono arrivati per grazia ricevuta dall’alto. Sono stati votati, acclamati, sostenuti…

Il “Potere” e il “sovversivismo delle classi dirigenti” non sono soli. Perché tra coloro che si professano le “Uniche e Grandi Opposizioni”, che si propongono come alternativa e che – un giorno si e l’altro pure – sfoggiano proclami d’indignazione e di bellicosa lotta politica, che hanno a disposizione tromboni e fanfare, intere trasmissioni televisive, giornali e blog, abbonda chi è invischiato negli stressi intrecci, chi frequenta e convive con le stesse centrali, chi quotidianamente dimostra che “il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”, insegue “un potere essa stessa”** e i cui appartenenti non fanno altro che “comportarsi anch’essi come uomini di potere”**. Senza mai dimenticarsi che nessun potere è tale, forte e apparentemente imbattibile, senza un qualche consenso, senza avere schiere di sostenitori e complici. E in questo, nell’Italia di oggi ci sono irraggiungibili maestri … E, in tutta sincerità, non possono che procurare nausea maschere “tra Molière e il Grand Guignol”**, frenetici “colpevolmente incoscienti”**, leoni da tastiera, indignati quotidiani, che non la smettono mai di lamentarsi dei politici, dell’itaGlia, del mondo, dello schifo che ci circonda. Idem nei bar, nelle piazze, nelle strade, ovunque. Schifo, schifo, schifo, schifo, fa tutto schifo, non dicono (anzi urlano) altro. Pronti a chiudere occhi e orecchie quando servirebbe ribellarsi per poi alimentare guerre tra ultimi e penultimi, tra impoveriti e ancor più impoveriti (Jerry Maslo, per ora, è morto invano – Castelvolturno, quando la pulizia è etnica) … “a stracatannare a stramaledire” “il tempo e il governo”*** e poi , all’occorrenza per convenienza, per pavidità o – molto più banalmente – menefreghismo, si “getta la spugna”*** senza dignità … isterico strepitare del materasso di piume in servizio permanente, latitante quando bisognerebbe avere la “schiena dritta ma sempre pronto a fare da grancassa a scimmiette ammaestrate da balle e bufale utili solo alla propaganda, alla speculazione e all’interesse del più forte, del più gradasso, del più assetato solo di affermazione personale e del suo branco … parlare, parlare, pontificare e così via … e alla fine si segue sempre il branco del conformismo, il “vincente”, quello che “fa moda”, da rivista patinata e guardando portafoglio e carriera … gemelli siamesi dei qualunquisti di ogni ora e risma, dei campioni del “tanto non cambierà mai nulla”, “tanto non serve”, “chi si fa i fatti suoi campa cent’anni”, “chissenefrega pensa alla salute” et similia. Primi dovrebbero essere processati e condannati in pubblica piazza per alto tradimento dell’umanità e dell’intelligenza! Non la smettono di dire che fa tutto schifo ma di quello schifo sono parte integrante, complice e ventilatore… giudicare altri popoli, dicono e scrivono che non meritano la democrazia, che sono arretrati, ma loro sono molto peggio di come descrivono gli altri … mai come oggi violentemente realizzano un nuovo regime che marcisce “in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo”**. 

* Pippo Fava

** Pier Paolo Pasolini

*** Fabrizio Dé Andre

Cos’è questo re…gime? Tutti lo sanno. Ma troppi amano tacere ed esser complici

Non serve chissà quale sforzo per sapere chi disse che contro il dissenso politico sidovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interni. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì”.

Strage di Ustica, assassinio di Ilaria Alpi. Quante volte l’abbiamo sentito, quanti discorsi retorici, quante belle parole. Eppure in queste settimane la stragrande maggioranza della classe dirigente e mediatica non l’ha pronunciata. Non sono partiti tromboni e fanfare, non ci sono state prime pagine e titoli strillati nei telegiornali della sera. Ma avrebbero dovuto. Perché sulla strage di Ustica e sull’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in queste ultime settimane ci sono state importanti novità. Su quel che è accaduto (o non accaduto) nella ricerca della verità per la giornalista e l’operatore del tg3, insabbiando di fatto le inchieste per le quali erano in Somalia, Antonio Musella (al quale dovrebbe andare eterno merito e riconoscenza della Libera Repubblica democratica se ne esistesse una…) ha realizzato delle recenti inchieste su Fanpage.it (QUI) e ha intervistato Hashi Omar Hassan (QUI), rimasto in carcere per 19 anni, accusato di aver partecipato all’omicidio da “Hashi fu Ali Ahmed Rage detto Gelle che nel 2015 ai giornalisti di Chi l’ha visto? ha raccontato di essere stato pagato per accusare Hashi”. In questi anni c’è chi ha sempre continuato, testardamente e cognizione documentata, ad inseguire la verità. A partire da Luigi Grimaldi, le cui documentate e straordinarie inchieste sono imprescindibili quando si fa riferimento ad un assassinio le cui responsabilità s’intrecciano in trame che legano cooperazione, servizi segreti, traffici di rifiuti tossici e armi fino a toccare la strage del Moby Prince (La scottante verità di Ilaria – Moby Prince, la pista Usa – Ilaria Alpi, la Cia e la smentita che non smentisce). E c’è chi è arrivato a definire l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin la conseguenza di una rapina finita male durante una vacanza. I nomi degli uni e degli altri non sono un segreto, sono pubblici, rintracciabili, basta un minimo (ma veramente minimo) di ricerca.

Esattamente come avere i nomi di chi continua a portare avanti tesi come la “bomba” a bordo dell’aereo come causa della strage di Ustica. Mario Ciancarella era capitano pilota dell’A.M. al momento della strage di Ustica. Negli anni era diventato punto di riferimento del Movimento Democratico dei Militari. Ricevuto dal Presidente della Repubblica Pertini nel 1979 “insieme a Sandro Marcucci e Lino Totaro, Mario Ciancarella era divenuto referente delle rivelazioni da tutta Italia delle vere o false ignobiltà che si compivano nel mondo militare”. A lui si rivolse, dopo la strage di Ustica, il maresciallo Mario Alberto Dettori che gli confidò “Capitano siamo stati noi…” “Capitano dopo questa puttanata del mig libico“. Il Capitano Mario Ciancarella radiato con la firma falsa di Pertini. Adesso bisogna riscrivere la storia. “Per questo suo ruolo di esponente di punta il Capitano Ciancarella divenne talmente scomodo da indurre “qualcuno molto in alto” a falsificare, nell’ottobre 1983, la firma del Presidente Pertini nel Decreto Presidenziale di radiazione. Un vero e proprio colpo di Stato. La copia del decreto di radiazione gli verrà consegnata, su sua richiesta, solo 9 anni più tardi e dopo la morte di Pertini. L‘Associazione Antimafie Rita Atria, con orgoglio, da 22 anni (da quando è stata fondata), lotta accanto a Mario Ciancarella senza mai retrocedere di un solo passo. Nonostante tutto e tanti, troppi consigli”. “Il Tribunale Civile di Firenze ha confermato i dubbi del Capitano Ciancarella (e anche i nostri): la firma del Presidente Pertini che compare sul quel decreto è un volgare falso. Tanto e’ stato accertato sulla base di due perizie – una di parte ed una disposta dal Magistrato – che hanno potuto rilevare come il falso sia tanto evidente quanto eseguito con assoluta approssimazione”. Una notizia clamorosa che dovrebbe occupare ore di trasmissione e innumerevoli colonne. Eppure ben pochi, e quasi nessuno col dovuto risalto, l’hanno raccontato. Arriverà il prossimo anniversario e torneremo a sentire gli stessi discorsi, le stelle belle parole, le stesse indignazioni pret-à-porter. Ma oggi che si può passare dalle parole ai fatti, silenzio. L’Associazione Antimafie Rita Atria ha inviato richiesta a Mattarella perché Mario Ciancarella e la famiglia vengano ricevuti al Quirinale e si ottenga la sua reintegrazione. Per sostenere questa richiesta è stata attivata una petizione QUI. Firmiamola e facciamola firmare, la lotta per la giustizia e la verità di Mario Ciancarella è la lotta di ogni persona libera, sostenendola sosteniamo anche noi stessi.

Era il luglio scorso quando dalla Calabria arrivò la notizia di un’operazione che ha scoperchiato la “Santa” o “mammasantissima, definita una vera e propria cupola masso-mafiosa di “governo” del territorio e con tentacoli ben saldi in istituzionali locali e nazionali. Brevi cenni ai coinvolgimenti parlamentari e poi nulla più. L’Italia nazionale distratta da bulli e pupe, starlette e chiacchiere, neanche lo ricorda più. Ne ha scritto più la coraggiosa cronista Alessia Candito da sola che molti “giornalisti affermati e di grido”, con lustro e riflettori nazionali, messi insieme (quando ne hanno scritto). Nelle scorse settimane il procuratore capo di Reggio Calabria ha dichiarato alla commissione parlamentare antimafia che “vi è una popolazione totalmente soggiogata dall’intimidazione della ‘ndrangheta”.

Stessa identica situazione per inchieste di cronisti di valore come Rino Giacalone su “mafia e massoneria” o di Antonio Mazzeo su tanti intrecci politico-affaristici nel territorio dove vive e che ha anticipato di anni (tra le tante) l’inchiesta “Mafia Capitale” sul CARA di Mineo. Ma quando le denunce son documentate e non vengono dalla propaganda funzionale al Regime le luci non si accendono … Mafia Capitale, quante volte in questi anni l’abbiamo sentita nominare da politici, giornalisti, opinionisti ecc. Eppure è rimasta in silenzio, o quasi, la notizia dei cronisti querelati, degli avvocati e dei testimoni letteralmente intimiditi anche in aula. E su Massimo Carminati L’Espresso ha recentemente documentato e denunciato qualcosa che va oltre il clamoroso. Dopo il furto del 1999 al caveau del Tribunale di Roma, Carminati avrebbe posto le basi per un “un grande ricatto”,colpendo magistrati, avvocati, funzionari della Giustizia” grazie a 147 cassette “connessi con i più grandi misteri d’Italia: dalla strage di Bologna alla P2, dal delitto Pasolini all’omicidio Pecorelli, dalla Banda della Magliana a Cosa nostra”.

È l’Italia che vende armi e fa affari con i governi meno democratici del Mediterraneo e dintorni, che vende armi a chi bombarda persino funerali e un cui ministro minaccia denunce e querele contro chi pone domande, che ha già dimenticato Regeni ospitando (non più tardi delle scorse settimane) un ministro di Al Sisi. E’ l’Italia che partecipa a guerre di potere e dominio, di affari e barbarie. E’ la “Nazione” che investe in armi e cacciabombardieri, “Grandi Opere” di ogni tipo (che animano le cronache più per gli arresti per mafia, corruzione, mazzette che per inaugurazioni), per poi non avere risorse per la messa in sicurezza, contro il rischio idrogeologico, per difendere dai terremoti e soddisfare i sacrosanti diritti e bisogni dei cittadini che ne rimangono vittime. E sui terremoti, si cancelli una volta per tutte l’ipocrisia dell’unità nazionale, dello stringiamoci a coorte ogni volta che ne arriva uno perché “basta polemiche, non c’è tempo”. Cazzate! Non son polemiche, sono indignazione e pretese di verità. Ci sono sciacalli prima, durante e dopo i terremoti. C’è uno Stato che non è Stato, che permette di lucrare e speculare, che è complice di drammi annunciati e colpevolmente non evitati. E la parola giustizia vien cancellata dai fatti in nome di indicibili interessi superiori. Lo stringiamoci a coorte l’abbiamo visto dopo il 6 aprile 2009 a L’Aquila. Abbiamo visto cosa ha realizzato. E  che fine ha fatto oggi … (Casa dello Studente dell’Aquila, prescrizione in vista – Grandi rischi, L’Aquila s’indigna per il colpo di spugna)

Sull’oscena ipocrisia di fronte alla Turchia e contro il popolo kurdo, colpito da una infinita repressione su cui complici silenzi calano dall’Europa e dall’Italia e con i fatti delle ultime settimane sono solo l’ultima gravissima escalation, non posso che rimandare a quanto già scritto QUI . Così come su quelli che dovrebbero essere tra i capisaldi della “Repubblica fondata sul lavoro”, i diritti e la vita di lavoratrici e lavoratori e sul biocidio quotidiano, disumano, devastante della Terra dei Fuochi (seconda parte dell’articolo) e da pagina 54 del numero di settembre di Terre di Frontiera. Un luogo dove settori della politica, dei servizi segreti e dell’imprenditoria si sono intrecciati ed è avvenuta, secondo l’ex sub commissario “per l’emergenza rifiuti dal 2000 al 2004”, una trattativa tra lo Stato e la camorra con la partecipazione dei servizi segreti. Trattativa, una parola legata negli anni agli intrecci e alle commistioni tra pezzi dello Stato e la mafia a cavallo delle stragi e degli attentati di inizi Anni Novanta. Ma, in realtà, la cronaca ci racconta che questa “trattativa” esiste da sempre, da Portella della Ginestra a quegli anni. E che, probabilmente, ormai oltre vent’anni fa ha vissuto una sorta di “momento di crisi” dovuto al rapido mutare del quadro politico nazionale. Le mafie avevano bisogno di nuovi referenti, ricordavano che c’erano sempre, hanno imposto di non venir meno ad “indicibili accordi” che esistono da molto prima. Ma anche qui silenzi ed omissioni, connivenze e teste girate dall’altro lato (compreso sui rischi per il PM Nino Di Matteo e i rischi per la sua vita) abbondano. I nomi di coloro che in quegli anni (e anche prima e dopo) hanno occupato le leve del Potere, le poltrone dei Palazzi, sono noti a tutti. Così come non è difficile da scoprire, anzi spesso sono sempre sotto gli occhi, chi si è schierato con mafiosi e assassini, chi ha depistato dopo Piazza Fontana, Ustica, le stragi del 92/93, chi ha depistato le indagini su Peppino Impastato o Pier Paolo Pasolini, chi ha insultato (in vita e in morte) persone come don Peppino Diana e Pippo Fava…

Retorica e memoria. Come si strumentalizza l’impegno contro le mafie (2007)

Il Pentagono documenta quel che i pacifisti denunciano (2010)

Ristoranti che inneggiano alla mafia nel mondo: false indignazioni e vere ipocrisie (2013)

Migranti, un ventennio di violenze, abusi e diritti negati (2016)

Si scrive cpt, cie, cara, hotspot, si legge guerra ai migranti (2016)

Napolitano, è la classe dirigente istituzionale e politica che spesso non fa il suo dovere (2015)

Muos, la console Usa dichiara guerra al movimento (2015)

Il dissequestro del MUOS tra guerra globale e resistenze dal basso (2016)

Coordinamento dei Comitato No Muos sul dissequestro (2016)

L’infinita scelleratezza afghana e nuove possibili follie in Libia (2011-2016)

L’Italia sempre più provincia marginale dell’Impero. E’ necessario e vitale opporsi alle guerre e difendere Pace e democrazia

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Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, collaboratore di Wordnews.it e referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora con Pressenza, Giustizia.info, QcodeMagazine, Comune-Info e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e "rotta adriatica" del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di "marcare" la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.

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