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L’Abbazia Sant’Anastasia

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Si tratta  di un’antica Abbazia del 1.100, acquistata dall’ing. Francesco Lena, recuperata e ristrutturata (prima del sequestro) con finanziamenti della comunità europea, 29 camere, 55 posti letto, categoria 5 stelle, aperta tutto l’anno.

Una cantina rimodernata produce 200 mila bottiglie, con 16 etichette di vino biologico più l’olio. Vi lavorano 12 persone a tempo indeterminato, e tra 35 e 75 stagionali a tempo determinato.

Il sequestro viene disposto il 10 giugno 2010 dal gip Maria Pino, che invia gli atti alle Misure di Prevenzione cioè alla Saguto, la quale nomina subito un Consiglio d’amministrazione in cui mette dentro Cappellano Seminara, sino alla nomina dell’amico commercialista Alessandro Scimeca, uno dei privilegiati che nell’elenco delle assegnazioni dal 2011 al 2015, risulta con 11 incarichi il secondo dei più nominati, stando solamente dietro, pur con un minimo distacco, a Cappellano Seminara che ne ha 12.

Scimeca all’inizio non si trova in una situazione rosea. L’intervento del sindacato, i problemi di gestione, la situazione dei lavoratori, alcuni dei quali da tempo senza stipendio, procurano uno stato di perdurante crisi.

Dopo una lunga vicenda giudiziaria l’ing. Lena è stato prosciolto da ogni imputazione. Di lui “Live Sicilia” aveva scritto, nel 2011, al momento del sequestro dell’Abbazia: “Accertati i suoi rapporti con i boss Salvatore Sbeglia, Nino Madonia (di cui sarebbe stato anche prestanome per quattro appartamenti), Francesco Bonura, con Salvatore Lo Piccolo, come emerge dalle intercettazioni, sarebbe stato in società già nel 1978 quando si occupava di costruzioni edili. Poi il salto nell’industria enologica”. La vicenda, era penalmente iniziata nel 2010 e si è chiusa nel 2014 con l’assoluzione definitiva.

Con troppa frettolosità, sia dall’ufficio misure di prevenzione, sia dai magistrati, dagli investigatori e dai giornalisti, si affibbia l’etichetta di mafioso a buona parte degli imprenditori siciliani che, per una qualche ragione, cosa che in Sicilia è all’ordine del giorno,  si sono venuti a trovare a contatto con settori gestiti da mafiosi. Al proscioglimento penale di Lena non corrisponde ancora una uguale decisione dell’Ufficio Misure di prevenzione. Dopo sedici rinvii Lena aspetta ancora che si prenda in considerazione la sua richiesta di restituzione dei beni. La prossima udienza è fissata alla fine d’ottobre.

L’Abbazia è ancora nelle mani dell’amministratore giudiziario Scimeca il quale sta provvedendo a una vendita-svendita dei beni di Lena per salvaguardare quella parte del complesso rimasta ancora in attività, assieme al vigneto che produce un vino rinomato che in altri tempi, era commercializzato in tutta Europa.

Scimeca è stato capace in quattro anni di prosciugare le risorse dell’azienda e la Saguto gli ha proposto  “una truffetta” per salvare il salvabile, un capolavoro di economia aziendale: «Quando si fa una scissione si conferisce un credito, si possono prendere dei debiti pari al valore dell’azienda. Se io conferisco Sant’Anastasia che vale 100, siccome la nuova impresa risponde solo fino al valore attribuito dei debiti, se io gli attribuisco il valore dell’azienda e gli attribuisco anche i debiti, il valore dell’azienda non esiste praticamente e quindi non risponde più dei debiti e li lasciamo tutti alle società che faremo fallire”. Geniale!

La “Summer Scool”

Presso l’Abbazia, sino al 2015 si è tenuto, in estate, organizzato dall’ordine dei commercialisti, un corso, una “summer scool” per 30 amministratori giudiziari: nel 2014 hanno relazionato l’organizzatrice dott.ssa Saguto, il suo coadiutore prof. Carmelo Provenzano, esperto di transazioni commerciali e studioso delle condizioni psicologiche degli amministratori giudiziari, prof. Fiandaca, il dott. Fabio Licata, collaboratore di Silvana Saguto, Giuliana Merola, già presidente delle misure di prevenzione di Milano e consulente della Commissione antimafia, il dott. Antonio Balsamo, presidente delle misure di prevenzione di Caltanissetta, il dott. Giambattista Tona, anche lui di Caltanissetta, il quale ha detto: «saper amministrare un’azienda dopo il sequestro significa avere la capacità di reinventare competenze diverse e di fonderle tra loro, con un metodo volto al recupero di una visione non solo tecnica ma anche umanistica dell’agire economico; è un’attività assai difficile e non assimilabile né a quella del manager né a quella del libero professionista ma abbisognevole delle prospettive di entrambi». Alla fine pranzo per tutti.

Nel 2015 il corso si è svolto, dal 30 agosto al 5 settembre ed erano presenti oltre 30 relatori tra cui, in buona parte quelli dell’anno precedente, con in più Francesca Cannizzo, Prefetto di Palermo, Piero Grillo, Presidente Sezione Misure di Prevenzione di Trapani, Umberto Postiglione, Direttore Agenzia Nazionale Beni sequestrati e confiscati, Costantino Visconti, Docente di diritto Penale, Università di Palermo. Sempre con mangiata finale pagata dai partecipanti. Dopo le ultime vicende che, a partire dal settembre 2015 hanno coinvolto l’Ufficio misure di prevenzione di Palermo, nel 2016 il corso non ha avuto luogo.

Che l’Abbazia fosse considerata una sorta di resort privato della Saguto lo conferma il prefetto Cannizzo in un’intercettazione del 7 luglio 2015: “Ce ne andiamo, come si chiama, aiutami tu, a quello tuo, al tuo feudo”.

Pare che, negli ultimi tempi, in attesa di una restituzione che dovrebbe essere imminente, Scimeca si sia dato da fare per riportare il bilancio in equilibrio, ma l’azienda non è più quella di prima, non c’è più l’accoglienza che poteva dare un “cinque stelle”, il vino non è più quello di una volta, prodotto con i vigneti dell’abbazia, in quanto è più comodo comprare vino e imbottigliarlo con l’etichetta dell’Abbazia, pertanto anche i vigneti risultano in buona parte abbandonati. Lena ha chiesto il risarcimento per l’ingiusta detenzione subita ed è intenzionato a chiedere anche il rimborso dei danni causati alla sua azienda nei cinque anni di amministrazione giudiziaria.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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