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La storia di Carmelo Patti e dell’impero Valtur

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Due giorni fa è morto a Robbio, all’età di 81 anni, Carmelo Patti, ritenuto uno degli uomini più ricchi d’Italia.

Originario di Castelvetrano, e quindi compaesano di Matteo Messina Denaro, aveva cominciato dal nulla, come venditore ambulante e aveva poi costruito un impero finanziario, creando la multinazionale “Cablelettra” che forniva alla Fiat gran parte dei suoi pezzi del settore dei cablaggi, degli accessori e delle maniglie. Patti fu per quarant’anni uno dei più stimati industriali siciliani, tanto da essere nominato presidente della Gesap che gestisce i più importanti servizi dell’aeroporto “Falcone-Borsellino”. Una specie di industriale antimafia per antonomasia, finché non entrò in contrasto con la signora dell’alcool e di Partinico, Antonina Bertolino.

Tutto cominciò allorchè Patti rivolse la sua attenzione al settore turistico con i villaggi Valtur, si dice a seguito di una specie di transazione sui debiti che la Fiat, con interessi nella Valtur, aveva con Carmelo Patti e che non riusciva a pagare. In un certo momento si arrivò al sequestro di tutti i beni con l’accusa di collusione con la mafia. A incastrarlo fu Angelo Siino, “il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra”, cognato della signora Antonina Bertolino, titolare di una megadistilleria ubicata a Partinico. Angelo fece nei suoi confronti alcune dichiarazioni, cominciando col dire che “Aiutava ed era aiutato da Cosa Nostra e, dalla sua, ha anche il fatto di essere un massone”. Secondo Siino, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, detto “mastru Cicciu u muraturi” “aveva tra le mani Patti, tanto che Bernardo Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”. Tra i beni sequestrati anche il villaggio di Favignana “Punta Fanfalo”, che venne acquistato nel 1998, dopo che la vendita all’asta gli era stata contesa da Emma Marcecaglia, ma senza successo, perché il villaggio era stato acquistato da Desy Ingrasciotta, una sconosciuta ragazza di 21 anni, di Castelvetrano, dietro la quale c’era Carmelo Patti.

La procura di Trapani, tramite l’ufficio misure di prevenzione diretto dal dott. Grillo, trovò che il suo commercialista, Michele Alagna era fratello di Franca Alagna, amante di Matteo Messina Denaro, quella che gli avrebbe dato una figlia, Lorenza.  Alagna curava il settore tributario del Gruppo Imprenditoriale Patti e finì, con lui, sotto processo per una serie di violazioni fiscali. Carmelo Patti, assieme a familiari e soci, fu così travolto in una vicenda che si concluse col il più grande sequestro sinora realizzato, 5 miliardi di euro, comprendente in gran parte la proprietà dei villaggi Valtur e altre strutture in Marocco, in Costa D’Avorio, in Tunisia e in Egitto. Tra i beni sequestrati anche una nave da crociera ormeggiata nel porto di Mazara, ma appartenente al Dipartimento marittimo brasiliano e registrata a Londra.

Nel 2014 l’ultima tegola giudiziaria, una condanna a dieci mesi per non avere versato quattro milioni e mezzo di Iva della Cablelettra nel 2008. In un certo momento Patti cercò di acquistare anche il villaggio turistico “Città del mare” che si trova a contatto della foce del Nocella, un fiume inquinatissimo a causa, a dire di molti, degli sversamenti della distilleria, la cui presenza diventava conflittuale con quella del villaggio, che successivamente venne acquistato da un altro magnate della finanza siciliana, Rosario Basile. Ma ciò che maggiormente diede fastidio alla Bertolino fu che – poco dopo – Carmelo Patti dichiarò che non avrebbe più costruito due villaggi turistici sulle spiagge di Selinunte e Campobello di Mazzara, vicino al luogo in cui la Bertolino aveva in progetto la costruzione di un’altra megadistilleria con soldi pubblici e a fondo perduto (finanziati con la famigerata legge n. 488 dal Ministero all’Industria al tempo gestito dal ministro Bersani).

Il sequestro dei beni della Valtur, è stato poi affidato, in amministrazione giudiziaria, a un terzetto, uno dei componenti era Andrea Gemma, noto amico del ministro della Giustizia Alfano che, all’indomani della sua nomina, dichiarò di provenire dal “Dipartimento di Diritto Privato, il più rosso d’Italia, diretto dal prof. Alfredo Galasso” (cioè dall’avvocato della Bertolino).

L’amministrazione giudiziaria ha portato alla crisi e al fallimento – non ancora definitivo – della Valtur e di tutte le aziende di Carmelo Patti. Facile collegare il sentenziato inquinamento ambientale denunciato da Patti, (del “mare colore del vino”), giudicato incompatibile con lo sviluppo turistico di cui la Valtur è leader indiscusso a livello mondiale. E infatti – poco dopo le dichiarazioni di Patti – la Bertolino fece scattare le sue micidiali dichiarazioni antimafia, supportate da quelle del cognato Siino, alle quali si unirono quelle di altri pentiti.

Malgrado Patti avesse subito dichiarato di “sentire puzza di alcool” nelle accuse di Siino e della Bertolino, la magistratura trapanese lo incriminò per associazione mafiosa disponendo un sequestro che continua sino ad oggi, malgrado, a distanza di 15 anni, non sia ancora seguita nessuna sentenza di condanna. Anzi, un Gip di Trapani si è espresso in maniera piuttosto scettica, non confermando una richiesta dei Pm Trapanesi. Siamo in una zona, quella di Trapani, nella quale la Bertolino molti interessi e dove è stata sempre prosciolta o assolta in noti processi di inquinamento ambientale. Come il “mare colore del vino” denunciato dalla Guardia di Finanza dopo anni di indagine alle saline di Trapani (patrimonio dell’Umanità) e l’inquinamento della zona di contrada “Imbriaca” (tra Mazara e Campobello di Mazara) dove il commissario Carmine Mosca scoprì che venivano scaricati i fanghi industriali della distilleria di Partinico.

Si chiude così l’umana vicenda di un imprenditore legato ad altri industriali nazionali, dagli Agnelli a Berlusconi, a Basile, a Montante alla Bertolino, a Lo Bello e nei cui villaggi turistici hanno soggiornato i più noti politici italiani.

Sullo sfondo c’è sempre l’ombra inquietante di Diabolik, l’imprendibile, u “strocchiu”, colui che ha detto che, con i morti da lui ammazzati si potrebbe riempire un cimitero: Matteo Messina Denaro.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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