A fine gennaio una “passeggiata” neofascista nel quartiere Primavalle a Roma poneva all’indice i migranti e le persone indigenti che vivono nel quartiere come “colpevoli” di ogni degrado e criminalità. Dopo il femminicidio di Pamela a Macerata, e l’atto terroristico neofascista, in poche ore la propaganda xenofoba e razzista ha puntato indice e tutte le altre 19 dita contro i migranti (e chi con loro è solidale) accusandoli indistintamente di essere colpevoli di spaccio di droga, mafia, insicurezza, criminalità e degrado. Arrivando anche ad affermare che è la presenza dei migranti ad aver scatenato l’atto criminale. Gli unici da condannare sono gli africani presenti in Italia. Ad oggi la dinamica non è ancora definita ma la colpa è dei migranti, senza se e senza ma. Emergesse altro sbaglierebbero la realtà e gli inquirenti. Eh si, perché in realtà c’è un altro passaggio delle ultime ore di Pamela che esiste: nelle ore precedenti il suo assassinio c’è chi l’ha pagata per avere un rapporto sessuale. Diventato protagonista anche di un’intervista nel quale il giornalista racconta il suo strazio e il suo dolore …
Avete sentito mezza parola di condanna? Avete visto una mezza unghia puntata? Qualcuno si è posto qualche domanda? Nossignori! Ma se indigna (e deve indignare) a stupire non stupisce più. Perché la Nazione teatro da anni e anni di propaganda xenofobe contro i clandestini che “ci vengono a rubare e stuprare le donne” ( e già questa è un’affermazione ripugnante e nauseante perché una donna è una persona dotata di intelligenza, dignità, rispetto, autodeterminazione … e mai, mai e poi mai deve essere considerata proprietà di un altro … se un uomo pensa che la fidanzata/moglie/convivente/amante/ecc. sia sua proprietà non è un uomo, è un aguzzino disumano…) dove la quasi totalità di violenze, abusi, femminicidi avvengono dentro le mura domestiche, da membri della famiglia e da fidanzati ed è la stessa che ha il record mondiale del “turismo sessuale” criminali contro bambine e bambini di Asia e Africa. Un record che passano gli anni ma non cede minimamente. Un record su cui il silenzio e la scarsa (anzi, quasi nulla) indignazione è pressoché totale. E guai a provare a toccare il mito della nostra “brava gente”, a denunciare che i crimini non hanno colore e nazionalità. Il diluvio di offese, minacce, intimidazioni violente sarà fragoroso. Lo stiamo vedendo appunto anche in questi giorni. Gli antirazzisti e gli antifascisti per i signori del Potere e della Propaganda non dovrebbero neanche parlare. Mentre a destra si giustifica, difende, solidarizza, con il terrorista neofascista.
Silenzio su silenzio. Quello che troppo spesso copre di tutto e di più. Il nemico è il migrante, il nemico è chi calpesta da clandestino il “sacro suolo della Patria”. Sono colpevoli di tutto, basta spazzare via loro è spazzare via mafie, degrado, spaccio, sfruttamento della prostituzione, schiavismo. Buttiamoli fuori e l’Italia sarà sana. Questo il mantra xenofobo dei neofascisti. Ma la realtà è un’altra ovviamente. E la loro propaganda, i loro silenzi, il loro deviare a tutti i costi l’attenzione sul “nemico della Patria” non fa altro che costruire omertà, connivenze, complicità, difendere mafie e violenti, sfruttatori e oppressori, criminali di ogni risma. Perché, basta attraversare piazze e strade, chi si scaglia contro il “nemico della Patria”, chi individua l’unico “colpevole di tutto” nel migrante è lo stesso che china il capo davanti a potenti e potentati di ogni dimensione, che si adatta ad ogni sistema, è colui che col cappello in mano alimenta clientelismo e favoritismi, malaffare e malapolitica. E’ colui che gira la testa dall’altro lato davanti alle Suburra delle nostre periferie, che non andrà mai in difesa del debole che viene quotidianamente oppresso, è quello che non denuncia neanche chi avvelena lui e i suoi figli. E’ quello che, basta che sia dei nostri e che gli faccia cadere qualche briciola, la grande massomafia, quella dei colletti bianchi e dei feudatari criminali, la accetta. Perché gli dona sicurezza, conforto, sostanzialmente gli piace. E guai a chi denuncia, a chi non china il capo. Perché è colui che turba la pax borghese, è colui che crea scandalo, è colui che offende il decoro e insulta la propria terra.
E da qui non si può non far scaturire un’altra considerazione. Perché dagli assassini di Fausto e Iaio a Mafia Capitale c’è un fil noir comune: la presenza di neofascisti in organizzazioni criminali e mafiose. La grancassa della propaganda anche a Roma alla fine, con violenza e arroganza, con menzogne e silenzi interessati, alla fine – anche in questo caso – ha portato avanti il meccanismo già descritto. La colpa è degli immigrati, dei clandestini, dei “negri”. Ma la cupola era, come la definì la Procura inquirente, si nera. Ma nera politicamente. Quella di Roma è una, parole testuali degli inquirenti, una “fasciomafia”. Era la cupola che gravitava intorno all’ex NAR Carminati, era quella difesa da una incredibile campagna innocentista di un quotidiano di quell’area politica. Mentre un altro ha visto addirittura suoi redattori addirittura coinvolti nella stessa inchiesta. È il processo che ha visto protagonista, in aula tra il pubblico e sui social, come difensore di Carminati, autore di insulti e diffamazioni contro Lirio Abbate, L’Espresso e tutti i giornalisti che hanno denunciato “Mafia Capitale” il leader di Militia Maurizio Boccacci (Altre info su Boccacci QUI). Tra i protagonisti della protesta davanti Montecitorio contro lo “ius soli” del giugno scorso e che dopo l’aggressione alla troupe di Nemo su facebook si schierò con Roberto Spada (Leggi la notizia del fatto QUI).
Stiamo parlando della stessa città, tanto per fare un esempio, dell’assassinio del “cassiere di Mokbel” le cui indagini hanno interessato fette della galassia neofascista romana e non solo.
Ma tutto questo non dice nulla di nuovo sotto il sole tricolore. Tra i primi a scagliarsi contro i “clandestini della mafia nigeriana”, a schierarsi con Traini fino ad arrivare ad affermare che pagherà le spese legali c’è un’organizzazione neofascista a cui non solo lui era legata. Ma il cui fondatore è stato condannato (ma non ha mai scontato un giorno di carcere perché per anni si rifugiò all’estero) per banda armata e associazione sovversiva. Di cui lui è stato il capo e che ha forgiato una generazione di stragisti, assassini, rapinatori, sequestratori.
Grancassa della propaganda xenofoba ma se si toccano gli interessi petroliferi e della grande industria nazionale le inchieste su corruzione e crimini diventano colpe dei giudici antipatrioti. Grancassa della propaganda ma i cambiamenti climatici, frutto di lucro e ingrassamento di multinazionali dell’energia e non solo, causa di devastazioni e crimini orrendi nel Sud del Mondo, diventano “il caldo con cui vogliono costringerci a sopportare altri immigrati clandestini”. E alla fine il colpevole diventa innocente e il nemico è sempre lo stesso. Grancassa che si spegne, tanto per fare gli ultimi esempi, davanti alle inchieste di questi giorni su gravissimi reati che coinvolgono persino organi dello Stato (Guarda QUI – che ha portato ad arresti lo scorso 6 febbraio, QUI la notizia del fatto).
Gli immigrati tout court sono colpevoli di reati, violenze, degrado, mafie. La pura civiltà occidentale è minacciata dai pervertiti depravati gay, lesbiche, trans, dal gender che minaccia la famiglia e i nostri bambini. Ma, dopo decenni di stragi neofasciste contro la democrazia e che ha colpito vari luoghi dello Stivale, anche negli ultimi anni l’elenco di attentati, agguati, violenze dei neofascisti è sterminato. Solo tra il 2014 e quest’anno ne sono stati mappati almeno 133, nel 2013 altri episodi di violenze e compresenze li avevamo elencati QUI e non si può non citare la strage di Firenze di due anni prima o l’omicidio di Fermo dell’anno scorso, condito da un’incredibile campagna che tentò di trasformare la vittima in colpevole e il colpevole in uno da giustificare.
Mentre le grancasse della propaganda razzista vanno a più non posso queste alcune delle realtà libiche. Nel dicembre 2016 una missione Onu in Libia accertò che la maggior parte dei 34 centri di detenzione (finanziati e sostenuti anche dall’Italia, così come la locale “guardia costiera”) presenti sono veri e propri lager. E dove i trafficanti agiscono liberamente con la complicità di funzionari e polizia libica. Alcune donne, prima di entrare in Libia, davanti all’altissimo rischio di stupri assumono enormi dosi di anticoncezionali. Cercano così di evitare gravidanze ma si procurano danni irreversibili all’organismo. Dopo aver visitato alcuni di questi centri il commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi non nascose di essere rientrato a dir poco scioccato per quel che aveva riscontrato. Un’inchiesta della giornalista internazionale Nancy Porsia del febbraio dell’anno scorso ha evidenziato la figura chiave nel traffico di esseri umani del capo della guardia costiera a Zawiya: Abdurahman Al Milad Aka Bija.
Al Bija è accusato di avere legami con le milizie di Tripoli che portano i migranti dal Sahara alla costa, prima che siano imbarcati verso l’Italia. Accuse ribadite due mesi dopo anche dall’Oim. Il porto della città è lo snodo centrale di tutta la costa occidentale libica per i traffici di esseri umani e di petrolio.
Mentre le forze militari europee schierate in mare, denuncia la Porsia, “stanno chiudendo un occhio”, solo il traffico di carburanti vale 10 milioni di euro. E “negli ultimi due anni le milizie hanno infiltrato l’amministrazione della raffineria qui, e anche della guardia costiera”. Denunce simili, sempre a febbraio, furono sollevate da un reportage de l’Espresso in collaborazione con l’Unicef. “Ci sono guardie costiere che recuperano i migranti in mare e li vendono alle milizie che li trasportano nelle prigioni illegali. I migranti sono i bancomat di questo Paese. L’Europa vede, ne è consapevole, eppure ha preferito spostare il problema sulle nostre spalle anziché farsene carico. Preferisce non vedere i morti”, leggiamo nel reportage in cui viene riportata anche la denuncia di un poliziotto locale sulla brigata Sharikan, una delle più potenti a Tripoli: “fingono di arrestare i migranti clandestini e li tengono nei loro centri, senza cibo e senza acqua, prendono loro i soldi, li sfruttano, abusano delle donne e poi li trasportano nella zona di Garabulli per farli partire con i gommoni, con la complicità di parte della guardia costiera”.
Si potrebbe continuare ancora per pagine e pagine. Questo è il quadro. E allora non si può non ribadire, è doveroso farlo, la posizione espressa nell’agosto 2013. Sono passati quasi quattro anni ma in realtà è anche cronaca di oggi.
Alessio Di Florio
Associazione Antimafie Rita Atria
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