Il blitz è scattato attorno alle cinque del mattino. Circa duecento finanzieri hanno fatto ingresso dentro vicolo Pipitone, ovvero il luogo dove circa due anni fa le famiglie mafiose palermitane si sono ritrovate per organizzare l’attentato al pm Nino Di Matteo. Non una location qualsiasi se si considera che da questa roccaforte partirono negli anni ’80 i killer per gli omicidi eccellenti, da Pio La Torre a Carlo Alberto dalla Chiesa passando per Ninni Cassarà ed anche Giovanni Falcone, se non fosse poi fallito l’attentato all’Addaura. Nel frattempo hanno fermato Vincenzo Graziano, ritenuto dagli investigatori il “reggente” del mandamento palermitano di Resuttana. Il provvedimento, firmato dal procuratore aggiuntoVittorio Teresi e dai sostituti Francesco Del Bene, Amelia Luise, Anna Maria Picozzi,Dario Scaletta e Roberto Tartaglia.
Secondo quanto raccontato da Galatolo al summit in cui venne dato il via al progetto di morte era presente e assieme ad Alessandro D’Ambrogio (capomafia di Porta Nuova) e Girolamo Biondino (capo a San Lorenzo) lesse la lettera inviata da Matteo Messina Denaro, (“l’attentato va organizzato perché il dottore Di Matteo sta andando oltre e ciò non era possibile anche per rispetto ai vecchi capimafia che erano detenuti”).
Ma l’ex boss dell’Acquasanta lo accusa anche di altro: “E’ lui l’uomo che ha procurato l’esplosivo”.Per il neo collaboratore di giustizia, avrebbe avuto il compito di procurare dalla Calabria 100 chili di tritolo e poi di conservarlo. Finanzieri della polizia valutaria e i colleghi del Gico del nucleo di polizia tributaria cercano ovunque il tritolo con ruspe e georadar. Nel “regno” dei Galatolo vengono messi a soqquadro pozzi, palazzi, stalle e terreni. Intanto il neo pentito prosegue nel suo flusso di coscienza, riempendo pagine e pagine di verbali.
E sul progetto d’attentato emergono nuovi dettagli. “Io mi impegnai con 360 mila euro – ha detto Galatolo – mentre le famiglie di Palermo Centro e San Lorenzo con 70 mila. Biondino definì l’acquisto dell’esplosivo dalla Calabria e dopo l’arrivo a Palermo dopo circa due mesi dalla riunione, fu affidato a Vincenzo Graziano. L’esplosivo, che vidi personalmente in occasione di una mia presenza per un processo a Palermo, era conservato in dei locali all’Arenella”. E di proprietà di Graziano erano proprio quei locali così come la villetta nelle campagne di Monreale dove l’esplosivo sarebbe stato spostato in un secondo tempo. L’ex capomafia ha sempre ribadito che “il progetto d’attentato non è mai stato messo da parte”. Non solo. Ne parlò anche con Vincenzo Graziano (in foto), non in un posto qualunque ma all’interno del Tribunale. “Avevamo pensato di posizionare un furgone nei pressi del Palazzo di Giustizia ma non ritenemmo di procedere perché ci sarebbero stati troppo morti. Pensammo anche – aggiunge il dichiarante -, data la disponibilità della famiglia di Bagheria di valutare se procedere in località Santa Flavia luogo dove spesso il dottore Di Matteo trascorreva le vacanze estive”.
di Aaron Pettinari tratto da Antimafiaduemila
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