Si è tornato a parlare nelle ultime settimane dei fuochi d’artificio a Rancitelli e in altre zone di Pescara. Segnali criminali, tipici delle mafie e di altre organizzazioni criminali, diffusi da lustri e ancor di più dopo il lockdown di cinque anni fa. In quelle settimane, come denunciammo già nelle prime settimane di vita di WordNews.it, i clan hanno cercato di sfruttare l’emergenza sanitaria e sociale per guadagnare terreno, per avanzare in piazze e luoghi i più diversi. Nelle interviste al sociologo Leonardo Palmisano riportammo in maniera approfondita quel che stava accadendo e il simbolismo mafioso (in Abruzzo avvenuto anche in città diverse da Pescara, da Vasto al circondario) nello scetticismo, nell’irrisione e nell’indifferenza di molti. Si potrebbero ancora rintracciare sui social i commenti di chi ha attaccato quella ricostruzione, quel racconto, quella denuncia. Confermata, anni dopo, persino da un’inchiesta antimafia. La prima in cui a clan di Rancitelli è stato contestato il 416bis.
L’ultima inchiesta antimafia, lunghissimo è l’elenco almeno dai tempi di Histonium e Histonium 2 e di altre precedenti già negli anni novanta sulla costa e nell’Abruzzo interno, è del mese scorso. Inchiesta che ha interessato anche il vastese e ha acceso i riflettori sul ciclo dei rifiuti e sulle estorsioni arrivando fino alla Società Foggiana. Una delle quarte mafie, le organizzazioni criminali pugliesi le cui presenze sono state denunciate e documentate da inchieste giudiziarie anche nel vastese e in tutta la costa abruzzese.
Il Teatro Rossetti di Vasto venerdì scorso ha ospitato un incontro su mafia e legalità organizzato dall’Osservatorio Regionale della Legalità, organismo del Consiglio regionale abruzzese presieduto da Francesco Prospero, consigliere regionale e comunale a Vasto. Sono intervenuti la presidente della Commissione parlamentare antimafia, On. Chiara Colosimo, il senatore Etel Sigismondi, anch’egli membro della Commissione antimafia, il prof. Leo Nodari, cofondatore del Premio Paolo Borsellino, e l’avv. Fabio Trizzino, legale dei figli di Paolo Borsellino. I saluti istituzionali, assente il sindaco Menna, sono stati affidati ad Anna Bosco, assessora alle politiche sociali, e alla presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, avv. Maria Sichetti. A rappresentare l’Osservatorio regionale, in qualità di promotore dell’iniziativa, è stato Francesco Prospero. L’incontro è stato moderato dal giornalista Pietro Lambertini, de Il Centro e Rete 8.
Colosimo nel suo intervento ha portato all’attenzione dei numerosissimi presenti anche la presenza lungo tutta la costa adriatica delle nuove mafie, di organizzazioni criminali che vedono negli stupefacenti il mercato criminale più florido. Ma non si fermano al solo spaccio, s’infiltrano nel tessuto economico, riciclano capitali, arrivano ovunque ci sono ricchezze depredabili. Mafie albanesi, negli anni prima della pandemia ci furono diverse operazioni antimafia sul narcotraffico che documentarono la rotta Albania-Puglia-vastese. Clan più o meno autoctoni che dall’Abruzzo e dal Molise sono giunte anche nel cuore della Capitale (di recente si è tornato a parlare, per la partenza del progetto di riutilizzo sociale avviato dall’Amministrazione Comunale, della villa confiscata ad appartenenti alla famiglia Casamonica), e sono evidenti – ha sottolineato la presidente Colosimo – presenze di camorra e ‘ndrangheta. Tra le altre mafie presenti in Abruzzo ci sono le mafie nigeriane, il cui principale traffico criminale è quello dello sfruttamento della schiavitù sessuale, come attestano varie operazioni delle forze dell’ordine. Le prime sono datate quasi quindici anni fa e arrivarono dopo le denunce di Lilian Solomon (nella foto di copertina di quest’articolo), la cui vita abbiamo ricordato tante volte in questi anni, totalmente dimenticata in questa Regione quasi quattordici anni dopo la sua morte. È di ieri la notizia dell’operazione partita da Brescia contro un traffico internazionale di droga da America del Sud, Olanda e Marocco a Brescia e da lì nelle piazze di spaccio di tutta Italia. Tra le diciassette province coinvolte anche quella di Chieti. Sono state disarticolate due distinte organizzazioni dedite al traffico di sostanze stupefacenti, una delle due era legata ad esponenti di ‘Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra, Stidda (l’organizzazione mafiosa siciliana contrapposta alla più nota Cosa Nostra) e Sacra Corona Unita. Le indagini erano partite tre anni fa e hanno interessato 87 indagati, 19 gli arresti in flagranza di reato sono stati sequestrati 135 chili circa di cocaina, 90 chili di hashish e 3 chili di marijuana nonché 2 pistole del tipo revolver calibro 45 con matricola abrasa, contestato lo spaccio di 2000 chili circa di cocaina, 1500 chili di hashish e 700 chili di marijuana. «Gli stupefacenti, trasportati via mare e su gomma anche attraverso società compiacenti, sono stati rinvenuti in abitazioni, autovetture, in un caso all’interno di una delle cisterne di un autoarticolato destinato al trasporto del latte – riporta la Polizia di Stato – ad aprile 2023 è stata scoperta e sequestrata, nelle campagne della provincia di Reggio Calabria, una raffineria clandestina per il taglio ed il confezionamento di cocaina, attività che veniva svolta da cittadini colombiani giunti appositamente». «Il primo gruppo criminale in provincia di Brescia gestiva un traffico internazionale di droga importando cocaina dalla Colombia con la complicità di un contatto locale legato al potente “clan del Golfo”, organizzazione criminale colombiana, l’hashish arrivava invece dal Marocco, transitando per la Spagna, dove uno dei latitanti ricercati aveva trovato rifugio – hanno reso noto gli inquirenti – il secondo gruppo criminale aveva legami familiari con le potenti famiglie di ‘Ndrangheta Nirta e Strangio di San Luca, oltre a collaboratori albanesi, avevano stabilito il loro quartier generale a Gussago, in provincia di Brescia, trasformandolo in un centro di stoccaggio per la droga proveniente dall’estero, destinata alla distribuzione in tutto il Paese». Già in passato arresti sono stati eseguiti nelle carceri abruzzesi, la settimana scorsa è accaduto a Sulmona e almeno due volte negli ultimi anni a Lanciano. Nel dicembre 2022 destinatario dell’ordinanza fu Umberto Bellocco che continuava dalla cella a guidare la cosca di Rosarno, al centro dell’operazione un patto siglato in carcere con il clan Spada di Ostia. Nel gennaio 2024 destinatario di un’ordinanza fu un detenuto del carcere di Lanciano imparentato con esponenti del clan di Porta Nuova a Palermo.
Leo Nodari ha raccontato oltre trent’anni di Premio Nazionale Paolo Borsellino, l’impegno pluridecennale per la legalità e ha ricordato anche episodi gravi e violenti come l’aggressione subita in occasione dell’edizione del premio del 2009. Un saluto e spunti di riflessione sono venuti dall’avv. Maria Sichetti, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, dall’intervento del prefetto Gaetano Cupello e dal saluto (assente il sindaco Menna) istituzionale dell’assessora alle politiche sociali Anna Bosco che ha ricordato l’avvio del progetto Housing First nella villa confiscata ad appartenenti ai Casamonica, il murales realizzato all’esterno del liceo socio-pedagogico e il rapporto speciale della città con la famiglia Fazio che ha portato all’intitolazione di un parco alla memoria di Michele Fazio, assassinato ad undici anni a Bari. La notizia della villa confiscata ai Casamonica due anni fa l’ennesima conferma di quel che denunciamo e documentiamo da anni: certi clan sono presenti, agiscono e sono protagonisti criminali del nostro territorio. I Casamonica, così come le tante famiglie con cui sono imparentate o affini, ci sono. Con tutto quel che comporta. Lo gridiamo da anni, lo andiamo ripetendo, non ci accontentiamo di frasette il 21 marzo o in altre occasioni comandate. Ma è un grido troppo spesso nel deserto. L’immobile sequestrato ai Casamonica diventerà una casa per chi vive ai margini della società, sarà liberato e restituito alla società, pezzi dello Stato fanno fino in fondo quel che dovrebbe essere sempre il loro ruolo.
La maxi inchiesta condotta dalla DDA di Campobasso ha coinvolto anche personaggi già in passato coinvolti in precedenti operazioni tra cui “Isola felice”. «La relazione della DIA evidenzia l’importanza preziosissima del “metodo Falcone”. Quel metodo che, tra le altre, ci insegna che per indagare sulle mafie è necessario seguire i “soldi”, i flussi economici e finanziari. Sono passati più o meno dieci anni dalle interrogazioni presentate in Senato dall’ex magistrato Giuseppe Di Lello** e alla Camera da Maurizio Acerbo (entrambi di Rifondazione Comunista). Interrogazioni che ancora oggi dovrebbero essere attuali e avere risposte convincenti su quel che si è mosso, si muove e si muoverà. Certi soldi non spariscono improvvisamente. Di quei capitali che ne è stato? Cosa accade quotidianamente intorno a noi, quali movimenti ci sono? Oggi quei movimenti dove e come avvengono? […]
Droga, rifiuti, traffico d’armi, estorsione, corruzione, appalti, sfruttamento della prostituzione, caporalato e lavoro nero(da parte di “tanti onesti imprenditori e lavoratori” che però hanno il “vizio” di non capire perché gli operai hanno diritti e salari degni), in Abruzzo l’attività è fiorente e l’elenco è sterminato. I traffici della prostituzione e delle droghe esistono perché qualcuno li alimenta. E le risposte sono nelle “tiepide case”, nei borghesi divani dell’alta società, nei padri, fratelli, figli di “buona famiglia” nel jet set della “città bene”. La stessa che regala soldi alle mafie il sabato sera in ben conosciute stanze d’albergo o ai margini di viali altrettanto noti. O in un quartiere in riva al mare quasi al confine del Molise (dal nome di ninfe greche …) dove tutti sanno è fiorentissimo il mercato della prostituzione. E di piazze e piazzette dello spaccio, tra un casale e l’altro, chiunque sa. […] In Abruzzo e in Molise, invece, quelli che in passato venivano registrati come segnali di una presenza delle cosche, grazie alle evidenze investigative raccolte nel semestre con l’operazione “Isola Felice” sono diventati tasselli importanti della continua strategia espansionistica della ‘ndrangheta verso regioni – o nazioni – solo all’apparenza meno “appetibili”. […] nel 1997 il procuratore generale della Corte d’Appello Bruno Tarquini disse “la cosiddetta fase di rischio è ormai superata e si può parlare di una vera e propria emergenza criminalità, determinata dall’ingresso di clan campani e pugliesi anche nel tessuto economico”, due anni fa la stessa DIA scrisse che in Abruzzo ci sono “imprenditori senza scrupoli che potrebbero rappresentare un’efficace testa di ponte per i gruppi camorristici”».
(«Mafie, cullarsi nella favola vecchia dell’isola felice e nel silenzio delle coscienze assopite è di fatto complicità», 11 settembre 2017)
«È un dato certo che molte piazze di spaccio del vastese e di altre zone dell’Abruzzo si riforniscono dai clan mafiosi del foggiano, sottolinea Laronga, e sono certi investimenti nella “economia legale” anche in Abruzzo […] Un’ulteriore conferma della penetrazione dei clan pugliesi in Abruzzo è riportata nell’ultima relazione della DIA […] riportando le risultanze delle indagini che hanno portato ad eseguire provvedimenti cautelari il 17 gennaio 2020 la DIA evidenzia che hanno “riguardato un traffico di droga organizzato da due gruppi criminali armati, entrambi attivi dal luglio 2015, il primo operante nei territori tra Andria, Barletta e Cerignola (FG), l’altro nelle province di Foggia, Chieti e Pescara […] Gli ultimi mesi del 2020 sono stati segnati dalla maxi operazione Decimabis, una delle più vaste ed imponenti contro le quarte mafie e che ha documentato un loro ulteriore salto di qualità. Un’operazione figlia di Decima Azione, avvenuta due anni prima, che coinvolse pesantemente il vastese, soprattutto San Salvo”».
(«Piazze spaccio del vastese si riforniscono da clan foggiani, accertati investimenti in Abruzzo», 25 agosto 2021, nostra intervista al procuratore aggiunto di Foggia Antonio Laronga)
«Per tutta la costa adriatica, fino a San Salvo o alla bonifica del tronto nominata quasi solo per squallide battute maschiliste, ci sono quartieri in mano allo spaccio, luoghi dove prolifera la prostituzione. Comuni dove personaggi più o meno pregiudicati inquinano la vita sociale a furia di botte e violenza. Basta semplicemente avere l’unica colpa di essere in un momento in una piazza, o in una strada, in una determinata sera e si può essere pestati. La stessa legge di Ostia. La Ostia degli Spada. Quest’estate due diverse maxi operazioni hanno colpito cupole del traffico di droga tra Vasto, San Salvo, Casalbordino e dintorni. E nella prima il cognome Spada è saltato fuori. Ma questo dato sulla cronaca, e nei commenti politici, cittadini, dei social infestati dai leoni da tastiera, non è stato minimamente considerato. Così come subito si è cercato di far silenziare l’attenzione sull’altra operazione. Che coinvolge giovanissimi, che ha colpito organizzazioni che stavano prendendo il predominio sul territorio. Un territorio che ormai da decenni ha sempre visto clan in odor di camorra e ‘ndrangheta pesantemente presenti».
(«Mafie in Abruzzo. Cos(t)a nostra: il ventre oscuro che divora sempre più di traffici illeciti, violenze e … colletti bianchi», 29 ottobre 2018)
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