È confermato il provvedimento con il quale nel maggio dello scorso anno è stato disposto lo scioglimento del Comune di Borgetto (Palermo). L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall’ex sindaco Gioacchino De Luca. Il provvedimento di scioglimento degli organi amministrativi fu disposto dal Consiglio dei ministri, su proposta dell’allora Ministro dell’Interno Marco Minniti. La cittadina siciliana – secondo quanto riportò una nota – era stata oggetto di scioglimento ordinario e affidamento a un commissario straordinario a causa delle dimissioni rassegnate dalla quasi totalità dei consiglieri; e all’esito di accertamenti erano emerse forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata. Di lì è nato un contenzioso amministrativo adesso deciso con sentenza.
Il Tar dà atto nel suo provvedimento che, al termine del lavoro d’indagine della Commissione d’inchiesta, era emersa “l’esistenza di forti legami a diverso titolo intercorrenti tra alcuni amministratori e dipendenti dell’amministrazione comunale ed esponenti della criminalità organizzata, tali da determinare uno sviamento dell’operato dell’ente dalle sue finalità istituzionali e la sottomissione dello stesso agli interessi e alle logiche illecite”.
Con il ricorso si contestava la complessiva lettura dei fatti posti a fondamento del provvedimento di scioglimento. Per il Tar, però, “la concreta permeabilità degli organi elettivi a logiche e condizionamenti mafiosi è stata ricavata dalla lettura di una pluralità di indici, la cui complessiva significatività non appare scalfita dall’esito delle indagini penali”. Una serie di indicazioni specifiche hanno portato i giudici a osservare che “il provvedimento gravato ha correttamente individuato la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano l’adozione” del provvedimento di scioglimento di un’amministrazione comunale, “evidenziando, con argomentazione logica e congruente, la sussistenza di una significativa rete di collegamenti e vicinanze, dalla quale si è logicamente inferita l’esistenza del condizionamento”.
Una ulteriore conferma del fatto che Pino Maniaci aveva ragione sulle collusioni con Cosa nostra all’interno dell’amministrazione di Borgetto. “Non è e non è mai stato un estortore, in particolare non ha mai estorto denaro cercando di impaurire le sue presunte vittime sulla base di notizie false, inventate allo scopo”, ha dichiarato lo scorso anno Antonio Ingroia, difensore con l’avvocato Bartolomeo Parrino del giornalista di Telejato. “La banale verità – aggiunge l’ex pm – è che Pino è un giornalista bravo, che sa trovare le notizie, e che nel caso del sindaco di Borgetto ha semplicemente pensato bene di avvisarlo affinché facesse pulizia all’interno del suo Comune, liberandosi di quelle presenze mafiose che hanno portato poi allo scioglimento. Pino non ha commesso alcun reato, tanto più che poi la linea del suo tg non è affatto cambiata. Chissà come mai – conclude Ingroia – quando la stessa cosa le fanno certi giornalisti vengono celebrati come grandi firme, esempio di impegno civile, se la fa invece Pino Maniaci va a processo per estorsione”.
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