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E bravo il Monsignore! Un fiume di denaro è finito nelle tasche dell’ex vescovo di Trapani

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Un fiume di denaro è finito nelle tasche dell’ex vescovo di Trapani, mons. Miccichè, oggi sotto processo

Con  i fondi dell’8 per mille, attraverso giri complicatissimi di fatture false, falsi bonifici, giroconti e altri espedienti, la Guardia di Finanza, con un certosino lavoro d’indagine è riuscita a ricostruire un impressionante quadro che vede l’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè indagato per appropriazione indebita, malversazione, diffamazione e calunnia. Cominciamo con la sua lussuosa villa a Monreale, dove si trova anche un bed & breakfast e dove il prelato si è trasferito assieme alla sorella e al cognato. Dentro sono stati trovati quadri, crocifissi, gioielli, opere d’arte varie e altro materiale sacro proveniente dalle chiese di Trapani, per un valore di oltre due milioni di euro. Ma questo è solo l’inizio. Il Monsignore è anche proprietario di un’altra villa a Trabia e di un appartamento nella centralissima via Roma a Palermo, tutto comprato con i suoi risparmi, ovvero con i soldi destinati alla diocesi di Trapani.

La Caritas? Avrebbe dovuto ricevere 100 mila euro per aiutare le parrocchie, ma non ha ricevuto una lira. Il centro di accoglienza per migranti di Badia Grande? Ancora aspetta 70 mila euro, anziché aspetta contributi che non arrivano da dieci anni. Addirittura, anche sul conto della banca vaticana, lo IOR, sono stati trovati, intestati al vescovo emerito 400 mila euro. E proprio al Vaticano, cioè a Papa Francesco, con cui si è incontrato qualche giorno fa (nella foto), il 9 dicembre, Miccichè avrebbe chiesto aiuto, cioè avrebbe chiesto di  avere la cittadinanza vaticana per sottrarsi alla giustizia italiana, ma dal Vaticano non è pervenuta ancora nessuna risposta. A vuotare il sacco è stato il compagno di merenda del vescovo, Sergio Librizzi, già direttore della Caritas, nonostante il Monsignore avesse cercato di scaricare tutti gli ammanchi, cioè, come si dice più chiaramente, “gettarla in culo” al suo economo, don Antonio Treppiedi, ed è per questo che si è beccata anche la denuncia per calunnia. Don Librizzi rappresenta un altro esemplare di degrado umano: è stato condannato a nove anni perché adescava i bei ragazzotti che venivano al centro di raccolta degli extracomunitari e chiedeva loro prestazioni sessuali in cambio della promessa di fare avere loro il permesso di soggiorno. In cambio del suo silenzio Miccichè lo avrebbe obbligato a firmare le false fatture che giravano fiumi di denaro nelle sue tasche.

Insomma, se Papa Francesco ha promesso di far pulizia, sembra che debba attrezzarsi bene di scope, aspirapolvere, lavatrici, pompe a getto, acidi e detersivi. Di sporcizia, anche dentro la chiesa, che dovrebbe essere la casa e la chiesa dei poveri, ce n’è tanta da suscitare schifo e disgusto.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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