Già nell’anno precedente, il 2013, i siciliani avevano destinato al primo posto il magistrato di Palermo. Questa volta a piazzarsi subito sotto in classifica Pietrangelo Buttafuoco, autore del libro “Buttanissima Sicilia”.
“La stima di tanta gente mi sorprende sempre” ha commentato Di Matteo dopo i risultati del sondaggio, anche se questa “stride con la disattenzione, il sospetto di parte delle istituzioni e il malanimo di qualche opinionista pronto ad attaccare l’operato mio e dei miei colleghi anche mistificando la realtà”.
Di Matteo, da anni sotto scorta, titolare insieme ai colleghi Del Bene, Tartaglia e Teresi del processo trattativa Stato-mafia, già nel 2013 è stato condannato a morte da Totò Riina, che in carcere ha dichiarato di voler organizzare un attentato come ai tempi delle stragi di Falcone e Borsellino. Nei mesi scorsi, con il processo trattativa che procede inesorabilmente in avanti, le rivelazioni del neopentito Vito Galatolo, ex boss dell’Acquasanta, hanno rivelato l’effettiva esistenza di un piano di morte contro Di Matteo. E l’acquisto del tritolo per realizzarlo. Una serie di vicende che hanno innalzato lo stato d’allerta in tutta la Procura di Palermo e soprattutto attorno al magistrato, cui nonostante tutto ancora non è stato destinato il bomb jammer (malgrado le promesse del ministro Alfano) il dispositivo che intercetterebbe l’azione di un telecomando collegato all’esplosivo. “Penso, in generale – ha continuato Di Matteo – che il sondaggio sia l’ennesima conferma che tanti cittadini abbiano dimostrato di capire, a differenza di una parte della politica, che la lotta al sistema mafioso e alla corruzione dilagante dovrebbe essere il primo obiettivo”. Il pm ha sottolineato l’importanza di avere a disposizione le stesse armi per combattere l’ala militare della criminalità organizzata anche per la corruzione e la collusione con il potere. Ma, ha commentato, “non credo che ciò si voglia realizzare. Quando si scoprono e si provano i reati contro la pubblica amministrazione ci si scontra comunque con un quadro di sostanziale impunità a causa del regime in vigore sulla prescrizione dei reati e dei, troppo frequenti ed ingiustificati, provvedimenti di indulto”. E sull’escalation di minacce e condanne a morte, culminate con la rivelazione di un piano per ucciderlo: “Ci sono più elementi probatori, e tutti di particolare rilevanza, che prospettano una situazione di rischio grave, concreto e attuale. Non voglio dire altro se non che, più del fatto di rischiare la vita, mi amareggia profondamente constatare che qualcuno, ancora oggi, si accosti a questi problemi con spirito di pregiudiziale sottovalutazione. Sembra paradossale, ma certe volte sembra che qualcuno ti chiami a ‘difenderti’ e fornire spiegazione per giustificare il fatto di essere nel mirino dei capi di Cosa nostra e forse di qualcun altro”. Nonostante tutto, Di Matteo si ritiene ottimista: “Sono convinto che la voglia di onestà, uguaglianza e verità che proviene da tanti giovani prima o poi cambierà le cose”.
di AMDuemila – tratto da www.antimafiaduemila.com– 5 gennaio 2015
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