Corleone: l’ombra di Riina e Provenzano dietro lo scioglimento del Comune
L’ombra dei padrini dietro lo scioglimento per mafia del consiglio comunale di Corleone
I successori
Lo scioglimento del Comune di Corleone ha destato scalpore, e non poteva non farlo: da un lato è quasi scontato pensare che il paese ha una lunga storia di mafia, a cominciare dagli assassini di Bernardino Verro, a quelli di Placido Rizzotto e quindi ai vari Navarra, Liggio Riina, Provenzano, Bagarella ecc. Finita la stagione delle stragi e venuto meno lo strapotere dei Corleonesi, sembrava del tutto logico che ci fosse chi ne aveva raccolto il testimone. Le indagini hanno individuato i fratelli Mario, Francesco e Giovanni Grizzaffi, come i continuatori degli interessi di Totò Riina, essendo questi figli della sorella Caterina. In particolare Francesco Grizzaffi ha assunto la carica di capomandamento di Corleone. Gli interessi di Provenzano sono finiti invece nelle mani di Carmelo Gariffo, detto “u Biunnu”, un nipote anche lui, figlio di una sorella, Maria. Anche lui è stato reggente della famiglia di Corleone tra il 1996 e il 2002. Scarcerato nello stesso anno, si è rivelato, scrivono i carabinieri, “refrattario a qualunque forma di rieducazione”. Costui era ragioniere della cooperativa “Millennium”, incaricata della raccolta dei rifiuti: una volta cessato il rapporto contrattuale col comune, la Millennium ha continuato a svolgerlo con la tecnica molto cara agli amministratori locali, dell’affidamento diretto ad altre ditte che erano esternazione della Millennium, alla quale erano state sospese le certificazioni antimafia. Quando Grizaffi e Gariffo sono finiti in carcere il ruolo di capo mandamento è stato assunto da Rosario Lo Bue, detto “Chiumminu” (Piombino) cognato di Grizzaffi e genero di Gariffo, anche lui coinvolto in una serie di arresti, ritorno in libertà e obbligo di soggiorno. Pare che Lo Bue tenesse sotto controllo anche la “famiglia” mafiosa di Palazzo Adriano, attraverso il suo capo, un certo Antonino Di Marco, funzionario del comune di Corleone, definito nelle indagini “Capo carismatico e molto determinato con una vasta conoscenza delle dinamiche di Cosa Nostra e dei suoi affiliati” e fratello di Vincenzo, anche lui un fedelissimo di Riina, al punto che faceva da autista e Ninetta Bagarella. Adesso arriva lo scioglimento: ma Leoluchina è o è stata la sindaca della mafia?
Le parentele
Le sue parentele sono sospette: la madre, originaria di Bagheria, è imparentata, da quanto risulta dalla relazione prefettizia con soggetti coinvolti in accuse di associazione mafiosa. Si cita anche un nipote pluripregiudicato per reati contro la persona e il patrimonio, responsabile dell’omicidio della convivente e condannato a sedici anni di carcere. Uno dei fratelli del sindaco è stato più volte denunciato per ricettazione, furto d’acqua, caccia abusiva, detenzione di armi e munizioni, ed è in stretti rapporti con Leoluca Lo Bue, figlio di Rosario, attuale capomafia corleonese, con il quale, nel 2012, avrebbe partecipato a una cena elettorale in favore della Savona, poi eletta. Per di più Leoluchina è stata cresimata dalla cognata di Rosario Lo Bue, una delle cui sorelle è sposata con Grizaffi, nipote di Riina, mentre il fratello minore di Leoluchina è stato battezzato da Rosario Lo Bue e dalla moglie, che è sorella della madrina di Leoluchina. Particolare scalpore ha fatto la dichiarazione di una laurea che non c’era, vicenda per cui il sindaco è stata denunciata da quello che poi diventerà il suo vicesindaco. Nella Giunta Comunale un assessore è nipote di un noto capomafia di Marineo, che ha dato assistenza a Bernardo Provenzano ed è stato frequentemente visto in compagnia di Giuseppe Salvatore Riina e di Antonino Ciavarello, rispettivamente figlio e genero di Totò Riina. Un altro assessore è stato notato in compagnia di Francesco Grizaffi e Antonino Gariffo, cugino di Carmelo. Ha fornito macchine di grossa cilindrata ad Angelo Provenzano ed è in ottimi rapporti con il boss di Marineo, sotto il cui controllo avrebbero agito i Virga, cui è stato poi sequestrato l’intero patrimonio. Il padre di un altro assessore è cugino di Bernardo Provenzano e cugino di Bernardo Riina, fiancheggiatore di Provenzano: suo fratello è stato tratto in arresto per traffico di sostanze stupefacenti. Gli altri assessori hanno parentele sospette, uno con Liborio Spatafora, già in carcere per associazione mafiosa e riciclaggio, l’altro con i fratelli Giacomo, Giovanni e Giuseppe, della cosca di san Lorenzo di Palermo, per non parlare di una inquietante amicizia con Giovanni Marino, nipote di Luciano Leggio, già in carcere per associazione mafiosa e omicidio. Al comune lavorano 233 persone, di cui 66 a tempo indeterminato, 102 ex-articolisti e 66 lavoratori ASU. Secondo le indagini svolte, diversi dipendenti comunali sono imparentati con noti mafiosi.
Anomalie
Sulla raccolta dei rifiuti sono state trovale le anomalie più grosse, in quanto il sindaco, dopo il fallimento dell’ATO ha disposto diversi interventi sussidiari, incaricando, con la solita scusa dell’emergenza sanitaria, la solita ditta, con sospette ingerenze mafiose, e consentendole il nolo degli automezzi da febbraio a settembre 2015. Nel momento in cui è stata bandita la gara per la raccolta sono state invitate sei aziende, ma ha vinto una ditta di Bolognetta. Tutte le operazioni sono state condotte in assenza di competenti uffici comunali, con affidamenti diretti del servizio, saltando le competenze del Consiglio Comunale.
Altrettanto sospetta, nel 2015, l’istituzione di due nuovi settori, settore VII, igiene ambientale, e settore VIII, “Cultura e sviluppo economico”, affidati a due cugini di Carmelo Gariffo, uno dei quali si è occupato subito della raccolta dei rifiuti, che invece era di competenza del capo dell’Ufficio Tecnico comunale. Anche l’ultimo appalto, per 195 mila euro, della durata di tre mesi, è stato fissato con un prezzo molto basso, in modo da non rientrare, come già è successo a Borgetto, nei limiti fissati dalla normativa europea. Poiché nessuna delle quattro ditte partecipanti aveva i requisiti, tutto è continuato come prima, con la vecchia ditta che ormai gestisce tutto da anni. Di fatto i cittadini di Corleone pagano un tributo altissimo per la raccolta dei rifiuti. Per il resto il rapporto del prefetto elenca una serie di manovre estorsive, dietro a cui c’è il capomandamento Rosario Lo Bue e che si estendono a Palazzo Adriano, a Prizzi, a Marineo. Altra pagina è quella dell’assegnazione dell’incarico di riscossione dei tributi, senza che sia stata indetta neanche la gara, alle società INFOTIRRENIA e CONSORTILE ESPERIA il cui referente, nei rapporti con Corleone, Francesco Chinnici è il cognato del capomandamento di Belmonte Mezzagno Antonino Spera, nipote del braccio destro di Provenzano, Benedetto, da tempo in carcere. Questa agenzia ha omesso di riscuotere i tributi, ha affidato l’incarico a un’altra, sono stati saltati tutti i passaggi di legge e il Comune non ha ottemperato alle indicazioni dei Revisori dei Conti. Riassumendo, l’esternalizzazione del servizio ha causato al Comune un calo di riscossione dei tributi dal 73 al 25%. Un altro argomento poco chiaro è quello della richiesta di assunzione di Carmelo Gariffo, in quanto ex detenuto in riabilitazione, grazie alla segnalazione di un assessore, di un consigliere comunale e alle pressioni di Rosario Lo Bue, attraverso il dipendente comunale Antonino Di Marco, capomafia di Prizzi, in un appalto per la realizzazione del campo polivalente coperto, intestato a Giuseppe Letizia, il bambino ucciso ma Michele Navarra in quanto testimone dell’omicidio di Placido Rizzotto, per un importo di 402 mila euro. Le pressioni nei confronti della ditta alcamese che aveva vinto l’appalto, andarono a vuoto, malgrado ci fosse dentro anche il sindaco, che avrebbe dovuto passare la pratica all’assistente sociale. E infine al comune di Corleone viene contestata l’omessa costituzione di parte civile nel processo contro il dipendente Antonino Di Marco, arrestato il 24 settembre 2014 e condannato a 12 anni per reati di estorsione e associazione a delinquere di stampo mafioso. Il Di Marco, non è stato neanche rimosso dal suo posto, in attesa degli sviluppi giudiziari, mentre il sindaco si è difeso dicendo di non essere stata avvisata di essere persona offesa.
Un lungo elenco
Sarebbe troppo lungo enunciare i vati affidamenti diretti di lavori comunali per trattativa privata, per affidamento diretto, a parenti di mafiosi, dell’assegnazione di 26 case popolari con ordinanza sindacale, a soggetti occupanti abusivi, con precedenti e procedimenti penali in corso, l’erogazione di contributi a società vicine alle cosche mafiose, alla squadra locale di calcio, a un’associazione che ha organizzato una manifestazione equestre per le vie del paese, senza il pagamento del suolo pubblico. Il nome dei fratelli Grizaffi, nipoti di Riina, ricorre persino nella partecipazione alla manifestazione Interfood 2013 della ditta Vini Gennaro: la manifestazione doveva tenersi a San Pietroburgo e ai partecipanti era richiesto il versamento di 1499 euro, ma non venne fatto nessun bando e il comune pagò addirittura la quota di partecipazione alla Vini Gennaro dei Grizzaffi. E infine, ciliegina sulla torta, l’assunzione della figlia di Rosario Lo Bue come assistente igienico personale (cosa vuol dire non si capisce: dovrebbe trattarsi di qualcuno che pulisce il culo o qualche altra cosa a una persona) alla scuola media statale di Corleone. Il funzionario comunale responsabile ha dichiarato ai carabinieri di avere dimenticato di affiggere il bando all’albo e, dal momento che era pervenuta una sola istanza, di avere proceduto all’assunzione.
Ultima storia: alcuni imprenditori romani del settore lattiero-caseario avevano espresso l’intenzione di raccogliere il latte prodotto nell’alto Belice presso un punto di raccolta in contrada Noce a Corleone, prima di trasferirlo a Roma per la lavorazione e immetterlo nella distribuzione. Il progetto non esitava a mobilitare i vari capimafia della zona, da quello di Santa Margherita Belice a quello di Chiusa Sclafani, oltre, naturalmente il solito Rosario Lo Bue di Corleone. Organizzatore e patron dell’incontro il fratello della sindaco Savona, la quale si sarebbe poi adoperata a far visitare gli impianti agli imprenditori romani. Va detto che questi, spaventati da tanti lupi affamati che progettavano di pagare ai produttori il latte a un prezzo più alto per monopolizzare la produzione, si sono ritirati e sono letteralmente scomparsi. Alla faccia della mafia che “dà lavoro”, non se n’è fatto niente. Ci sono una serie di altri piccoli episodi, che vanno dall’appalto per la mensa comunale a disinvolte delibere che elargivano con facilità il denaro pubblico, che lasciano pensare come la decisione di sciogliere il Comune non sia del tutto sbagliata, e che non c’entra niente la famosa sosta della statua del santo davanti alla casa della moglie di Totò Riina. E tuttavia va anche considerato che il reticolo di parentele in un piccolo comune è talmente intrecciato, da rimanervi comunque invischiati e che la parentela teoricamente non vuol dire niente, se non ci fosse l’inveterato vizio di pensare alla famiglia, “a famigghia”…. Non si sa ancora quanto durerà il commissariamento del Comune: di sicuro, quando decide una sola persona al posto di coloro che sono scelti dai cittadini, c’è un vuoto di democrazia, ma se la democrazia è affidata alla gestione “tra amici”, difficilmente ci si potrà liberare di secolari mali che imbavagliano il diritto di tutti e lo fanno diventare privilegio di pochi. Sarebbe ingeneroso e scorretto criminalizzare tutto il paese, poiché negli anni passati si è assistito a un percorso di riscatto, dalla sindacatura di Cipriani, a quella di Jannazzo, che, misteriosamente non ha voluto ricandidarsi. La rimossa sindaca, Leoluchina Savona, è stata eletta solo con una differenza di 12 voti rispetto a Pippo Cipriani, che aveva tentato l’avventura per la terza volta. Chiaro segno di un paese spaccato, in misura uguale, in due parti ben distinte.