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Che fine hanno fatto i mafiosi di Borgetto arrestati con Maniaci?

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In questi giorni i solerti giornalisti locali e non sono stati affaccendati a trasmettere intercettazioni e filmati su Pino Maniaci.

A parlare dell’estorsione di 466 euro al sindaco di Borgetto, di quella di 200 euro al sindaco di Partinico, con imposizione di assunzione della presunta amante, a cercare morbosamente  notizie di una relazione extraconiugale, o altre informazioni che dimostrassero come tutto il mondo politico fosse ostaggio di uno spregiudicato puparo che ricattava tutto e tutti  minacciando la diffamazione o la distruzione dell’immagine dei poveri malcapitati che gli capitavano sotto tiro, attraverso la sua emittente Telejato. È ancora da chiarire perché le indagini, se mai ce ne sono state, relative alla denuncia per il massacro dei due cani di Maniaci, non hanno prodotto risultati, se i due cani sono stati uccisi da un certo BUA, noto come lo scemo del paese, o da un certo M., indicato come compagno o marito, secondo Maniaci tossico e disoccupato, di V.C, la ragazza, con figlia portatrice di handicap, per la quale Maniaci avrebbe perso la testa e consumato il reato, assieme a un assessore di Partinico, di adoperarsi affinché gli fosse messa a disposizione una carrozzella. Oppure se ad uccidere i due animali non siano stati non identificati mafiosi che volevano mandare un segnale a Maniaci.

In tutto ciò, tra la ricerca morbosa del gossip e un coro quasi universale di condanne già emesse prima dell’inizio della fase processuale, tutti i giornalisti si sono dimenticati che Maniaci è stato messo dentro questa indagine assieme ai componenti di una cosca mafiosa locale, da lui costantemente sputtanati: secondo gli autori degli arresti l’intenzione era quella di far credere all’opinione pubblica che egli non era diverso dai mafiosi arrestati, anche se quei mafiosi erano stati arrestati per reati ben più gravi. Non sappiamo se i loro arresti siano stati convalidati e non abbiamo novità su quello che succede sul territorio di Partinico e zone vicine, relativamente all’ordine pubblico, perché i carabinieri di Partinico, dopo che per anni hanno trasmesso a questa emittente comunicati, relazioni, verbali, qualche volta banali notizie tipo “nell’ambito delle attività di controllo del territorio, su qualche ragazzino, denunciato perché sorpreso con un grammo di marijuana e venti euro in tasca, ricavato di una presunta vendita di erba”,  ecc., di colpo hanno interrotto i rapporti: cioè prima Telejato andava bene, anche se l’indagine su Maniaci è
stata chiusa nel 2014, adesso che siamo in attesa di un processo a un “pericoloso criminale” al quale, per anni hanno
fatto la tutela, niente più informazioni: così avrà deciso qualche alto ufficiale, forse uno dei due capitani che si sono presentati alle tre di notte per procedere all’arresto del killer dell’informazione. Presumiamo che si tratti di una ritorsione e in nome del diritto di informare la gente su quello che succede chiediamo che tale veto sia revocato. Ma andiamo a cose più serie, ovvero ai PDM, così li ha reiteratamente definiti Maniaci, arrestati con lui nel corso dell’operazione denominata, non si sa perché, Kalevra. Sono i soliti: si tratta di Nicolò Salto, accusato di una serie di reati di estorsione, tra cui una richiesta di pizzo al suo sodale Benny Valenza, il quale non ha pagato: scherziamo? Non si ruba a casa del ladro. Nicolò Salto era sottoposto alla misura di prevenzione degli arresti domiciliari, ed è quindi recidivo: uno dice: ma come mai, se Salto è ritenuto uno dei più autorevoli mafiosi di Borgetto, era a piede libero? Un grazioso regalo del giudice, tanto per lasciare libero il carcere a qualche piccolo delinquente. Assieme a lui c’è il figlio Salto Antonio e il suo autista Frisina Antonino. Pare che la guerra tra i Salto e i Giambrone sia finita e che adesso le due famiglie si stiano riorganizzando, d’amore e d’accordo, per meglio procedere alla richiesta del pizzo. Giambrone Giuseppe detto u Stagnalese, è accusato di avere procurato voti a Polizzi Gioacchino, poi eletto consigliere comunale e di estorsione aggravata nei confronti di Brugnano Francesco, titolare di una cantina, al quale sono stati chiesti 30.000 euro per la “messa a posto”. Per reati dello stesso tipo, ovvero partecipazione ad associazione mafiosa (416 bis), anche armata, e richieste estorsive sono stati arrestati i figli Giambrone Francesco e Giambrone Tommaso. Vittime delle estorsioni dell’accoppiata Salto-Giambrone sarebbero Vitale Salvatore, Musso Ambrogio, Venerina Salvatore, al quale sono stati chiesti 3000 euro, La Puma Vito, al quale è stata incendiata la stalla, con oltre 300 balle di fieno e Billeci Francesco, al quale è stato avvelenato il cane. Insomma, tutta bella gente della quale non sappiamo dirvi, visto il veto di notizie fatte nei nostri confronti, se sono tornati a piede libero o se sono ancora nelle patrie galere. Tutto questo mentre ieri c’era un processo da parte della figlia di Nicolò Salto, contro Pino Maniaci, che, ovviamente non ha potuto presenziare, perché avrebbe trasmesso le immagini del battesimo della figlia, violando le norme sulla privacy, anche se Maniaci afferma di non avere fatto nomi. La signora Salto non si è presentata e l’udienza è stata rinviata a settembre.

Oggi invece a Partinico si svolge un’altra udienza per una denuncia fatta da Pino Maniaci e da sua figlia che era con lui, nei confronti di Saverio Lo Monaco, il quale, anche se scoperto a coltivare 500 piante di marijuana, è stato messo subito a piede libero. A causa di questo interrogativo, manifestato in tv, sull’operato del giudice responsabile, il Lo Monaco si è scagliato contro l’automobile di Maniaci dando calci e pugni. Anche in questo caso Lo monaco non si è presentato e l’udienza è stata rinviata anche a settembre.

Insomma, la guerra in trincea di Telejato continua, ma continua anche la guerra aperta da più fronti, contro Telejato.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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