Questo fu il presupposto su cui si basò la legge Rognoni-La Torre sui beni confiscati alla mafia, nel settembre del 1982. Pio La Torre ne fu il fautore e centrò nel pieno la questione: intaccare il patrimonio della mafia come l’unica via percorribile per combattere efficacemente il fenomeno mafioso. Ciò gli costò la vita ma il suo operato diede l’avvio a una più coscienziosa considerazione della criminalità organizzata che continua ad avere dei riflessi ancora oggi.
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Prima di procedere è bene fare una distinzione di ruoli e funzioni dei protagonisti di questo procedimento che non sempre è a lieto fine come si spererebbe.
Da un lato ci sono i presunti mafiosi cui vengono sequestrati i beni: se non riescono a dimostrare che sono frutto di attività lecite si procede con la confisca. Detto così sembra semplice, in realtà i tempi della giustizia rendono tutto molto più lento e contorto. Dall’altro lato, precedentemente, una volta confiscati i beni entrava in gioco l’Agenzia del Demanio che attraverso la Prefettura si occupava di assegnarli.
Nel 2010 viene appositamente istituita l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, con sede principale a Reggio Calabria e sedi secondarie a Roma, Palermo, Milano e Napoli.
Come si può leggere sul sito dell’Agenzia, lo scopo non è solo amministrare e destinare i beni confiscati alla mafia, ma farlo attraverso “un’amministrazione dinamica che snellisca e velocizzi la fase di destinazione degli stessi”. Non meno importante è la promessa di un “costante monitoraggio posto a garanzia dell’effettivo riutilizzo sociale dei patrimoni mafiosi affinché il compito istituzionale svolto si concretizzi in una reale percezione della presenza dello Stato nel territorio”.
In realtà, intervistando i diversi assegnatari degli immobili a Catania, nulla di tutto ciò è stato riscontrato e l’Agenzia Nazionale sembra piuttosto assumere contorni ambigui che non tranquillizzano affatto circa la presenza dello Stato sul territorio. Ma riguardo a ciò, si darà voce ai diretti interessati che meglio di chiunque altro potranno restituirci un quadro più chiaro sull’effettiva dinamicità di questa Agenzia.
Ogni Comune è chiamato a dotarsi di un regolamento per interfacciarsi con l’Agenzia Nazionale in materia di beni confiscati: ciò perché il fenomeno mafioso assume sfaccettature diverse a seconda di dove si localizza ed è pertanto indispensabile che ogni comune abbia un margine di intervento per potersi gestire in base alle esigenze del territorio e di chi ci vive.
A Catania il Regolamento dei Beni confiscati è stato uno dei quattro impegni sottoscritti da Bianco al momento della sua candidatura a Sindaco, ma è grazie alle pressioni delle varie associazioni antimafia che il Regolamento è stato approvato il 17 giugno del 2014.
Attraverso il Regolamento, che affonda le sue radici nel Codice Antimafia, il Comune si è impegnato a rendere pubblica la lista dei Beni confiscati, indicando quelli assegnati, quelli da assegnare e quali sono i soggetti che possono richiedere l’assegnazione di un bene. Inoltre si stabilisce che l’assegnazione dovrà avvenire con bando pubblico attraverso un criterio di trasparenza.
La concessione del bene potrà essere accordata per un periodo che varia a seconda delle associazioni e dei progetti che intendono svolgere, non inferiore ai sei anni e non superiore a dieci, rinnovabile.
I soggetti assegnatari dovranno sostenere le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e presentare al Comune una relazione periodica sull’attività svolta. Inoltre potranno essere sottoposti a controlli e se contravvengono agli obblighi previsti dal Regolamento potranno essere sanzionati, anche attraverso la revoca della concessione.
Su questa lista “storpia” del Comune ha preso avvio la nostra inchiesta, lista che riporta l’indirizzo degli immobili, la data in cui sono stati assegnati e quella in cui scadrà l’assegnazione, la tipologia dell’immobile e l’associazione assegnataria, ed altre informazioni più tecniche.
Le associazioni che formalmente ne usufruiscono sono 10. La grandezza degli immobili varia, e diversi sono anche lo stato di manutenzione e la modalità di assegnazione di ogni singolo bene.
Su una lista di 32 beni, risultano non assegnati:
La loro futura assegnazione potrà inaugurare il regolamento che giace ancora sul fondo di un cassetto comunale?
Il garage in via Caprera invece, dopo diverse peripezie, è stato demolito e trasformato in una graziosa piazzetta.
Nonostante le diverse zone d’ombra riscontrate nell’assegnazione di alcuni immobili e nelle attività di alcune associazioni, la stragrande maggioranza di esse opera in un clima di solidarietà sociale nonostante le difficoltà finanziarie nel mantenere in condizioni decorose l’immobile: in assoluta sintonia con la logica di restituzione del bene alla collettività.
Abbiamo intervistato i responsabili delle diverse associazioni chiedendo loro delucidazioni non solo sulla procedura di assegnazione del bene, ma anche sulle loro attività e iniziative. E sorprese non ne sono mancate!
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La nostra inchiesta nasce da un’analisi del territorio in base alla quale abbiamo individuato due tipologie di utilizzo degli edifici confiscati alla mafia: quelli utilizzati a fini istituzionali e quelli utilizzati a scopo sociale come previsto dalla legge.
Per quanto riguarda i primi, il Comune utilizza gli appartamenti di via Monte Sant’Agata come uffici comunali, mentre il magazzino di via Anapo è utilizzato come deposito per schede elettorali; l’edificio di via Rombo, ubicato nella zona di Vaccarizzo, ospita la AUSL 3. Caso controverso invece l’assegnazione temporanea come casa emergenza della villetta in via Gambetta: nonostante la legge preveda un’assegnazione temporanea che va da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni, vi risiede una famiglia da circa sei anni. Infatti, giunti dinanzi alla graziosa, ma trascurata villetta di via Gambetta nel tentativo di parlare con gli inquilini dell’immobile, notiamo che ha un citofono senza alcun nome. Riusciamo comunque a parlare con gli inquilini e gli stessi ci informano e confermano che l’immobile fu assegnato, circa sei anni fa, dall’ufficio agli Affari Sociali e che ci vivono in dieci persone. Gli inquilini sembravano abbastanza infastiditi dalle nostre domande e la dice lunga il fatto che avessero dichiarato: ”Ma come mai tutte queste domande ? Qui non è mai venuto nessuno a chiederci questo”. Parlando, successivamente, con l’assessore Villari in merito sia ai criteri di assegnazione che alla carenza di controlli sui beni assegnati come case emergenza, ci viene detto che il bene di via Gambetta non è di competenza dell’Ufficio agli Affari Sociali, ma bensì dell’Ufficio al Patrimonio. Chiedendo spiegazioni, in diverse occasioni, sia al responsabile, che ai diversi funzionari dell’Ufficio al Patrimonio, infine ci è stato detto, dall’architetto Iannizzotto, che non disponendo del personale necessario per eseguire lo sfratto, la situazione rimane così com’è e che per ulteriori informazioni avremmo dovuto chiedere all’Architetto Aredia. Insomma il solito scarica barile! Nonostante avessimo tentato più volte di metterci in contatto con l’architetto Aredia, siamo riusciti infine a parlare con la segretaria personale della stessa, con la promessa che l’avremmo incontrata a breve. Ad oggi attendiamo ancora di poter fare la nostra intervista.
Per quanto riguarda gli edifici assegnati alle associazioni distinguiamo quelle che operano in modo trasparente e quelle il cui operato desta delle perplessità.
In via Damiano Chiesa troviamo la sede dell’AVULSS un’associazione che offre assistenza nei reparti ospedalieri alle persone sofferenti, e l’appartamento assegnato alla Caritas utilizzato come casa accoglienza temporanea per le donne che hanno subito uno sfratto esecutivo o delle violenze familiari.
In via Alfonzetti troviamo invece il Centro Aiuto alla Vita che offre accoglienza, ascolto e sostegno alle donne che decidono di portare avanti una gravidanza nonostante abbiano delle difficoltà.
L’associazione Siculo Rumena (Si.Ro.) ha due beni confiscati: uno sito in via Segusio dove svolge principalmente l’attività di banco alimentare per le famiglie più disagiate e la bottega di via Masaniello che non utilizza perché inagibile in quanto non ha risorse finanziarie per ristrutturarla.
Il Centro Astalli, un centro per accoglienza temporanea per migranti minorenni, ha avuto assegnato un intero complesso patrimoniale che comprende un terreno, due magazzini, un appartamento, un garage e un lastrico solare.
Libera e AddioPizzo, associazioni che si occupano di antimafia e antiracket, condividono invece un appartamento e un garage, siti rispettivamente in via Finocchiaro e in via Savasta.
Diversi dubbi invece hanno destato la ANVEZ, un’associazione animalista che ha avuto assegnato (e revocato) un appartamento con giardino in via Randazzo; l’Omega, una Cooperativa che dovrebbe operare nell’ambito del recupero di tossicodipendenti e che ha avuto assegnati ben tre appartamenti in via Pietra dell’Ova;e infine laCTFiadda, una ONLUS che dovrebbe assistere bambini audiolesi nell’appartamento in via Anapo.
La Si.Ro. ha presentato richiesta nel 2008 ed ha ottenuto il bene nel 2012: “Grazie a Dio e alla Prefettura di Catania in collaborazione con il Comune”, come dichiarato da Anca Maria Polmolea vicepresidente dell’associazione.
Lo stesso non si può dire per l’associazione AVULSS che ha dichiarato: “È stata una procedura molto lunga e ci è stato assegnato dopo tanti anni. […] Comunque non abbiamo altre forme di aiuto da parte delle istituzioni”.
Caso diverso per il Centro Astalli che dichiara di aver ricevuto il bene in comodato d’uso e che ogni tre anni rinnova la richiesta al Consorzio Etneo per la Legalità e lo Sviluppo, ente che opera per il trasferimento dei beni confiscati alla mafia: “Il Consorzio affida il bene al Comune e contemporaneamente, con i soggetti presenti all’incontro, viene passato all’Ente che lo gestisce: in definitiva il responsabile è il Comune che attraverso i Vigili Urbani ne verifica l’utilizzo”. La richiesta è stata inoltrata tra il 2011 e il 2012 e l’assegnazione è stata formalizzata nel dicembre del 2013: “Si tratta di un garage nel quale sotto c’era un appartamento, sicuramente della mamma del proprietario”.
Mentre la presidente dell’associazione AVULSS ha dichiarato: “Non abbiamo dovuto fare particolari lavori di manutenzione … Come si può vedere, abbiamo trovato anche l’arredo. Successivamente abbiamo comprato qualcosa, qualche altra l’abbiamo portata da casa. Paghiamo il condominio e le utenze con l’autofinanziamento attraverso le quote associative”.
La dice lunga, sulla mancanza di informazione riguardo a questi Fondi, la risposta che ci è stata data dalla vicepresidente dell’associazione Si.Ro. alle domande: “Questa ristrutturazione dovreste farla voi?” – “Certo! Perché il Comune non ci ha dato niente; stiamo cercando i fondi”. – “E il comune di Catania come potrebbe aiutarvi in ciò che state facendo?” – “Magari a ristrutturare la sede; realizzare, dietro la sede, una struttura mobile con soppalco, con una grande sala che potremmo usare e che sia abbastanza grande anche per le riunioni della comunità”
La CTFiadda è una ONLUS che dovrebbe occuparsi della riabilitazione di bambini audiolesi che hanno fatto un impianto cocleare. “Quando ci siamo costituiti in associazione, nel 2007, non abbiamo avuto tanti consensi perché all’epoca a Catania c’era una sorta di monopolio delle associazioni che già operavano nell’ambito della sordità. Io ho una bambina con questo problema, e 14 anni fa, grazie ad internet e ai colleghi della STMicroelectronics, sono venuta conoscenza dell’impianto cocleare. All’inizio la sede è stata la mia stessa casa, ma dopo per avviare un centro di riabilitazione si è presentata la necessità di avere una sede vera e propria. Grazie alle ricerche svolte sono venuta a conoscenza di questa legge sui beni confiscati e volendo realizzare l’associazione feci questa richiesta. Ai tempi c’era Stancanelli…”.
La Liuzzo ci racconta che ha fatto la richiesta per farsi assegnare l’immobile nel 2007 ma soltanto due anni dopo è riuscita ad ottenerlo: “Nella realtà dei fatti sono passati più di due anni, perché all’epoca io sono andata all’Ufficio Patrimonio e mi hanno detto: – Assolutamente, non si può fare! Perché all’interno dell’immobile ci sono tantissime schede elettorali e il Tribunale di Catania non ci dà il consenso!”.
Aggiunge che ciononostante ha fatto comunque la richiesta per ottenere il bene che è caduta nel vuoto poiché non è stata accolta da nessuno. “Per ottenere l’assegnazione del bene c’è voluto l’aiuto politico, perché da noi se non hai un padrino non ottieni nulla! Quando finalmente l’abbiamo ottenuto, mi sono resa conto che la modalità con la quale il Comune dà gli immobili, serve solo di ‘facciata’, cioè per dire e scrivere sui giornali: – Noi diamo gli immobili sequestrati alla mafia! – Ma poi fanno in modo che questi immobili restino completamente distrutti per conservarli alle famiglie!”
Non ha peli sulla lingua la signora Liuzzo: si scaglia contro le amministrazioni di ogni colore politico che anziché agevolare l’operato sociale fanno di tutto per ostacolarlo con la loro incompetenza. Una volta assegnatole il bene infatti questo continuava ad essere non agibile visto che necessitava di ristrutturazione. Così ha iniziato la sua battaglia per accedere ai Fondi Strutturali dell’Unione europea per ristrutturare il bene: “Da Roma mi dicevano ridendo: – “Signora…i fondi ci sono, il problema è che non arrivano i progetti!”
Non so quanti milioni di euro buttati perché il Comune di Catania non ha presentato uno straccio di progetto, con tutti gli immobili che ha disposizione e che sono tutti devastati! (…) Questa cosa era rivolta chiaramente alle amministrazioni e non alle associazioni a cui erano assegnati i beni. Allora il geometra Sinito fece tutti i CD da mettere sul web, con tutte le informazioni che si dovevano semplicemente inviare a Palermo per fare una richiesta di quella che è la nostra esigenza sul piano territoriale. Sapete com’è finita? Il Comune non ha dato seguito… L’architetto Catalano, completamente ignaro, non ha fatto nulla! Mi ha risposto che non ha inviato niente per carenza di personale. E lo lasciano ancora lì… dovrebbero metterlo a raccogliere spazzatura!”.
Non riusciamo a capire se la CTFiadda abbia avuto modo di intraprendere la sua attività o meno, viste tutte le peripezie burocratiche che continua a raccontarci come un fiume in piena: “Ho avuto modo di iniziare l’attività in questa sede! Dopo che il Comune ha fatto scadere tutti i termini per ottenere i finanziamenti, ho trovato un amico che ha una ditta edile e che ha realizzato i lavori permettendomi di pagare il tutto con delle rate mensili, nella speranza che nel frattempo si costituisse il Consorzio per la gestione dei beni confiscati. Nel frattempo pagavo l’affitto di un luogo dove poter operare, perché per operare devi essere messo in regola. Ad un certo punto le spese sono diventate troppe, e io non riuscivo più a coprirle. E non riuscendo a pagare ho dovuto licenziare il personale specializzato. In sintesi mi hanno reso la vita impossibile, tanto che alla fine ho dovuto chiudere e per sopravvivere ho pensato di riconvertire l’attività in un asilo caseggiato, ma l’assessore Villari che tanto ha propagandato gli asili nido ancora non mi ha telefonato! A breve avrò l’incontro con le chiese e i genitori per decidere di fare la mattina una attività e il pomeriggio un’altra, tutto questo per non essere schiava di un solo ente.”
Ci stupisce la sua tenacia nel perseguire il suo obiettivo, ma ci stupisce anche che una sede assegnata per uno scopo ben preciso possa essere riconvertita in qualche altra attività, per questo chiediamo alla signora Liuzzo se è certa di poterlo fare senza problemi: lei naturalmente dice che andrà fino in fondo in questo nuovo tentativo.Consultando l’albo delle ONLUS, la CTFiadda risulta ancora in fase di iscrizione: rimane il dubbio se vi è mai stata iscritta o se è stata sospesa in attesa di riprendere la propria attività… L’assegnazione dell’immobile è stata fatta per quattro anni, rinnovati poi a sei: scadrà nel 2017. Nel frattempo rimane chiuso in attesa che qualcuno lo riesca ad utilizzare!
(leggi l’intervista completa)
Rettifica ai sensi dell’art. 8 Legge 47/1948: In occasione della conferenza “Beni Confiscati a Catania” tenuta il 30 Ottobre 2015 presso la Pinacoteca (ex Chiesa di San Michele Minore) in Piazza Manganelli, Catania, dove abbiamo avuto modo di presentare la nostra inchiesta suiBeni confiscati alla mafia a Catania, la sig.ra Giuliana Liuzzo ha esibito il documento che comprova la regolare iscrizione all’albo delle ONLUS dell’Associazione CTFiadda, avvenuta il 23 Luglio 2010.
La nuova presidente, Agata Azzarello, è stata designata dopo gli eventi che hanno portato alla revoca della concessione dello stesso immobile. Ci racconta che l’edificio è stato assegnato all’ANVEZ per tre anni e loro ne usufruiscono già da due. Dal momento della richiesta a quello dell’assegnazione saranno passati circa quattro mesi, quindi non si è trattato di una procedura lunghissima.
Anche la presidente Azzarello accenna ai fondi europei previsti per ristrutturare gli immobili confiscati, tuttavia l’ANVEZ ha deciso di non farne richiesta visti i tempi eterni per ottenerli, ed ha ristrutturato a proprie spese l’immobile che quando è stato assegnato era in pessime condizioni.
Chiediamo come mai è stata revocata la concessione: “Altre associazioni animaliste si sono inventate storie come quella secondo cui il nostro ex presidente Francesco Giuseppe Pace avrebbe fatto campagna elettorale in questa sede: cosa che non è assolutamente vera! Il problema è sorto tutto su un errore del tipografo: ha messo sui volantini di candidatura fac-simile dell’ex presidente la via Randazzo e su quelli dell’ANVEZ la via Librino 15! Ha invertito gli indirizzi sbagliando! Ma quando sono venuti i finanzieri a verificare hanno constatato che non c’era nessuna scritta di comitato elettorale né all’esterno né sul citofono, e hanno trovato soltanto una decina di volantini fac-simile sul tavolo insieme alle chiavi del presidente. Il Comune ha fatto la sua relazione sull’episodio all’Agenzia Nazionale che ha risposto che prima di procedere con la revoca era necessario che ci si accertasse della veridicità del fatto. Invece il Comune ha proceduto con la revoca immediata, senza verificare niente!”
La presidente dell’ANVEZ è amareggiata ma anche arrabbiata mentre racconta questo episodio. Nonostante la revoca, nessuno dell’entourage del Comune è andato mai a ritirare ufficialmente le chiavi dell’immobile “Io penso che stanno aspettando che scadano i tre anni così l’assegnazione decade in automatico. Ma non permetteremo ugualmente che ciò avvenga perché qui abbiamo investito dei soldi per ristrutturare l’immobile, e il minimo è che ci venga rifatta un’assegnazione decennale così come prevede la legge” aggiunge la Azzarello che sulla durata dell’assegnazione si è informata direttamente all’Agenzia Nazionale.
La questione della revoca è quindi ancora aperta perché, nonostante la lettera di protesta della presidente e nonostante la petizione firmata da 180 persone del quartiere per confermare l’utilizzo dell’edificio a scopo animalista, il Comune non ha ancora dato alcuna risposta in merito alla questione.
Ne approfittiamo per chiedere se qualcuno ha mai monitorato, almeno periodicamente, la loro attività: “No, non si è mai visto nessuno. Noi abbiamo stilato le relazioni tecniche sulle nostre attività ogni sei mesi, come previsto, ma da quando è accaduto questo disguido visto che non abbiamo ricevuto alcuna risposta da parte del Comune abbiamo smesso pure di scrivere quelle.”
Ci informiamo inoltre se l’edificio venisse utilizzato come ricovero per gli animali: “I cani li tenevamo qua, sì, ma al momento non ci sono volontari disponibili e perciò li teniamo nelle nostre case.” Tuttavia quando facciamo notare che quindi allo stato attuale non stanno utilizzando l’immobile per lo scopo per cui è stato loro assegnato sostiene che: “Questa sede ci è stata assegnata come deposito, non per tenerci i cani! Ed è come deposito che la usiamo attualmente. Ma se ci sono più cani del dovuto, considerando che noi volontari rimasti non possiamo tenerne più di due a testa nelle nostre case, li lasciamo qua.”
(leggi l’intervista completa)
Ci avviamo per fare un primo sopralluogo e ci troviamo davanti una graziosa villetta, un tantino trascurata: muri pieni di crepe e un cortiletto pieno di erbacce. Proviamo a citofonare ma il citofono è letteralmente sciolto, bruciato, sicché è impossibile provare a vedere se dentro l’edificio ci sia qualcuno, anche se è chiaro da come sono sbarrate porte e finestre che non ci sia anima viva.
Mentre ci accingiamo a fare qualche scatto all’edificio, ci chiediamo a chi possa essere stato confiscato un edificio così imponente… Ma non abbiamo neanche il tempo di avanzare ipotesi perché un cartello coloratissimo colpisce subito la nostra attenzione: “Si organizzano corsi di pittura, per informazioni chiamare ai seguenti numeri”.
Strano che una cooperativa che dovrebbe occuparsi di smaltimento di rifiuti organizzi corsi di pittura ma per non peccare di malafede chiamiamo subito a uno di quei numeri per farci dare informazioni in merito. Una signora ci risponde che quei corsi sono stati avviati nel mese di ottobre dello scorso anno ma sono stati subito interrotti perché c’erano pochi iscritti: lei e un’altra erano state chiamate a svolgere l’attività dal presidente dell’Omega. Questo era tutto.
A questo punto come muoversi? La cosa più istintiva è stata raggiungere l’edificio al numero 292 di via Pietra Dell’Ova che, nonostante non fosse il bene confiscato che appariva sulla lista del Comune, era comunque indicato come sede di questa “camaleontica” cooperativa.
Andiamo in uno dei giorni di ricevimento chiedendo un appuntamento con il presidente dell’Omega, Sebastiano Caruso, che è il signore che ci accoglie e che abbiamo finalmente il piacere di conoscere: ci dice che al momento è in riunione e ci fissa un appuntamento per due giorni dopo. Non si presenta nemmeno due giorni dopo. Alla fine dopo diverse peripezie e telefonate, finalmente ci riceve rilasciandoci un’intervista.
Chiediamo subito di cosa si occupa la cooperativa Omega: “Facciamo corsi di formazione per i medici, diamo crediti, il nostro obiettivo principale sono le dipendenze patologiche, nello specifico l’alcolismo. Stiamo aprendo a giorni una struttura sanitaria a Verzella nel territorio di Castiglione di Sicilia, sarà la seconda, ne abbiamo già una a Padova.”
Chiediamo se l’Omega ha avuto assegnato un edificio confiscato alla mafia e per cosa lo utilizzi. Il signor Caruso ci conferma che la villetta in via Pietra dell’Ova viene utilizzata per fare dei corsi di pittura rivolti agli anziani della zona.
Quando chiediamo cosa c’entri con l’attività di recupero dalle dipendenze patologiche il signor Caruso risponde che non c’entra nulla ma visto che gli anziani del quartiere non hanno un ritrovo e visto che loro hanno una struttura libera, perché non coniugare le due cose?
“La cooperativa Omega si autofinanzia” afferma in un primo momento il presidente, per poi aggiungere che la stessa va avanti grazie a progetti che poggiano su finanziamenti europei e regionali perché: “È normale, qualcuno a noi i soldi ce li deve dare!”.
La sede in via Pietra dell’Ova è stata assegnata come sede sociale della cooperativa: all’inizio si auspicava di poterla trasformare in una struttura sanitaria con la speranza che fosse possibile utilizzare i fondi della Comunità Europea per la ristrutturazione dei beni confiscati. Era stato pure pubblicato il bando della Regione Sicilia ma una volta fatta la richiesta al Comune di Catania di fatto non è stata recepita.
L’immobile è stato dato in concessione all’Omega nel 2013 e la durata dell’assegnazione è stata fatta ad hoc: “A me è stato assegnato per nove anni, poi ho presentato il progetto alla Fondazione del Sud, mi serviva per undici anni, e il Comune me l’ha portato a undici.”
Quando chiediamo chi si è occupato dell’assegnazione dell’immobile, il presidente Sebastiano Caruso risponde: “L’Agenzia mi ha inviato il fax e contemporaneamente ha segnalato al Comune di Catania la disponibilità del bene e che io, come cooperativa, avevo tutti i requisiti per poterlo acquisire e tutto il resto (…). Mi hanno chiamato dall’Agenzia Nazionale dicendo: – Guarda il Comune di Catania ha rinunciato a questo bene, non lo vogliono, che fa te lo prendi?”
Quindi l’Agenzia Nazionale ha avuto la briga di contattare il presidente della cooperativa Omega che, disinvolto, aggiunge: “Adesso mi hanno assegnato, dopo i lidi della Playa, un altro pezzo di terreno con canneti … un’infinità! Oppure mi hanno detto, sempre dall’Agenzia Nazionale, che in questo momento ci sono 21 o 22 beni fermi al Tribunale che il Comune di Catania dovrebbe prendere in carico, cosa che non ha fatto perché è un settore che non interessa.”
E’ complicato riepilogare le molteplici attività svolte dalla cooperativa Omega: dallo smaltimento rifiuti ai corsi di pittura, da centro di recupero degli alcolisti ai centri di accoglienza per immigrati sino ai corsi di ceramica, e non manca neanche il verde pubblico.
Visitando l’edificio si capisce che è stata data una mezza ristrutturata di facciata ma che in realtà non è vissuto come dovrebbe.
Il signor Caruso si lascia andare in dichiarazioni secondo cui è difficile operare a Catania “se non si fa il tirapiedi a qualcuno” tuttavia non gli manca la capacità di iniziativa ed è proiettato verso il futuro, verso progetti e fondi futuri! Con il progetto RICREA, dedicato al reinserimento lavorativo di soggetti con dipendenze patologiche, sono stati stanziati 240 milioni dalla Regione Sicilia: che poi non sia chiaro se questi fondi dovevano essere destinati alle strutture ospedaliere come i SERT o alle cooperative sociali come l’Omega, poco importa. Poco importa l’effettivo utilizzo di questi fondi, così come poco importa l’effettivo utilizzo degli immobili confiscati…
Il signor Caruso si lamenta perché “Se il Comune avesse approvato il progetto presentato da me, la struttura (via Pietra dell’Ova) sarebbe finita già da tempo. Praticamente ci sono i fondi fermi all’Assessorato alla famiglia, e l’unica provincia che non ha presentato progetti per la ristrutturazione dei beni confiscati alla mafia è Catania. […]Quando c’era Lombardo si lavorava diversamente: andavo da Raffaele gli mettevo un progetto in mano e gli dicevo che era valido, quel progetto passava! E si camminava… il progetto Ricrea è stato approvato ai tempi di Raffaele.”
La sua disinvoltura è immutata sia che parli di persone alcolizzate che di profughi: l’unica cosa che sembra riuscire a turbarlo è la noncuranza delle istituzioni verso fondi e finanziamenti…
(leggi l’intervista completa)
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DECRETO-LEGGE 4 febbraio 2010, n. 4 : Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata.
LEGGE 7 agosto 1990, n. 241 : Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Fondi Strutturali dell’Unione europea : Fondi strutturali e di investimento europei.
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Il quadro che emerge è connotato dall’incertezza legata alla scarsa trasparenza amministrativa da parte di tutti gli organi istituzionali coinvolti, sia per quanto riguarda l’accesso a tutti gli atti amministrativi relativi alle procedure di confisca e assegnazione dei beni, sia riguardo tutte le procedure concernenti l’ottenimento dei beni e dei fondi per eventuali ristrutturazioni. A tutto ciò si aggiunge la scarsa capacità nel monitoraggio dell’utilizzo dei beni.
Come mai dopo circa un anno il Comune ha aggiornato solo parzialmente la lista e non ha emesso nessun bando per l’assegnazione di un bene? E soprattutto come mai ci sono dei beni confiscati alla mafia che da più di un anno il comune non ha ancora assegnato e non tornano ad essere gestiti dall’Agenzia Nazionale così come specificato nelD.L. 04 febbraio 2010?
Come mai si è giunti a questo stato di incertezza e perché si sta protraendo così a lungo? Per l’”incompetenza” o la “convenienza” di chi?
Sarebbe bello per un’associazione poter accedere facilmente alle informazioni attraverso il sito dell’Agenzia Nazionale che rimandi al sito del comune di pertinenza e che, a sua volta, rinvii agli uffici territoriali competenti, il tutto fornendo sia i moduli necessari per la domanda, sia il quadro completo dell’iter da seguire, specificando gli uffici coinvolti per ogni passo, secondo una procedura standardizzata.
Questa inchiesta è nata con l’intento di fare maggior chiarezza, purtroppo quello che è emerso sono solo ulteriori dubbi.
Di Collettivo Scatto Sociale – Tratto da scattosociale.it
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attenzione alla confisca; purtroppo in casi di prescrizione potrebbe attivarsi recente giurisprudenza CEDU, che indica non doversi procedere a confisca in assenza di "sentenza", o meglio, in assenza di una pronuncia in contradditorio (la prescrizione priva del contradditorio); dovrebbe uscire una direttiva UE sulla confisca al fine di agevolare una uniformità di diritto nella UE, ma bisogna essere vigili.