Melodia per le sue condanne da tempo è stato licenziato dalla Asl presso la quale lavorava, ma è rimasto iscritto all’albo dei medici della provincia di Trapani. Intercettazioni formidabili. La Polizia e la Dia hanno catturato in diretta le direttive del capo mafia alcamese a proposito di estorsioni ma non solo. Nel chiuso di una cella frigorifera, all’interno di un negozio di ortofrutta (arrestato stanotte anche il titolare, Filippo Cracchiolo, 57 anni) loro, i boss, pensavano di evitare così le intercettazioni, o ancora riuniti in un bar o presso un’agenzia di pompe funebri, venivano letti “pizzini” e si decidevano strategie.
Melodia sin da subito ha dettato ai suoi complici le regole del “vangelo” per mettere a posto rapporti incrinati e racket. E lo faceva con un’autorità precisa, «io – diceva- comando mezza provincia». Un imprenditore che dopo un avvertimento avvicinò Ignazio Melodia (che era stato il mandante) – «a chiddu dobbiamo dare fuoco» è stato l’ordine impartito – si sentì rispondere che «lui avrebbe pensato a mettere a posto le cose», quell’attentato «era stato fatto da imprese concorrenti», e per quel ruolo da “paciere” a quel punto era giusto che l’imprenditore gli consegnasse una somma di denaro, sostanzialmente Melodia (e quindi la mafia) si presentava come amico e la vittima doveva pure ringraziare.
Insomma una mafia che incideva il territorio con azioni criminose e che poi si mostrava pronta a garantire sicurezza. Su incarico di Melodia un altro degli arrestati, Salvatore Giacalone, nel 2012 avvicinò il sindaco appena eletto di Alcamo, Sebastiano Bonventre (Pd) per offrirgli protezione, «sicuramente qualcuno la disturberà ma noi siamo qui pronti a proteggerla».
Bonventre ha ovviamente denunciato di essere stato così avvicinato, un imprenditore ha anche deciso di denunciare registrando il colloquio con il capo mafia, «ma la nostra impressione – dice il questore di Trapani Maurizio Agricola – è che sono tanti quelli che ancora oggi continuano a tacere».
Mafia e politica. Di Giovanni, quello che in giro diceva che lui nella vita voleva fare solo il mafioso e questo faceva, durante le ultime amministrative ad Alcamo ha fatto campagna elettorale armato di pistola, minacciando chi non gli garantiva sostegno. Il sostegno era destinato alla moglie Alida Maria Lauria, figlia di un ex senatore di Forza Italia, Baldassare Lauria. Così marito e moglie discussero della candidatura: «Amore sono candidata …e allora possiamo cominciare a raccogliere i voti?…si…in qualsiasi modo?…amò a come e ghiè (in qualsiasi modo ndr)…devono portare tutti i voti perché li affuco (li strangolo)».
Nonostante tutti gli sforzi però la donna non è stata eletta al Consiglio comunale. A essere ascoltate anche alcune donne, le mogli di alcuni degli indagati, anche loro pronte a comportarsi da vere gregarie, due di loro in particolare un giorno parlando degli affari dei loro mariti, e dei pericoli che correvano, se la prendevano con i film dedicati alla mafia che forse a loro dire avevano svelato troppe cose, «mi…sono tanti i danni che ha combinato il film Il Padrino…tutto quello che sta accadendo sembra uscito proprio da questo film». Non sapevano che in quei giorni Polizia e Dia stavano registrando tutto, ma non per un film, bensì per squarciare il velo su Cosa nostra trapanese, e fare ancor di più terra bruciata attorno al latitante Matteo Messina Denaro, indicato dai boss come «chiddu (quello ndr) di Castelvetrano».
di Rino Giacalone – lastampa.it
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