Le mafie, come ha scritto il vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia Claudio Fava poco più di un mese fa sul blog “Mafie” curato da Attilio Bolzoni sul sito di Repubblica, vanno cercate in “certi insospettabili consigli d’amministrazione. Nelle logge massoniche coperte. Nelle carriere fulminee di certi oscuri ragionieri. […] Cercate la mafia in prossimità delle parole eleganti e discrete con cui vi spiegano che la mafia è sempre altrove, altre sono le emergenze, ben altro chiede il Paese. Infine, cercatela tra i vivi, non solo nel mesto elenco dei morti”. Una ricerca che nella nostra Regione illumina tantissimi angoli oscuri e alla luce del sole. Tra comunicati, interviste e articoli è già stato fatto oltre 50 volte negli anni lo sterminato elenco delle tantissime presenze accertate delle mafie in Abruzzo (dai luoghi avvelenati dalle ecocamorre alle cosche del vastese, dal tesoro di Ciancimino riciclato nella Marsica al post terremoto aquilano, senza dimenticare le innumerevoli inchieste sul traffico di droga e quello internazionale delle armi). Senza dimenticare le innumerevoli denunce e inchieste di Angelo Venti e della redazione di Site.it e il dossier Mare-Monti di Libera Informazione del 2008.
Giuseppe Di Lello, senatore di Rifondazione Comunista dal 2006 al 2008, presentò varie interrogazioni parlamentari sulla presenza delle mafie in Abruzzo. Il 17 ottobre 2007, tra le altre, pose l’attenzione su “un numero di istituti bancari e società finanziarie assolutamente abnorme […]; attività di indagine della Polizia giudiziaria hanno accertato una decina di bancarotte fraudolente e truffe con conseguenti indebiti arricchimenti […] ; a tal proposito gli organi di polizia hanno reiteratamente segnalato l’esistenza di ragioni di sospetto circa la presenza di interessi del crimine organizzato pugliese, siciliano e soprattutto campano in relazione a rilevanti operazioni di investimento immobiliare soprattutto sul litorale adriatico interessato da imponenti insediamenti immobiliari nel settore alberghiero e della ricreazione collettiva”.
Un anno fa Davide Ferrone, oggi attivista dell’Associazione Antimafie Rita Atria e tra coloro che curarono il dossier Mare-Monti, sottolineò in un comunicato dell’Associazione la presenza di Pescara ai primi posti nazionali delle classifiche sulle estorsioni, riportando vari episodi di attentati ed esplosioni che potrebbero essere riconducibili ad attività criminali. Davide, racconta un anno dopo, ha “personalmente riscontrato e raccolto dal 2009 ad oggi tutta una serie di incendi dolosi, spari, inquietanti. Perché un’attività nel centro pescarese è soggetta nel 2015 a 3 danneggiamenti e principi di incendio di chiara matrice dolosa, episodi criminosi per lo più rimasti senza un nome e cognome responsabile?Molto eloquente è quanto accade il 6 luglio 2016: in manette finiscono due giovani. A far scattare l’operazione il titolare di un negozio che denuncia il ritrovamento di una bottiglia molotov con innesco un mese prima, il 7 giugno. I due arrestati chiedevano cinquemila euro in cambio di ‘tranquillità’… sempre secondo le indagini era in programma la preparazione di un altro ordigno, in collaborazione con un malavitoso della provincia di Foggia. E cosa ci fa un pregiudicato calabrese a Città Sant’Angelo posto in stato di arresto il 19 luglio 2013 che aveva incendiato un’autovettura in Via Cona qualche giorno prima? L’ombra del riciclaggio di denaro sporco coinvolge (da molti anni) in maniera devastante la realtà della Valpescara senza colpo ferire ovvero, almeno in superficie, in totale scioltezza. Risulterebbe un eccessivo shock scoprire che in diversi casi aprire un’attività vuol dire investire denaro ‘sporco’ anziché i propri risparmi e mutui sudati?” Sono tutti interrogativi che Davide Ferrone pone un anno dopo la denuncia del comunicato.
La DIA un anno e mezzo fa scrisse nero su bianco che ci sono “imprenditori senza scrupoli che potrebbero rappresentare un’efficace testa di ponte per i gruppi camorristici”. I traffici della prostituzione e delle droghe esistono perché qualcuno li alimenta. E le risposte sono nelle “tiepide case”, nei borghesi divani dell’alta società, nel jet set della “città bene”. La stessa che regala soldi alle mafie il sabato sera in ben conosciute stanze d’albergo o ai margini di viali altrettanto noti. Nella cronaca ha fatto capolino la parola omertà, ci si è stupiti della mancanze di denunce. Ma quante volte si rimane in silenzio, non si denuncia, non si mette la faccia, si rimane inerti di fronte ad un luogo di spaccio, ad una persona che diventa ingranaggio del “mercato”? Ogni volta si diventa complici, mafiosi, assassini di ognuno delle vittime (dirette e indirette) della droga. Potenti clientelari e mafiosi, pupari e pupi appaiono comodi quando bisogna chiedere un “favore”, bussare ad una porta, perseguire interessi personali tramite facili scorciatoie clientelari. Ma nel momento in cui ci si disinteressa (o meglio, ci si interessar solo quando si può servire ed essere favoriti), si gira la testa dall’altra parte di fronte a corruttele e consorterie, non ci si schiera (trincerandosi dietro fatalismo e qualunquismo d’accatto) o ci si schiera con il forte (arrivando anche ad infangare, insultare, colpire il debole), si è già scelta la mafia, la si favorisce e si è votato contro il proprio territorio, per incatenarlo e devastarlo. Si sono scelti i criminali, i colletti bianchi, le piovre. Se questo è l’Abruzzo di oggi l’omertà è padrona in tantissimi posti. E’ vero che da tantissimi anni in un comune del vastese, da persone anziane e contadini, si sente parlare di strani movimenti notturni, di scavi sul greto del fiume, di fusti che qualcuno dice di aver visto abbandonare e sotterrare, ma pubblicamente nulla esiste e si dice?! E’ vero, o è solo un’omonimia, che non lontanissimo dalla Francavilla finita alle cronache per la ‘ndrangheta, che un’azienda in odor di camorra lucrerà su un pesantissima commessa nel totale e assoluto silenzio generale nella Regione in cui negli Anni Ottanta uno dei cavalieri catanesi dell’apocalisse effettuò opere marittime e negli Anni Novanta almeno 15 comuni appaltarono il servizio di raccolta rifiuti urbani a Gaetano Vassallo, allora imprenditore legato al clan dei Casalesi?!
Quella massoneria a cui fa riferimento Claudio Fava è presente anche qui, nel nostro Abruzzo. Ambienti e influenze compaiono improvvisamente nelle cronache, cercando sul web si trova qualcuno che sembra voler denunciare una sua presunta influenza, notizie fanno riferimento a personaggi che entrerebbero in sodalizi per far carriera o che sono protetti nelle loro posizioni perché già affiliati, enti e uffici sono più che chiacchierati perché senza grembiule e compasso non si muoverebbe foglia (ma mai uno solo che abbia il coraggio di metterci la faccia, di denunciare e non sussurrare) ma alla fine tutto si perde come in un porto delle nebbie.
Alessio Di Florio
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