Potrebbe essere stata assassinata la figlia, sotto protezione, di un pentito in uno dei principali città della Regione. Un titolo da far tremare i polsi e che dovrebbe suscitare inquietanti interrogativi. Non è un titolo inventato ma è il riassunto di quanto ha dichiarato, così come riportato dalla trasmissione Rai Report, Giancarlo Carpi sulla morte di Eva Maniero, la figlia del boss della “Mala del Brenta”, avvenuta a Pescara nel 2006 e all’epoca archiviata come suicidio. Felice Maniero ha dichiarato di non credere alle rivelazioni di Carpi e, per quel che sappiamo, ad oggi non ci sono riscontri. Ma ciò non rende la questione irrilevante. Perché se fosse come dichiara Carpi, come avrebbero trovato Eva Maniero (che viveva a Pescara sotto falso nome)? Chi avrebbe avuto interesse ad assassinarla? Qualcuno, e chi, ne avrebbe “bruciato la protezione”? Al contrario, come sostiene Felice Maniero e come si conclusero le indagini allora, e cioè che sia stato suicidio, perché Carpi ha rilasciato queste dichiarazioni? Quali le motivazioni delle sue parole? Sono interrogativi pesanti, in una regione dove non è la prima volta che emergono dalla cronaca notizie di agguati della criminalità organizzata. Quasi dieci anni fa si scoprì che un agguato di camorra era stato deciso sulla costa abruzzese. E, solo ad inizi Anni Novanta, almeno 3 son stati gli agguati riconducibili alle presenze criminali e mafiose nella Regione. Vari latitanti si sono rifugiati e hanno avuti basi in Abruzzo, compreso uno dei maggiori ricercati dell’FBI, il narcotrafficante Diego Leon Montoya Sanchez.
Ma non è solo questo. Giancarlo Carpi, riportano le cronache, è accusato di essere stato tra i fondatori della “Legione Brenno”, una formazione di estrema destra implicata in traffici d’armi internazionali. E anche qui la cronaca fornisce vari spunti. Negli ultimi anni armi e neofascismo più di una volta son comparsi nelle cronache. Di queste formazioni, animate da un mix di fascismo, massoni, trafficanti d’armi ed altro, varie ne sono sorte negli anni in Abruzzo. La più famosa probabilmente è la DSSA, che puntava alla formazione di una vera e propria “polizia parallela” e i cui fondatori erano riconducibili a Gladio e alla P2. Meno di un anno è passato dallo smantellamento in Abruzzo di un’organizzazione accusata di puntare alla ricostruzione di “Ordine Nuovo”, il gruppo terrorista fascista. E son solo gli ultimi capitoli di presenze che nella nostra Regione affondano le radici nei decenni …
È notizia di questi giorni lo smantellamento di una rete criminale che importava droga dalla Capitale in Abruzzo, ultima di una innumerevole serie che negli anni ha documentato come l’Abruzzo sia al centro di traffici nazionali e internazionali. Droga, rifiuti, traffico d’armi, eversione neofascista, sfruttamento della prostituzione, in Abruzzo l’attività è fiorente. Nelle scorse settimane da vari esponenti istituzionali abbiamo sentito affermare che non c’è un sistema. Lo sentiamo dichiarare da anni. Una inesistenza che dovrebbe rassicurare. Ma non è così. Perché, come già recentemente ricordato, l’Abruzzo Felix non esiste da tantissimo tempo. E’ vero, ‘O Sistema non c’è, in Abruzzo non esiste una cupola suprema o un Matteo Messina Denaro che accentra tutto. Ma esistono immensi praterie dalle quali le mafie, e non solo, si insinuano nel tessuto sociale ed economico. Se una volta c’era un grande prato verde dove nascevano speranze da non tradire mai, come recitava la famosa canzone, ora qui ci sono immensi prati dove nascono affari, traffici, intrecci criminali ripetutamente, costantemente, nell’imperversare di consorterie e comitati d’affari. Nell’ultimo rapporto semestrale, presentato non più tardi di qualche settimana fa, la DIA fa riferimento nero su bianco a “imprenditori senza scrupoli che potrebbero rappresentare un’efficace testa di ponte per i gruppi camorristici”.
Non hanno avuto bisogno in questi anni di ‘O Sistema, imprenditori senza scrupoli e criminali, rappresentanti dello Stato e personaggi attivi nel sottobosco della politica o direttamente membri delle istituzioni a vari livelli (valga su tutto ricordare che negli Anni Novanta almeno 15 comuni letteralmente appaltarono lo smaltimento dei rifiuti urbani a Gaetano Vassallo, allora imprenditore dei rifiuti legato al clan dei Casalesi e successivamente collaboratore di giustizia … nell’ultima intervista prima di essere assassinato rilasciata ad Enzo Biagi Pippo Fava denunciò che è “il potere politico e finanziario” a permettere alle mafie di esistere e che “i mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione” … principi e riflessioni che valgono nelle altissime sfere del “sovversivismo delle classi dirigenti” ma che non dobbiamo dimenticare neanche in queste, sicuramente minori, realtà delle province dell’Impero), diversi dei quali considerati affiliati o comunque contigui anche ad ambienti massonici. Ambienti e influenze che compaiono improvvisamente nelle cronache, cercando sul web si trova qualcuno che sembra voler denunciare una sua presunta influenza, notizie che fanno riferimento a personaggi che entrerebbero in sodalizi per far carriera o che sono protetti nelle loro posizioni perché già affiliati, ma alla fine tutto si perde come in un porto delle nebbie. Già nel 1994 la “Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari” se ne occupò, stilando anche dati statistici su presenze e numero di iscritti alle logge nelle regioni italiane. La Commissione sottolineò di non star portando avanti “la criminalizzazione della massoneria in quanto tale” ma evidenziò che “per i documentati rapporti tra organizzazioni mafiose ed alcune logge massoniche, e stante l’intreccio, proprio delle logge massoniche, tra alta riservatezza e vincolo di solidarietà, aveva sollevato, nella relazione sui rapporti tra mafia e politica, un allarme in ordine ai possibili condizionamenti di logge massoniche coperte e deviate nell’attività di pubbliche istituzioni” e che esistono inchieste dalle quali sono emerse “collusioni di suoi iscritti con esponenti della criminalità organizzata”. 21 anni dopo si riuscirà mai a risalire dal porto delle nebbie? L’Abruzzo troverà mai i fari giusti per illuminare le zone grigie e far emergere senza remore la reale realtà dei fatti?
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