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11 aprile: un anniversario: l’arresto di Bernardo Provenzano

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Quella di ricordare gli anniversari è una vecchia abitudine che ci mette davanti al tempo che passa, a come eravamo e come siamo diventati, all’importanza, se vogliamo al dovere di ricordare per continuare nel segno e nelle idee della persona che stiamo ricordando, di averne sempre presente il sacrificio, nel caso si tratta di vittima uccisa per il suo impegno civile, morale o, se si tratta di un evento, di non dimenticarne l’importanza e il significato.

Proprio in relazione a ciò oggi vogliamo ricordare un anniversario apparentemente banale, ma denso di significati: l’arresto di Bernardo Provenzano, avvenuto 11 anni fa, il 10 aprile 2005 a Montagna dei Cavalli, a due passi da Corleone. Si trattò di una conclusione di mesi di indagini, appostamenti, intercettazioni, ricerche, dopo che il capo di Cosa Nostra era sfuggito a una serie di tentativi di arresto, venuti meno probabilmente perché i vertici degli inquirenti, che erano al corrente degli spostamenti del boss, non vollero, per quanto si può saperne, catturarlo, a Marineo, dove Provenzano si era recato per un summit, probabilmente perché non avevano ritenuto che fosse il momento. Si è parlato e si continua a parlare della trattativa stato-mafia, del fatto che il pentito Ilardo, infiltrato  tra i mafiosi, i vari graduati dei Carabinieri Riccio, Obinu, Mori avessero con Provenzano una sorta d’accordo, risalente addirittura all’arresto di Totò Riina, che Provenzano avrebbe offerto in un piatto d’oro alle forze dell’ordine che lo cercavano e che “dimenticarono”, al momento dell’arresto, di perquisirne il covo. Il boss, una volta detto “Binnu u Tratturi”, l’uomo in grado di seminare il terrore in tutta Italia, venne trovato, come un tranquillo vecchio contadino, in un casolare, dove era stato ricavato un localino in cui vennero trovate bibbie, ricottina e cicoria, assieme a una macchina da scrivere per i pizzini e a un televisore sintonizzato su Telejato.

A undici anni di distanza molte cose sono cambiate. Ci sono stati tentativi di trovare un sostituto a Provenzano, a partire da Salvatore Lo Piccolo per arrivare all’imprendibile Matteo Messina Denaro, detto “u Strocchiu”, ma c’è molta gente che crede che l’unico, insostituibile, intoccabile capo di Cosa Nostra sia ancora u zzu Totò u Curtu, Salvatore Riina, e che l’eredità non può che spettare al suo rampollo oggi libero, Salvuccio, che sta dimostrando di essersi evoluto, di essere diventato scrittore, alla faccia di Saviano che, in televisione ieri sera ha dimostrato come, da quello che dicono, i figli dei boss sono l’esatta prosecuzione dei loro padri. Undici anni in cui magistrati e forze dell’ordine si sono mossi, cercando di assicurare alle patrie galere tutti coloro che ancora tentano di riproporre le solite regole di Cosa Nostra, ovvero violenze, intimidazioni, estorsioni, omicidi e affari con la politica.

Binnu, malgrado i ripetuti appelli del figlio, affinché sia liberato e portato in ospedale, sta nella sua cella, con tutte le sue malattie, ha difficoltà a muoversi, sembra del tutto rincoglionito, si dice che ormai sia arrivato alla fine del suo tempo, ma ancora resiste e resistono anche i giudici, che hanno sempre respinto la richiesta di un’assistenza ospedaliera. In attesa, buona permanenza e cordiali saluti.

Le immagini della cattura nel video in cima all’articolo
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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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