Partinico, la diga Jato è vuota e l’allarme per la siccità rischia di diventare emergenza
È allarme siccità per le campagne e razionamento dell’acqua per le città. È stata dichiarata la situazione d’emergenza nelle zone di Parma e Piacenza, dove la siccità danneggia anche gli allevamenti, ma il problema è nazionale
È allarme siccità per le campagne e razionamento dell’acqua per le città. Lo avevamo annunciato già nei primi giorni di giugno, con una segnalazione al Consorzio Palermo Due della mancata immissione dell’acqua nei lotti a sollevamento. Per fortuna il problema è stato per il momento risolto, poiché l’acqua è arrivata e in abbondanza, ma non sappiamo sino a quando durerà. Sono a rischio i raccolti orticoli e gli agrumeti, ma l’allarme è esteso anche nei confronti degli approvvigionamenti idrici nelle città. Nello specifico vi mostriamo le immagini dell’invaso Poma, dove intere zone che prima erano coperte dalle acque sono prosciugate. Se una volta il livello di guardia era dato dal ponte che porta in contrada Cambuca, adesso l’acqua si è ritirata per più di un chilometro dal ponte e, in prospettiva, si va avanti a un ulteriore pericolosissimo prosciugamento di quel poco d’acqua che resta. Valutando la capienza dell’invaso in 70 milioni di mq. siamo a meno della metà, poiché lo scorso anno eravamo già scesi a 57,2 milioni di m. cubi, ma quest’anno la capacità si è ulteriormente ridotta al 30,5.
Questa volta non si tratta del solito “piove, governo ladro, non piove governo ladro”, ma di un allarme diffuso in tutta Italia che ha indotto la Coldiretti a denunciare il rischio siccità e a proporre, per quel che resta, l’anticipo della stagione irrigua negli agrumeti. L’ondata di caldo, con temperature sui 30 gradi continua ormai da un mese e si va ai 40 gradi per le prossime settimane, causa l’anticiclone africano che continua a stazionare sul Mediterraneo con il suo seguito di caldo afoso e con un persistente scirocco che porta al rialzo delle temperature. A questo anticiclone è stato dato il nome di “Caronte”, ovvero del nocchiero che traghetta le anime verso gli inferi e il nome sembra appropriato, perché siamo proprio davanti all’anticamera dell’inferno, cioè davanti a intere zone devastate oltre che dalla siccità, dagli incendi, per non parlare delle campagne abbandonate e ormai desertificate perché nessuno vuole più andarci a lavorare a causa dello scarso rendimento dei prodotti locali che non riescono a sostenere la concorrenza dei prodotti provenienti dall’esterno.
L’allarme, di cui oggi parlano giornali e telegiornali, è stato lanciato con molto ritardo: il ministro delle politiche agricole Martina, di questi tempi sembra più preoccupato a fare il portavoce di Renzi che ad occuparsi delle emergenze segnalate al suo ministero. È stata dichiarata la situazione d’emergenza nelle zone di Parma e Piacenza, dove la siccità danneggia anche gli allevamenti, ma il problema è nazionale. Con l’occasione si scopre una cosa che già sapevamo tutti da tempo, ovvero che le condutture sono vecchie e obsolete e che le perdite si aggirano sul 40%. Secondo l’agenzia Utilitalia, che raggruppa i gestori idrici, la spesa per la manutenzione della rete è di 32/34 euro per abitante, mentre il fabbisogno è di 80 euro. Le proposte sono semplici, ma forse perché troppo semplici sono state messe nel cassetto e dimenticate, fino a quando l’emergenza non provocherà i soliti interventi tampone, rimandando il tutto a tempi migliori. Che ci vuole? Interventi più frequenti di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con la realizzazione di invasi per la raccolta delle acque piovane, cioè opere infrastrutturali, utilizzando gli spazi atti a contenere le acque, tipo cave dismesse e riciclando in agricoltura le acque dei depuratori. E naturalmente predisporre un piano con relativi investimenti per nuove reti di distribuzione senza perdite.
Difficile pensare che, malgrado le buone intenzioni anche di certi assessori regionali, si possano predisporre tali piani e realizzarli. Al momento, per quanto ne sappiamo, in Sicilia non è stato neanche predisposto un piano per la razionalizzazione della distribuzione delle acque, sia di quelle ad uso irriguo che di quelle potabilizzate. Dietro questa sorta di siciliana immobilità si nasconde l’attesa di chi si limita a guardare il cielo e a dire: “Tanto prima o poi pioverà” o di chi spera che, magari con qualche processione il santo, la madonna o il buon dio si commuovano e mandino un po’ di pioggia. “E aspetta che chiove…”