Si arrivò al 2012, quando la Corte d’appello, presieduta da Rocco Camerata Scavazzo, accogliendo il ricorso della Bertolino, sospese il risarcimento rinviando il processo di quattro anni, al febbraio 2016. È allucinante che un processo che, per di più vede coinvolto un ente pubblico come parte lesa, possa essere rinviato di quattro anni. Da non crederci. I giudici hanno in mano un potere fuori da ogni limite e sono, come dice De Andrè in una canzone, “arbitri in terra del bene e del male”. I più maligni potrebbero vedere dietro questa sentenza l’ombra del Procuratore Agueci, presunto cugino della Bertolino e uno dei magistrati più influenti della Procura di Palermo. Se non è così preferiremmo non essere denunciati, ma smentiti. Il lunghissimo rinvio ha congelato di fatto il procedimento, rendendo più difficile per il comune di Partinico la possibilità di ottenere l’indennizzo per i danni ambientali che l’attività della distilleria avrebbe prodotto negli anni, dall’aria alle falde acquifere, fino al mare. Ma tra un secolo e l’altro siamo arrivati al febbraio 2016. Che è successo? C’è stata l’udienza? Il Comune di Partinico si è presentato col suo legale o se n’è scordato? Nessuno su questa domanda vuole rispondere, né il rappresentante legale del Comune, il dott. Barranca, né gli assessori, che sembrano cadere dalle nuvole. L’impressione, che ha buone possibilità di essere la realtà è che il Comune, per complicità, per dimenticanza o per scelta deliberata, non si sia presentato e che il giudice l’abbia data vinta alla Bertolino, ricorrendo a qualcuno di quei sotterfugi in cui la giurisprudenza è maestra.
E quindi addio a quei due milioni di euro che avrebbero potuto servire a ristorare le casse esauste del Comune. Se così è chiediamo la convocazione di una conferenza stampa nella quale il Sindaco dia una risposta chiara sulle sue eventuali responsabilità o su quelle dei funzionari che avrebbero dovuto occuparsene e non l’hanno fatto. E se questa responsabilità emergesse, che vada a casa, perché non si può fare realizzare la delocalizzazione di un’azienda che non dovrebbe stare lì, con i soldi dei cittadini che sono stati vittime di decenni di mala gestione di una fabbrica e, anziché pagare dovrebbero essere risarciti, com’era stato sentenziato.
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