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L’Italia della Terra dei Fuochi, un sistema pluridecennale a cui è tutto tranne che immune anche l’Abruzzo

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Pino Ciocola, uno dei migliori giornalisti italiani su ecomafie, terre dei fuochi e tanto altro, lo scorso 22 febbraio su Facebook ha riportato un breve stralcio della relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite connesse della legislatura 1996-2011. È uno stralcio che ha ormai 21 anni ma, oggi come allora e ancora in futuro, dovrebbe essere fonte di discussione, dibattito, indignazione, denuncia, rabbia.

“Sono ben tredici le regioni dove sono state avviate inchieste per traffici e smaltimento illegale di rifiuti: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Non è infondato ipotizzare che i trafficanti di rifiuti tossici possano ringraziare una sorta di diffusa tolleranza determinata anche da una fitta rete di collusioni, soprattutto in sede amministrativa”.

Rileggendolo il primo pensiero è andato alla redazione di Fanpage.it e a quanto accaduto dopo la pubblicazione delle prime puntate dell’inchiesta Bloody Money. Dopo la prima pubblicazione ci sono da registrare due incendi “sospetti” contro familiari dei giornalisti, una gravissima minaccia da parte di un altissimo esponente istituzionale, due giornalisti aggrediti, il segretario di un partito che in questi anni non si è mai capito se ha animato più la cronaca giudiziaria o quella politica affermare incredibilmente “con voi non parlo perché siete indagati”. E in tutto questo, la quasi totalità dell’attenzione mediatica ha messo sotto processo la stessa Fanpage. Tante sicuramente, e in varie sedi, saranno le riflessioni, analisi, discussioni, ecc. ma un dato, per quel che mi riguarda, deve sovrastare su tutto. E o si parte da lì o tutto il resto è inaccettabile fumo negli occhi. C’è un ramificato e consolidato sistema nel quale s’intrecciano – 21 anni fa come adesso – pezzi delle istituzioni, imprenditori, camorra e tanto altro. E che avvelenano e devastano terre e persone. Davanti agli occhi di tanti, troppi, complici o indifferenti.

I processi si celebrano in tribunale e per tutti, fino a sentenza definitiva, vale il principio della “presunzione d’innocenza”. Ma questo non deve farci tacere e minimizzare il mondo che ci circonda. Che, in questi anni, finora ben pochi hanno avuto il coraggio con costanza, determinazione, puntigliosità di denunciare e documentare. Potremmo persino citarli tutti. Tra questi sicuramente la redazione di Fanpage.it. Lo scrivo con partigianeria, si lo confesso. Quando ho cominciato ad interessarmi e documentarmi, e a scriverne su vari siti, di ecocamorre e affini una delle prime bussole è stata Fanpage. Come molti potranno confermare sono anni che li porto ad esempio di giornalismo esemplare, con la schiena dritta, coraggioso. E quando, negli anni scorsi, per la prima volta ho cominciato a riflettere sul se e come trasformare quella che è da tanti anni un impegno puramente volontario e da mediattivista, lo confesso, apparve come un sogno poter lavorare per una realtà straordinaria come la loro. In un attimo di follia ebbi persino l’ardire di inviare il mio curriculum (forse anche più di una volta non ricordo…). Ma questi sono puri annedoti  biografici che non contano nulla. Per quanto può valere lascio tutto il resto ad altri e mi sento di esprimere la mia stima, solidarietà e sostegno al direttore Piccinini, a Sacha Biazzo, a Gaia Bozza, ad Antonio Musella, ad Alessio Viscardi e a tutta la redazione di Fanpage.it

L’inchiesta Bloody Money ha focalizzato l’attenzione sulla Campania, sulla Regione della “Terra dei Fuochi” più conosciuta (anche se mi sembra di aver intravisto un commento face di Antonio che fa intendere che non si son fermati lì…). Ma, come lo stralcio riportato da Cociola documenta, la “Terra dei Fuochi” non è confinata solo alla Campania. Anzi, investe e coinvolge quasi tutta la Penisola. Antonio Musella anni fa descrisse in un libro d’inchiesta, scritto a quattro mani con Andreina Baccaro, “Il Paese dei veleni”. Era il 10 febbraio 2014 quando Presa Diretta portò in prima serata tv l’Italia dei Fuochi. Con il rapporto dell’11 Gennaio 2016 dell’Istituto Superiore di Sanità, in aggiornamento dello studio Sentieri, Sandro Ruotolo denunciò l’emersione del “più grande atto di accusa contro lo Stato, lo si aspettava da 20 anni, ora è arrivato: l’Italia è una terra dei fuochi”. Il coraggiosissimo Nello Trocchia, una delle più grandi tastiere dell’Italia attuale con le sue inchieste puntuali e documentate, ha scritto già sei anni fa un libro (insieme a Manuele Bonaccorsi e Ylenia Sina) quel che accadeva nella Capitale. Così come diverse sue inchieste per Nemo e Tiscali Notizie si sono concentrate su luoghi lontani da Napoli e la Campania. Negli ultimi tempi varie volte ha acceso i riflettori sui tanti incendi che hanno colpito stabilimenti che gestiscono rifiuti. Una catena di avvenimenti che deve far riflettere e tenere le antenne belle dritte … proprio dopo uno di questi ho scritto quest’articolo sulla Lombardia. Nei mesi del clamore per i risvolti calcistici di “Alto Piemonte” mi misi a cercare un po’ di notizie anche sul Piemonte. E anche lì di inchieste ne sono passate diverse, alcune anche molto datate negli anni…

La Direzione Investigativa Antimafia l’anno scorso ha fatto esplicito riferimento ad una vocazione imprenditoriale delle cosche, a “deviazioni dal solco della legalità per puro e vile scopo utilitaristico”. Una storia – come ha scritto Nello Trocchia su Tiscali Notizie – che “iniziò con le dazioni di denaro a politici e funzionari compiacenti, corrotti”. Non è più solo una questione di “infiltrazioni” ma di veri e propri “delitti d’impresa”. Un’impresa che coinvolge ad altissimi livelli politici, altri settori delle istituzioni, camorristi, imprenditori. Che manovrano nei settori più disparati, egemonizzando e dominando.

Lo stralcio citato da Ciocola cita anche l’Abruzzo. La nostra Regione, così come la vicina Molise (e in questo rimando al documentatissimo e puntuale libro di Paolo De Chiara Il veleno del Molise, non è assolutamente estranea al “modello di sviluppo criminale” della “Terra dei Fuochi”. Quel rapporto dedica ben 12 pagine all’Abruzzo e questo è già un dato che dovrebbe far riflettere. Negli anni, tantissime volte, per questo l’ho citato e riportato ampiamente. Anche perché le “bombe ecologiche” frutto avvelenato di quelle attività criminali in larga parte sono ancora lì. O in alcuni casi, potrebbero, addirittura attendere ancora di essere scoperte. Perché, confesso, dopo aver letto alcune di quelle pagine non ne ho trovato riscontro nella cronaca. E l’attivismo ambientalista non è più proprio da novizio … Nell’ottobre 2014, insieme a Silvia Ferrante di Zona22 e ad Augusto De Sanctis, ne parlammo in un’intervista che ci fece proprio Antonio Musella per Fanpage.it. Ma quel “modello di sviluppo criminale” può essere alimentato in tante maniere. Dalla politica, dalla stampa e anche dai cittadini. Come tante volte mi son permesso di scrivere in questi ultimi anni chi gira la testa dall’altra parte, chi minimizza, chi si amalgama e adatta, è sempre complice*. Il traffico di droga, la tratta della prostituzione, il caporalato non possono agire se non sono indisturbati, se non c’è chi parla. E chi lo alimenta. Fermandosi alla cronaca delle ultime settimane, ma veramente veramente c’è chi pensa di aver fatto un servizio a questo territorio e pensa sia credibile la storiella dell’incontro galante finito male di qualche settimana fa? Si possono usare tutte le perifrasi di questo, tutti i più o meno sinonimi, locuzioni, accidenti della lingua. Tutti i veli e controveli di terra, luna e marte. Ma la realtà quella è. Ed è sotto gli occhi di tutti, anche di chi non vuol vedere. Al confine tra Abruzzo e Molise, così come a pochi passi dal centro della più grande città abruzzese (che è poi la stessa balzata negli anni scorsi ai vertici della classifica nazionale sulle estorsioni e con consolidate presenze attive nel traffico degli stupefacenti con forti collegamenti con uno dei più importanti clan della Capitale, prospera uno dei più grandi cancri della società moderna: lo sfruttamento della prostituzione. Quello è il suo nome, quella è la realtà. Senza se e senza ma. Ed è solo uno dei cancri criminali che avvelenano questo territorio. Anche per questo sconcerta, indigna, fa incazzare che un politico di lungo corso, per tanti anni sullo scranno più alto dell’assemblea rappresentativa del maggior comune del territorio in cui vivo e oggi assessore, ironizzi (o faccia ironizzare, visto che l’articolo sul blog di cui è direttore non mi sembra sia firmato) per puri motivi sulla presenza della camorra in città. Facendo una sottile opera di negazionismo, lasciando nel lettore l’idea che sia tutto un “divertimento” di esponenti dell’opposizione. Peccato che i due sequestri di immobili datati negli anni, il maxi sequestro di qualche tempo fa a “soggetti imparentati con un clan di Roma”, le varie inchieste antimafia che hanno portato a sgominare cosche di camorra e ‘ndrangheta, le tantissime inchieste sul traffico di droga, le varie sulla speculazione edilizia fanno giungere a conclusioni diametralmente opposte…

Ma se la politica non è direttamente connivente e pupara, come già mi trovai a scrivere per esempio nel 2011 e 2012, basta e avanza che molto semplicemente sia incapace di buona gestione, che annaspi la gestione pubblica e lasci ampie praterie a privati, lobby e – appunto – imprese in odor di camorra o similia. Angelo Venti storie più o meno simili le denuncia e documenta da anni. Basta scorrere l’archivio dell’ottimo Site.it per trovare un immenso elenco di vicende che, in alcuni casi, appare persino difficile da credere possibili. Fatti e atti che potrebbero essere persino comici. Se non fossero reali. Ma siamo pur sempre nella Regione che, dopo 11 anni, praticamente ancora riesce a definire i contorni e i dettagli della maxi discarica di Bussi (e su questo rimando ai documentati comunicati di Stazione Ornitologica e Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica) e dove, nel quasi totale silenzio, solo nell’ultimo anno due maxi appalti sono finiti a imprese che sono state al centro di inchieste pesanti.

Alessio Di Florio

* https://www.peacelink.it/abruzzo/a/44667.html https://www.peacelink.it/abruzzo/a/44560.html https://www.peacelink.it/editoriale/a/44145.html https://www.peacelink.it/abruzzo/a/43997.html https://www.peacelink.it/abruzzo/a/43599.html https://www.peacelink.it/abruzzo/a/42406.html

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Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, collaboratore di Wordnews.it e referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora con Pressenza, Giustizia.info, QcodeMagazine, Comune-Info e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e "rotta adriatica" del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di "marcare" la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.

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