L’inverno ad Agosto

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Al tornare delle prime piogge, solitamente nella seconda metà d’agosto, i vecchi ripetevano: “Austu e riustu è capu d’invernu”. Per indicare che la bella stagione finiva ad agosto e che da quel mese iniziava l’inverno. E mia madre aggiungeva: “Sittemmiru, chiamalu ca veni, ottobbiru cu a scuola e l’ogghiu novu, nuvemmiru na vulata, dicemmiru ed è già Natale”.

L’odore forte e acre della terra bagnata, il respiro musicale e dolcemente silenzioso delle piante gocciolanti, che ricominciavano a dissetarsi avidamente,  il repentino abbassarsi, per qualche giorno, della temperatura, i venti che ululavano tra gli alberi, i lampi, le saette e i tuoni che squarciavano il cielo, il muggito del mare sulle rocce e sulle spiagge, l’odore di ozono, le “vaghe stelle dell’Orsa” che ricomparivano lucide dopo la pioggia con le lucciole su un prato notturno, e il canto dei grilli erano i segnali che il ciclo della vita continuava. Ed è ancora così, ma alcune cose sono cambiate.

Quest’anno è stato terribile. Ha smesso di piovere a maggio e, ove si eccettua un breve acquazzone di pochi minuti a metà luglio, ancora si aspetta la sospirata pioggia che non arriva. Arrivano invece dall’Africa, a ripetizione, ondate di caldo con nomi terribili, Nerone, Caligola, Lucifero: questa dei nomi, come si fa per i cicloni, è una trovata per dare una “fisionomia” anche agli anticicloni che, di solito, sono stati espressione del cosiddetto “bel tempo”. Le previsioni ci dicono che è in arrivo un attimo di respiro e di refrigerio e poi si ricomincia con il caldo, forse un nuovo anticiclone da chiamare Satana. E l’idea dell’inferno non è molto lontana da questo sole che piove, senza scampo, sulle nostre teste, da quest’aria torrida che ci entra nei polmoni con la sua polvere africana, dal fumo intossicante degli incendi che hanno devastato il poco verde che ancora resisteva. Anche qua, per non volere accettare l’idea che le cause vanno ricercate nella cattiva gestione delle situazioni che provocano il fuoco, sono stati immaginati cattivi piromani che vanno in giro a bruciar tutto, magari pagati da mafiosi, camorristi, costruttori speculatori e, perché no, forestali che darebbero fuoco perché, bruciando i boschi, potrebbero continuare a lavorare per il prossimo anno con i rimboschimenti. È possibile che, in tutto questo, ci sia un briciolo di vero, ma solo un briciolo.

Così agosto non è più “capo d’inverno”: è ormai accertato che la temperatura del pianeta è aumentata di due gradi e che tende ad aumentare: tutto ciò provoca conseguenze terribili: i ghiacciai si sciolgono, il fronte del caldo tropicale si sposta, l’acqua diventa un bene sempre più prezioso, la desertificazione si estende, le culture agricole cambiano e molte di esse spariscono. Se i nostri padri sono stati accorti nel costruire invasi artificiali, come quello dello Jato, per conservare l’acqua quando scarseggia, noi siamo stati altrettanto bravi nel disperdere queste risorse, senza pensare come proteggerle e a costruirne altre.

Mentre ancora boccheggiamo tra i 30 e i 40 gradi, cercando refrigerio nell’aria condizionata, quella della macchina o del centro commerciale, a mare o in piscina, mentre gustiamo qualche gelato, mentre ancora siamo distratti o in ferie, i padroni del vapore, quelli che mai non dormono, continuano a lavorare per studiare il modo di fregarci ancora: ormai è chiaro, i ricchi non vogliono perdere un centesimo delle loro ricchezze e vogliono continuare a scialare sulla nostra pelle: e così viene fuori lo spread, il debito pubblico, l’euro, il decreto contro gli sprechi, il decreto per lo sviluppo, la luce in fondo al tunnel, che solo Renzi vede, oppure lo specchietto per le allodole della nomina in ruolo in qualche lontano paese. Gli alberghi a cinque stelle, i negozi di lusso, la vendita di beni di consumo griffati non conoscono crisi. E intanto l’Ilva di Taranto è appesa a un filo, tempi duri per il Petrolchimico di Gela, Marchionne ha trasferito tutto in America, la Gesip di Palermo è sull’orlo del fallimento, le imprese emiliane non trovano aiuti per riprendersi dopo la batosta del terremoto e dopo la siccità di quest’anno. Intere generazioni sono state condannate al precariato, senza nessuna possibilità di costruire il futuro, altre che avevano cominciato a farlo stanno perdendo tutto; per altri giovani, laureati e no, la disoccupazione si estende, e non perché non ci sono posti di lavoro, ma perché non c’è gente che sappia governare distribuendo “equamente” le ricchezze di cui disponiamo. È il fragile capitalismo italiano che si sgretola, perché trova più redditizio comprare prodotti e forza lavoro all’estero, anziché produrre in Italia e proteggere i propri prodotti.

I partiti intanto studiano come sopravvivere e dare l’ennesima fregatura agli italiani: quasi tutti d’accordo sul premio di maggioranza al partito con più voti, il che è come truccare le cifre e consentire, com’è già successo, di governare in nome di tutti gli italiani, anche con il 25%, con la nomina di parlamentari a liste bloccate, oltre una percentuale minima eletta con le preferenze, tanto per dare un contentino. Sempre alla faccia della democrazia, mentre Grillo continua a salire nei sondaggi e a sinistra si litiga tra il candidato di Orlando e del PD, coni l’ultima spiaggia dipinta di rosso, quella di Ottavio Navarra, che sta provando a ricucire i vari frammenti della sinistra per proporre un’ipotesi davvero alternativa. Berlusconi sempre più ridotto a uno zombie, a un morto che cammina, ha deciso di tornare alla riscossa, tra le urla di giubilo delle sue puttane, ma il suo candidato, proposto da Miccichè cioè Armao non piace a Salvini e Meloni, i quali hanno già il solito perdente Musumeci. Che altro? L’arrivo di migranti ormai incontenibile, il razzismo sommerso che sta venendo fuori da ogni parte, le uova avvelenate dal nulla, il fetore delle montagne di rifiuti chiusi nei sacchetti di plastica, che marciscono sulle strade. In attesa che piova e che la pioggia porti tutto via.

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