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Discarica di Bussi, assolti tutti. Ambientalisti: continueremo a lottare

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Assolti tutti gli imputati al processo per la maxi discarica in Val Pescara dall’accusa di avvelenamento delle acque mentre per il reato di disastro doloso, derubricato in colposo, è intervenuta la prescrizione

Si è concluso oggi pomeriggio alle 17 il primo capitolo giudiziario di una delle vicende più importanti della cronaca abruzzese degli ultimi anni, quella relativa alla maxi discarica in Val Pescara e all’inquinamento del fiume Pescara: i pubblici ministeri avevano chiesto per i 19 imputati pene dai 4 agli oltre 12 anni, la conclusione oggi pomeriggio è stata invece diametralmente opposta con l’assoluzione per tutti dall’accusa di avvelenamento delle acque e prescrizione intervenuta per l’accusa di disastro colposo, a cui è stata derubricata quella di disastro doloso. Sono passati 7 anni dalla scoperta della discarica da parte del Corpo Forestale dello Stato e dalla chiusura di alcuni pozzi che rifornivano di acqua centinaia di migliaia di persone in tutta la Val Pescara, compresi due dei quattro capoluoghi di provincia della Regione (Chieti e, appunto, Pescara). La relazione dell’Istituto Superiore di Sanità del marzo scorso descrive uno scenario a dir poco gravissimo: a Bussi in circa 25 ettari sono stati interrati 250mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali dell’ex polo chimico; almeno 700.000 persone potrebbero aver bevuto acqua proveniente da falde permeate da queste tonnellate. Nell’acqua di falda sotto la zona industriale, denunciò il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, questa la situazione: Tetracloruro di Carbonio 666.667 volte i limiti di legge, Diclorometano 1.073.333 volte i limiti di legge, Esacloroetano: 62.000 vole i limiti di legge, Cloroformio: 453.333 volte i limiti di legge. In una lettera resa nota nel gennaio 2008 lo stesso Istituto Superiore di Sanità affermò che l’acqua dei pozzi era “non idonea per il consumo umano”. Il WWF Abruzzo nel settembre dell’anno precedente aveva reso noto una relazione dell’ARTA e della Regione Abruzzo del 28/12/2004 sulla situazione del fiume Tirino. Il comunicato dell’associazione così riporta la situazione:

La relazione, che riporta sia dati precedenti al 2004 già in possesso delle amministrazioni pubbliche alla data della redazione della relazione sia dati raccolti nel corso del 2004 e in due giorni di campionamenti nel novembre 2004, analizza la situazione delle varie aree poste a monte dei Pozzi S. Angelo e dei pozzi stessi. Ebbene da questi dati emergono i seguenti fatti:
-Falda Sito industriale (area Solvay, subalveo del Tirino): già nel 2001 la falda al di sotto del sito industriale presenta valori oltre i limiti di legge per mercurio, diclorometano, triclorometano, dicloroetilene e tetracloroetilene. Inoltre nei campionamenti del novembre 2004 la falda presenta livelli elevatissimi di nitriti.
-Falda di sub-alveo del Tirino: i dati sono letteralmente drammatici, visto che ben 19 sostanze sono oltre la soglia indicata dalla legge per identificare un sito inquinato da bonificare. Tra queste compaiono metalli (mercurio, piombo), cromo esavalente (quello di Erin Broskovich), solventi. Le concentrazioni raggiungono livelli incredibili in alcuni punti di campionamento posti appena a monte del sito industriale. Il tetracloroetilene, un probabile cancerogeno, ha un picco di 4790 microgrammi/litro, 4000 volte superiore al limite per i siti inquinati. La trielina è 80 volte superiore al limite.
-Acque superficiali – Scarico Collettore 10 della Solvay: la relazione segnala il superamento dei limiti di legge per quanto riguarda le emissioni di Mercurio in data 27/09/2004. Inoltre, nei due campionamenti di Novembre compare l’ormai famigerato Tetracloruro di Carbonio, la sostanza presente anche nei pozzi S. Angelo, con concentrazioni di 21,3 microgrammi/litro e 20,1 microgrammi/litro. Molte altre sostanze vengono individuate qualitativamente nello scarico.
-Acque superficiali del Fiume Pescara: nell’acqua del Pescara risultano presenti numerose sostanze contaminanti, tra i quali il Tetracloruro di Carbonio, l’esacloroetano e l’1,2,3 – tricloropropano.
-Pozzi S. Angelo: dalle analisi disponibili nel 2004 emerge il superamento costante dei limiti per diverse sostanze (tetracloroetilene, tetracloruro di carbonio) per quanto riguarda l’identificazione delle falde inquinate (Decreto 471/99) e di sette volte dei limiti del Decreto 31/2001 per le acque destinate al consumo umano per quanto riguarda il tetracloroetilene e il tricloroetilene (sia come loro sommatoria e/o come presenza del solo tetracloroetilene). Inoltre si riscontra, qualitativamente, la presenza di numerose altre sostanze contaminanti, tra cui il pentaclorobenzene, (che saranno ritrovate anche in un campionamento del gennaio 2005 e che poi non saranno più comparse nell’elenco delle sostanze cercate nelle analisi, ndr).

Nel corso del processo l’Avvocatura dello Stato aveva chiesto 1 miliardo e 880 milioni di euro di risarcimento. Poche ore prima della sentenza ha dichiarato Augusto De Sanctis, attivista del Forum dei Movimenti per l’Acqua Pubblica e in prima linea nel denunciare e seguire tutte le fasi della vicenda sin dal 2007: “Sinceramente non riesco a pensare alla sentenza. A me basta aver conosciuto l’orrore, di sapere che nel 1992 un rapporto interno della Montedison, mai divulgato alla popolazione, metteva NERO SU BIANCO che c’erano pozzi inquinati da sostanze pericolose come la trielina, acqua che veniva distribuita a 500.000 persone ignare, tra cui neonati e malati, della valpescara, Chieti e Pescara compresi. In questi anni mi sono sempre chiesto come hanno potuto tacere i tanti che sapevano. A non mandare una lettera, anche anonima. Come hanno vissuto per i lunghi 15 anni con questo segreto. Non so se è un reato secondo il nostro ordinamento. Non so se si può essere condannati o meno per questo. Ma so, purtroppo, ciò che è stato. Comunque vada, continueremo a lottare ogni giorno, semplicemente perché, al contrario di chi non denunciò restando in silenzio davanti alle persone inermi, sentiamo in noi l’insopprimibile volontà di vivere un’esistenza degna di essere vissuta”. Parole che riassumono 7 anni di questa vicenda e le attese sul processo per uno dei più grandi disastri ambientali della storia italiana. Chiusasi alle 17 con assoluzioni e prescrizioni per tutti i 19 imputati. “Una vera vergogna” l’ha definita Legambiente sottolineando che “la prescrizione scatta come una mannaia, come se gli effetti nefasti dei reati ambientali potessero essere calcolati solo nel momento in cui l’atto illegale è stato compiuto e non in base agli effetti che continuano a provocare nel tempo sulla salute e sull’ambiente”. “Uno schiaffo agli abruzzesi” l’ha definita invece il WWF Abruzzo. “Quei territori sono stati pesantemente inquinati ed è stata messa in pericolo la salute delle popolazioni. L’inquinamento è stato accertato, a prescindere da qualsiasi condanna da parte dei giudici, e chi lo ha provocato deve essere costretto a bonificare quei territori” attacca l’associazione. Durissimo anche l’ex deputato ed ex consigliere regionale in Abruzzo del Prc (ed oggi esponente della segreteria nazionale) Maurizio Acerbo, che nel 2007 portò la vicenda anche in Parlamento, che afferma “ingiustizia è fatta” e, facendo riferimento alle prescrizioni, “i tumori non si prescrivono”, la sentenza “grida vendetta” leggiamo nel comunicato. “Siamo stati avvelenati per anni ma a pagarne le conseguenze sono solo i cittadini e la loro salute” l’accusa dell’ex parlamentare per cui “è probabile che si debba intraprendere una lunga azione risarcitoria” davanti la “giustizia civile mentre la popolazione continuerà a subire le conseguenze del disastro ambientale”. “In Abruzzo l’avvelenamento non sussiste come la corruzione. Quando non si può negare che il disastro sussiste si trasforma in colposo e scatta la prescrizione. Non si riesce a capire come possa giustificarsi una cosa del genere a fronte del gigantesco lavoro di ricostruzione di fatti e documenti da parte dei PM Mantini e Bellelli a cui deve andare la riconoscenza di tutto il popolo inquinato e dei cittadini onesti. In Italia vige un quadro normativo che fa comodo all’intera classe dirigente delle larghe intese che consente agli inquinatori come ai corrotti di farla sempre franca. I partiti di governo che hanno creato questa situazione di impunità generalizzata sono i principali responsabili del ripetersi di sentenze di questo genere” conclude Maurizio Acerbo. “BUSSI, IN ITALIA DISASTRI AMBIENTALI IMPUNITI Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato. In Valpescara c’è un disastro ambientale ma vi è impunità. Ormai è un paese dove la giustizia in materia ambientale non può arrivare” sintetizza amaramente per il Forum dei Movimenti per l’Acqua Pubblica Augusto De Sanctis.

Sui social network corre in queste ore l’indignazione e lo stupore mentre le associazioni, i comitati e i movimenti ambientalisti – oltre ad esprimere la propria indignazione – aggiungono che non si arrenderanno e andranno avanti. Analogo pensiero è stato espresso su twitter dal Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti che ha scritto “Su discarica Bussi ricorriamo in appello. Chiediamo condanna responsabili e risarcimento per danni ambientali”.

Tratto da Popoff

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Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, collaboratore di Wordnews.it e referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora con Pressenza, Giustizia.info, QcodeMagazine, Comune-Info e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e "rotta adriatica" del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di "marcare" la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.

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