Vent’anni, 145 chilometri quadrati, 8 pozzi, una piattaforma petrolifera e diversi gasdotti, questi i numeri impietosi della prima concessione per la “coltivazione di idrocarburi che avrà luogo nel canale di Sicilia e i cui lavori avranno inizio tra un anno al massimo. Ad opporsi alla concessione con un ricorso al Tar del Lazio sono state alcune amministrazioni comunali, l’Anci Sicilia, le associazioni ambientaliste, della pesca e del turismo.
Come si evince in una nota di Greenpeace «Autorizzando questo progetto, il ministero dello sviluppo economico ha lanciato un chiaro segnale: non intende prendere in alcuna considerazione la volontà del territorio, ma favorire unicamente gli interessi delle grandi compagnie petrolifere. E tutto ciò, nonostante con il nostro ricorso al Tar abbiamo mostrato come la compatibilità ambientale a questo progetto sia stata concessa con valutazioni carenti e inaccettabili. Per questo faremo ricorso anche contro questo nuovo provvedimento. È necessario che il territorio si mobiliti, per difendere un’area come il Canale di Sicilia, che la comunità internazionale ha identificato come vulnerabile e meritevole di speciale tutela e recenti studi dell’Ispra hanno identificato come area di inestimabile biodiversità e sede di pericolosi fenomeni di vulcanesimo. Proseguire nell’iter autorizzativo è da irresponsabili. Invitiamo tutti coloro che sono interessati a fermare le trivellazioni a unirsi a noi: non fossilizziamoci!».
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