Cari lettori, volevamo fare un servizio su Renzi e Bianco a teatro, ma come vedete non ci è stato possibile. Abbiamo dovuto ripiegare sulla cronaca ufficiale de “La Sicilia della Nazione”, di cui ecco qualche stralcio.
Avanguardisti, Balilla, Piccole Italiane e Colletti Bianchi gremivano dalle prime ore del mattino Piazzale Renzi, davanti alla stazione ferroviaria, dove una folla di popolo attendeva l’arrivo del Capo del Governo e Fondatore del Partito della Nazione, in visita in questa bella terra di Sicilia. Appena il treno è entrato sbuffando nella stazione e la banda ha cominciato a suonare “Precariezza” una selva di mani si è levata nel saluto toscano mentre il Podestà Vincenzo Bianco, con la fascia littoria stretta alla vita, si preparava a dare all’illustre ospite il saluto della Catania renzista.
“Precariezza, precariezza/Primavera di bellezza…”. Appena spente le note dell’inno, nella piazza silente ha risuonato il maschio appello di un gerarca: “A chi i soldi?” e la risonante risposta della folla: “A noi!”.
Una nota cameratescamente polemica, secondo alcuni, non è mancata nel franco saluto del Podestà, il quale ha tenuto a ricordare all’illustre ospite come già in tempi non sospetti la città di Catania abbia fuso in un sol fascio le forze sane di Confindustria e Cosa Nostra, quando a Roma esse ancora non osavano mostrarsi insieme. Con un compiaciuto cenno del capo, il Capo della Nazione ha mostrato di non sgradire l’accenno: “È la Sicilia che traccia il solco – ha commentato – ma è Roma che lo difende”.
Il corteo si è poi mosso verso il centro cittadino, sfilando per via Renzi fino allo slargo davanti a Villa Renzi dove il Capo del Governo ha tenuta una breve allocuzione, a tratti interrotta dagli applausi della folla. “Oggi Tripoli – ha gridato – Domani Nizza e Savoia!”. E poi, dopo una pausa: “Popolo di Catania! Corri alle armi!”. Dalla folla in delirio s’è alzato un tonante “Vincere! e vinceremo!” mentre decine di braccia si alzavano nel saluto toscano, a pugno levato e medio teso. Un coro di bambini ha cantato l’Inno a Renzi poi, manganello alla cintola e crocifisso levato, s’è fatto avanti Padre Spampinato. “Camerati! – ha gridato – Saluto agli eroi!”. In un silenzio commosso, i nomi di Santapaola, Greco, Provenzano, Riina, sono stati scanditi, e ogni volta la folla rispondeva “Presente!”.
In serata, Il Capo e il Podestà sono stati accompagnati da una folla plaudente fino al Teatro Renzi, dedicato all’illustre autore della Norma. Qui, il Capo e Fondatore del Partito della Nazione, ha ricordato ai catanesi i prossimi obiettivi del regime: bonifica dello Ionio, dove troppe coste sono ancora prive di petrolio; equiparazione, anche ai fini pensionistici, ai Regi Carabinieri di soldati e ufficiali di Cosa Nostra; rieducazione, in appositi campi, di giudici e magistrati collusi con l’antimafia; bonus una tantum di ottanta euro a tutti i pensionati (compresi quelli senza pensione) di età superiore agli 85 anni che possano dimostrare di aver preso parte attiva alla Prima Campagna di Libia; assoluzione senza processo di tutti gli imprenditori accusati di mafia (“Eccellenza, qui lo facciamo già!” l’ha interrotto il camerata Bianco); più soldi agli imprenditori, più botte agli oppositori (e qui il Podestà ha ghignato ricordando le sue antiche imprese napoletane), lavoro, purché gratuito, ai disoccupati, fedeltà indefettibile all’Alleato germanico. “Lo volete voi?”.
Un boato “Sì! Sì!” gli ha risposto. Poi tutti in piedi hanno intonato in coro “Precariezza”, e a queste note virili la serata si è conclusa, in questa bella città di Catania, in questa nobile terra di Sicilia, in questa Italia renzista e rinnovata dall’opera infaticabile di Colui che la Provvidenza ha donato a un popolo troppo spesso traviato dalle tentazioni della “solidarietà” e della”giustizia”.
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