Le parole e i fatti. L’antimafia a Catania
Dietro il primo striscione c’erano i liceali dello Spedalieri. Io non ne conosco nessuno ma in realtà rivedevo Gianfranco, Antonella, Massimo, Francesco, Sabina – i nostri ragazzi di tanti anni fa, quando lo Spedalieri era una roccaforte dei Siciliani giovani.
Chi è diventato ingegnere, chi dottoressa, chi professore, chi giornalista: a Roma, a Milano, a Torino, una persino a Città del Messico – ma nessuno a Catania. A Catania: “Hai imparato abbastanza? Sei un buon professionista? Eccoti un bel calcio nel sedere e va’ da qualche altra parte”. E questi erano i più fortunati. Poi c’erano quelli divorati – ad Antico Corso, a San Cristoforo, a Librino, al Pigno – dai denti della città matrigna e risputati via nelle galere e gli obitori. Catania ha avuto gran politica, in tutti questi anni. Fascisti, democristiani, democristiani dissidenti, forzitalioti, cuffariani, lombardiani, lombardiani-cuffariani, centrosinistri. Gli ultimi, addirittura, si dichiaravano antimafiosi. Eppure i ragazzi continuavano, e continuano tuttora, ad essere buttati fuori o macinati.
A Bianco, come sindaco, noi non rimproveriamo molto. È vero: i business con Ciancio, all’insaputa dei cittadini e (secondo loro) dei carabinieri: ma che male c’è? Siamo in Sicilia o in Isvezia? Il consiglio comunale riempito di parenti di mafia: ma via, siamo umani, i parenti so’ pezz’e core! Purtroppo, oltre questo, Bianco ha anche mentito. Mentito quando ha dichiarato di non sapere che il tizio di cui aveva appena inaugurato la discoteca fosse inquisito. Mentito quando ha dichiarato – addirittura alla commissione antimafia del Parlamento – di non sapere che fosse inquisito il suo Ciancio. Per una sola menzogna, in America, non un semplice sindaco ma un presidente degli Stati Uniti se n’è dovuto andare. Per una menzogna in pubblico, in Inghilterra, un politico rinuncia alla carriera e non si fa mai più vedere; in Giappone magari fa harakiri – ma noi qua non pretendiamo tanto. Pretendiamo solo decenza, e magari un minimo di dignità. Invece il nostro Bianco ha mandato i suoi amici, i vari capigruppo consiliari, a proclamare che i veri mafiosi siamo noi che l’accusiamo; siccome l’antimafia di Bianco (di molte e grandi parole, ma mai dei fatti) impauriva la mafia, allora la mafia ha fatto in modo di promuovere una manifestazione contro di lui – quella di cui stiamo scrivendo. Io faccio antimafia da trentacinque anni, l’ho fatta con un Mauro Rostagno, con un Peppino Impastato, con un Titta Scidà e con un Pippo Fava. Ed ecco che un Bianco qualunque, amico di gente impresentabile, autore di molti proclami ma, quanto ad antimafia, di nessun fatto, accusa di mafia me, i “Siciliani”, i giovani che ci seguono e chiunque osi dirgli qualcosa.
Va bene. La manifestazione è stata allegra e civile, un migliaio di catanesi – uomini e donne, giovani e vecchi – ha partecipato con gran passione; c’erano – a parte noi dei Siciliani giovani – quelli di Catania bene comune, di Gammazita, della Palestra Lupo, del Gapa e di diversi altri gruppi e associazioni. Ha aderito Cittàinsieme.
Non hanno aderito Libera di Catania e Addiopizzo di Catania (forse convinti, come il sindaco, che chi lo critica è mafioso), che evidentemente non sono la parte più ardita delle rispettive organizzazioni. Chiudiamo con quei visi felici dietro quello striscione, che il vostro cronista confonde con quelli altrettanto felici di trent’anni fa. Sperando che anche questi non vengano maciullati dalla mafia cannibale e dai politici, ipocriti o no, che le tengono bordone.