Il lungometraggio del regista napoletano Gregorio Mascolo “Felicia”, dedicato a Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato, ha come sottotitolo uno slogan che è nato a Cinisi e che è poi diventato patrimonio di tutto il movimento antimafia: “La mafia uccide, il silenzio pure”.
Il film racconta la travagliata vita di Felicia, la sua adolescenza, le sue mancate nozze, le sue nozze con Luigi Impastato, e quindi lo stretto contatto con i mafiosi frequentati dal marito. Significativa la presenza di alcuni boss, come Cesare Manzella, cognato di Luigi, Tano Badalamenti, Luciano Liggio. La vicenda rappresenta, in un certo senso, la continuazione del film di Marco Tullio Giordana “I Cento passi”. E proprio a I Cento Passi si ispirano alcune scene, quasi a rimarcare il segno indelebile lasciato da quel capolavoro. Infatti il film prende l’avvio dal momento successivo all’omicidio di Peppino Impastato, quando iniziano le indagini dei carabinieri, che, in linea con le intenzioni dei mafiosi, provano, in un primo momento a giudicare il delitto come attentato terroristico e, in subordine, come suicidio; segue l’indagine alternativa fatta dai compagni di Peppino, la ricerca delle prove, la decisione della famiglia di costituirsi parte civile, le lunghe vicende processuali di apertura e chiusura delle indagini portate avanti dai giudici Signorino, Chinnici, Caponnetto, Falcone, De Francisci, Imbergamo. In mezzo, le minacce a Giovanni, fratello di Peppino, le sue vicende familiari, le paure, i momenti di gioia per i passi avanti delle indagini, le difficoltà di operare in un ambiente intriso di mafia, come Cinisi, la chiusura della radio, le manifestazioni e infine la sentenza di condanna per Gaetano Badalamenti e per il suo vice Vito Palazzolo.
Il film è stato girato in economia, con telecamere semiprofessionali e con la partecipazione di una serie di “attori” locali alla loro prima esperienza sul set: si può dire che il regista Mascolo abbia fatto miracoli, riuscendo a dar vita a un soggetto, che costituisce un esempio di “vittoria della legalità” in un microcosmo, come quello mafioso, in cui, quasi sempre, vince il malaffare, gli assassini restano impuniti e la paura chiude le bocche anche ai più coraggiosi. Mascolo, che vive a Caivano, alcuni anni fa è andato a Cinisi e si è “innamorato” della storia di Peppino, girando alcuni cortometraggi dedicati in gran parte a Felicia e ai compagni Questa volta si è cimentato con un lungometraggio e con le difficoltà relative sia al momento della produzione, ma soprattutto a quello della distribuzione, oggi in mano a ristretti circuiti nei quali è difficile penetrare, gestiti da gruppi ai quali interessa solo “far cassetta”. Il film è stato girato nell’estate del 2010 e vuole essere un contributo per tenere alta la memoria di Felicia e di Peppino Impastato e l’impegno di lotta contro la mafia. In tal senso potrebbe essere un ottimo sussidio di educazione alla legalità nelle scuole. I luoghi sono in gran parte quelli nei quali si sono realmente svolte le vicende raccontate. Le musiche sono composte ed eseguite da Antonio Mascolo, figlio di Gregorio. All’elaborazione della sceneggiatura ha lavorato, in un primo tempo, il compagno di Peppino Salvo Vitale, che ha scritto alcuni passaggi. Il film è integrato con le riprese originali della visita fatta nel 2000 dalla Commissione Antimafia a Cinisi, per rendere omaggio a Felicia e consegnarle il lavoro d’inchiesta che aveva accertato l’originario depistaggio delle indagini; si chiude con un accorato appello di Felicia alle giovani generazioni, perche trovino la voglia di lottare per una società nuova e per portare avanti le idee di Peppino, la cui presenza aleggia costantemente intorno alla sua casa.
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La mafia e una montagna di merda
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