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Itinerario calabrese di Salvo Vitale e Faro Di Maggio. In memoria di Peppino Impastato

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Pagina di diario

23 marzo 2018: Continuiamo, io e Faro il nostro giro per l’Italia per testimoniare la storia di Peppino Impastato, il nostro rapporto con lui, il nostro impegno nella lotta contro la mafia. Questa volta siamo andati a Petronà e a Cerva, due paesini calabresi della bassa Sila. Non è stato facile arrivarci. Sette ore di treno, causa ritardo, sino a Lamezia Terme e dopo, oltre un’ora di macchina sotto la pioggia e la nebbia. La serata è stata piacevolissima, davanti a una tavolata di trenta persone, tutte componenti della stessa famiglia, con alcuni amici. Questo calore familiare e la numerosa parentela che si riunisce a tavola e che mostra coesione e affetti, mi ha richiamato alla mente il libro del sociologo Banfield sul familismo amorale, pubblicato nel 1958 e in traduzione italiana nel 1976 con il titolo Le basi morali di una società arretrata nel quale si sosteneva la tesi che l’arretratezza del sud Italia, e in particolare del villaggio di Montenegro (nome immaginario di un paesino della Basilicata), dove il sociologo passò due anni di studio, sarebbe causata dal Familismo perché l’individuo perseguirebbe solo l’interesse della propria famiglia nucleare, e mai quello della comunità che richiede invece si allarga alla cooperazione tra non consanguinei. Tale familismo è amorale perché si applicano le categorie di bene e di male solo tra familiari, e non verso gli altri individui della comunità. “L’amoralità non sarebbe quindi relativa ai comportamenti interni alla famiglia, ma all’assenza di ethos comunitario, all’assenza di relazioni sociali morali tra famiglie e tra individui all’esterno della famiglia”. In questo caso mi sono invece ritrovato nella situazione opposta, ovvero quella di un familismo morale, nel senso che il punto di aggregazione della piccola comunità che ho incontrato è dato da una precisa coscienza civile di distacco, di emancipazione e di lotta nei confronti delle cosche mafiose locali. E, in realtà, il comune di Petronà, che ci ha ospitati, è stato sciolto per mafia e attualmente è amministrato da tre commissari, dopo una sanguinosa faida tra le cosche locali dei Bubbo e dei Carpino, che ha causato una ventina di morti, e dopo le ultime elezioni, che hanno portato alla guida del Comune alcuni soggetti legati alla ndrangheta locale.

A volere la nostra presenza è stato il prof. Enzo Bubbo (niente a che fare con la cosca sopra citata), del quale ricordavo, negli anni precedenti, alcuni interventi sulle pagine di diario del sito peppinoimpastato.com. L’occasione è stata quella dell’XI convegno sulla legalità, con un tema ben preciso, Altri cento passi verso una Calabria senza ‘ndrangheta e con l’intento di “creare coscienza del fenomeno mafioso e della sua pericolosità. In poche parole una pedagogia della resistenza”. L’incontro è stato patrocinato dal Comune di Cerva, in sinergia con il Comune di Petronà e il Comune di Andali. Presenti gli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado di Cerva, e Andali insieme agli allievi del liceo scientifico e dell’istituto superiore agraria di Sersale, e agli alunni dell’Istituto comprensivo Corrado Alvaro di Petronà. Hanno preso parte al convegno anche il primo cittadino di Cerva Fabrizio Rizzuti e l’omologo di Andali Piero Peta, assieme al sindaco di Sersale Salvatore Torchia e al capitano della Compagnia Carabinieri di Sellia Marina Alberico De Francesco. Presente anche un gruppo di volontari del servizio civile. In pratica hanno partecipato all’iniziativa esponenti di quattro comuni della zona.

Apertura con la musica dei Modena city Ramblers, interpretata dagli studenti del liceo scientifico di Sersale. Il prof. Enzo Bubbo, moderatore dell’incontro e referente del progetto legalità, ha asserito che “la legalità si coltiva, si costruisce, si pratica e il cambiamento non lo si deve pretendere solo dagli altri”.

La dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Corrado Alvaro Rosetta Falbo ha salutato gli intervenuti e ha tracciato la vita e l’identità di Peppino Impastato, al quale è stato dedicato il convegno, dicendo, fra l’altro: “Legalità è nella nostra scuola un elemento identitario. Si parla spesso di legalità, indicando modelli positivi. Peppino Impastato si è affrancato dal potere mafioso, lottando contro padri e padrini, l’ha fatto per la libertà, per la giustizia. Peppino incarna la ribellione, la contestazione”.

Nel mio intervento ho posto le figure di Peppino Impastato e di sua madre come esempi di un principio di legalità che, da una parte significa fiducia nella giustizia e nelle istituzioni, come testimonia la scelta di Felicia di volere “giustizia e non vendetta”, attraverso un iter processuale durato 24 anni e conclusosi con la condanna degli assassini del figlio, dall’altra non vuol dire accettazione passiva delle regole imposte dall’alto, ma capacità di elaborazione critica, di valutazione e, se si riscontra che queste regole siano sbagliate, voglia e capacità di lottare per cambiarle, come dimostrano le scelte di Peppino.

Faro, con il suo linguaggio semplice, ma efficace, ha parlato delle vicende tragiche seguite alla morte di Peppino e del lavoro dei suoi compagni per smontare il depistaggio operato dal magistrato e dalle forze dell’ordine, che voleva indicare Peppino come un terrorista morto mentre compiva un attentato. “Ai ragazzi dico studiate perché solo la cultura allontana la mafia. Non c’è nulla di scontato nella legalità: va costruita senza delegare sempre agli altri. A Cinisi è successo qualcosa di storico: cittadini si sono posti il problema della mafia. Era la prima volta che succedeva in Sicilia, in Italia”.

La scena è stata poi interamente occupata dai ragazzi che hanno presentato recite, canzoni, immagini, video, riflessioni, simulazioni di interviste, significati personalizzati di alcune parole. Tra gli ospiti il bravo cantautore di Sersale Carmine Torchia, che ha composto e cantato una canzone per Peppino, E sale quanto basta, con parole dell’attrice Annalisa Insardà.

Tutto questo a continuazione di un ciclo che ormai dura da parecchi anni e che ha visto nella scuola Corrado Alvaro di Petronà la presenza del giudice Emilio Ledonne, di Giovanni Impastato, con i ragazzi di Locri, del poliziotto Renato Cortese, di Maria Falcone, di Salvatore Borsellino, di Angela Napoli, Francesca Anastasio, Nicola Gratteri, Don Luigi Ciotti.

Conclusione del prof. Bubbo: “Qui muove la convinzione che la lotta alla criminalità non è solo un compito della Magistratura, ma deve essere condotta a partire dalle scuole, attraverso lo sviluppo sociale e civile: legalità non è solo una bella parola”.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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