Il 19 luglio è un giorno importante per la storia d’Italia, infatti ricordiamo l’uccisione del giudice Paolo Borsellino, integerrimo servitore di uno Stato spesso infedele. Ma il 19 Luglio è anche il giorno in cui, nel 1924 nasceva uno degli uomini più rappresentativi della lotta alla prepotenza mafiosa: l’imprenditore Libero Grassi.
Nato a Catania e trasferitosi a Palermo, Libero Grassi divenne il simbolo della lotta alle estorsioni: “Io non sono un pazzo: non mi piace pagare. È una rinunzia alla mia dignità di imprenditore”.
In un giorno importante come questo, le parole del coraggioso Libero risuonano forti e chiare. Parole e azioni le sue che fungono da esempio, che alimentano il coraggio e la forza di chi quella dignità non vuole più vederla calpestata e umiliata.
Il fenomeno del pizzo permette alle famiglie mafiose di stringere la morsa sul territorio in cui si insidiano, permette loro di rimpinguare le proprie casse e così portare avanti un sistema parassitario che succhia il sangue degli onesti lavorati, commerciati e imprenditori. Pagare il pizzo significa contribuire a rendere più forte quella montagna di merda che è la mafia. Pagare il pizzo significa finanziare le operazioni illecite delle sanguisuga della nostra società. Pagare il pizzo significa piegarsi e accettare delle ingiuste vessazioni, nella erronea speranza che pagando null’altro di brutta possa ancora accadere.
Sull’esempio di Libero Grassi oggi vogliamo avere un sussulto di dignità e dire a gran voce che noi la mafia e il pizzo non li vogliamo. Denunciare significa non essere più soli. Smettere di pagare vuol dire essere donne e uomini Liberi, come Grassi.
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